210 giorni da innocente in carcere

 Angela Stella Il Riformista 15 settembre 2022

Da innocente è rimasto 210 giorni in carcere e 91 agli arresti domiciliari: lo Stato ora dovrà risarcire con 60 mila euro Kelly Iyekekpolor, nigeriano di 40 anni, finito in manette nel 2011 con l'accusa di avere ridotto in schiavitù una connazionale dopo averne favorito l'ingresso in Italia. La decisione è della Corte d'Appello dell'Aquila che già lo scorso ottobre aveva annullato, perché il fatto non sussiste, la condanna a 14 anni di reclusione inflitta al 40enne dal tribunale di Chieti nell'aprile del 2018. Dopo l'assoluzione il legale del nigeriano, Pasquale D'Incecco, ha presentato il ricorso di riparazione per ingiusta detenzione con la richiesta di un indennizzo, accordato dalla stessa Corte d'Appello. «Emerge la palese frammentarietà dell'accusa - si legge sul provvedimento della Corte - fondata in sostanza su dichiarazioni non adeguatamente verificate e riscontrate». Abbiamo contattato il legale del giovane, l’avvocato Pasquale D’Incecco: «tutta nasce da una operazione del 2011 condotta dalla Questura di Pescara. Ci furono diversi arresti nella comunità nigeriana per induzione in schiavitù e favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Io avevo diversi assistiti tra cui Kelly Iyekekpolor, accusato, insieme ad un altro, di tenere segregata una ragazza in un appartamento di Montesilvano e farla uscire solo per prostituirsi. Tutto si basava sulla testimonianza di questa ragazza». L’avvocato riesce però a procurarsi un dvd di una festa «dove si vede la stessa ragazza divertirsi con i due imputati; festa organizzata in favore del fidanzato della donna da poco diventato dj». Cosa era successo? «Nel corso della festa dei nigeriani si ubriacano e si mettono a litigare. Kelly interviene per dividerli, intervengono le forze dell’ordine e viene portato in Questura, dove la ragazza dirà di essere sfruttata da lui e da un altro. Si scoprirà che aveva mentito: la legge permette di veder concesso il permesso di soggiorno se si denunciano gli autori di reato. Lo ha fatto per questo». Peccato però che questa prova non servirà a scagionare il ragazzo: «appena sono venuto in possesso del video l’ho mostrato agli inquirenti. C’è stato anche un incidente probatorio durante il quale sono emerse numerose contraddizioni della ragazza. Così è passato ai domiciliari e poi rimesso in libertà ma tutto questo non è servito a richiedere l’archiviazione. Poi in primo grado il dvd non è stato correttamente valutato e il mio assistito è stato condannato. Per fortuna la Corte di Appello ha guardato alle prove in maniera diversa, più garantista e lo ha assolto». Da qui è partita la richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione: «esatto. Peccato che l’Avvocatura generale abbia richiesto il rigetto della nostra domanda in quanto il mio assistito avrebbe indotto in errore gli inquirenti rifiutandosi di rispondere al primo interrogatorio. Per fortuna la Corte di Appello dell’Aquila mi ha dato ragione. Quando fu arrestato era a Bari, non capiva cosa stava succedendo, non parlava l’italiano, era in pratica sotto shock e per questo non ha risposto alle domande. La sua vita è stata rovinata da questa vicenda: ha perso il lavoro e anche il permesso di soggiorno che stiamo cercando di riottenere a fatica. Il risarcimento è doveroso per questo ragazzo che era completamente estraneo ai fatti ed è stato tirato in ballo a causa di una falsa testimonianza e di un clima ostile ai quei tempi. Vorrei anche ricordare che ti tutta quella operazione che coinvolse molti soggetti, solo due sono stati condannati».  Secondo gli ultimi dati della Relazione annuale sulle “Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione - 2021” presentata dal ministero della Giustizia al Parlamento sono ventiquattro milioni e mezzo gli euro che lo Stato ha pagato l’anno scorso per risarcire chi ha subito ingiustamente la carcerazione preventiva. La somma si riferisce a 565 ordinanze (750 nell’anno 2020), con un importo medio di € 43.374 per provvedimento (nel 2020 l’importo medio è stato di € 49.278). Inoltre dal 2019 al 2021 sono 50 i magistrati finiti sotto procedimento disciplinare per scarcerazioni intervenute oltre i termini di legge, tuttavia nessun procedimento si è finora concluso con una condanna.


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