Il Caso Carmelo Patti
Valentina Stella Dubbio 16 aprile 2024
Tre processi subìti, tredici anni di misure di prevenzione, accuse che andavano dalla frode fiscale a quella infamante di concorso esterno in associazione mafiosa, pentiti che lo accusavano, una feroce campagna mediatica, un autentico impero finito letteralmente in fumo. Questa è la storia di Carmelo Patti: partendo da zero è riuscito a creare a partire dagli anni sessanta in poi, in pieno periodo del c.d. “miracolo italiano”, un polo industriale che pian piano è diventato il quinto gruppo mondiale in campo di cablaggio di fili per auto motive, con migliaia di dipendenti in tutto il mondo al seguito dell’indotto FIAT di cui era uno dei principali fornitori. Poi si estese nel campo del turismo, diventando il vertice del gruppo alberghiero Valtur, il quarto in Italia. Tutto iniziò a cambiare però all’inizio del 2000: nacque un’indagine della Procura di Marsala che ha segnato l’inizio delle disavventure giudiziarie del cav. Patti. Infatti, la Procura di Marsala a quel tempo aveva ipotizzato nei suoi confronti alcuni reati fiscali e societari. Nel 2004 il Tribunale di Marsala ha assolto Carmelo Patti da tutti i reati contestati con sentenza divenuta definitiva. Sempre nei primi anni 2000 hanno preso avvio altre due indagini, condotte dalla Procura di Palermo: una riguardante un presunto riciclaggio in relazione all’acquisto di un villaggio Valtur a Favignana; l’altra per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, quest’ultima basata su alcune dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Angelo Siino. Nel febbraio e nel maggio del 2001, la Procura antimafia di Palermo ha chiesto ed ottenuto l’archiviazione per infondatezza della notizia di reato. Ciò nonostante, nell’estate del 2011, il Direttore della DIA ha chiesto al Tribunale di Trapani di applicare a Carmelo Patti le misure di prevenzione personali e patrimoniali. Fu definito «uno dei procedimenti più rilevanti nella storia giudiziaria italiana». Il processo di primo grado dura ben sette anni e nel novembre 2018 il giudice dispone il sequestro e la confisca di tutti i beni appartenuti a Carmelo Patti, nel frattempo deceduto. Da quel momento il declino e il fallimento. Eppure oggi, nel 2024, la Corte di Appello di Palermo ha ribaltato questo giudizio: la Sezione misure di prevenzione ha depositato le motivazioni del provvedimento con il quale ha annullato in toto il decreto del Tribunale di Trapani che nel luglio del 2018 aveva disposto il maxi sequestro. «Il cavaliere Patti è deceduto incensurato ed è stato assolto da tutti i processi nei quali è stato chiamato a difendersi ed ha dedicato la sua vita al lavoro ed alla crescita delle sue aziende dopo essere emigrato al nord Italia all’età di 26 anni. Adesso i giudici della Corte di Appello gli hanno restituito - seppure post mortem - quella onorabilità ingiustamente macchiata nel corso dei 13 anni di processo di prevenzione» dicono i suoi avvocati Francesco Bertorotta, Roberto Tricoli, Raffaele Bonsignore, Angelo Mangione, Marco Antonio Dal Ben, Giuseppe Carteni. Carmelo Patti era dunque un imprenditore pulito. «Si potrebbe dire che “il tempo è galantuomo” – proseguono i legali in una nota stampa -; restano, però, i segni di una aggressione mediatica ingiustamente subita dal cavaliere Patti che è stato indicato al pubblico di molte trasmissioni televisive e dalla stampa nazionale come un imprenditore “vicino” al contesto mafioso di Castelvetrano. Infatti «il tema più scottante e doloroso della vicenda – dice al Dubbio l’avvocato Francesco Bertorott
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