25 indagati per i presunti pestaggi nel carcere di Ivrea

 Angela Stella Il Riformista 23 settembre 2022

Per i possibili pestaggi (la presunzione di innocenza vale sempre per tutti) perpetrati dalla polizia penitenziaria nei confronti dei detenuti del carcere piemontese di Ivrea e per i successivi tentativi di insabbiamento ci sono 25 indagati. Tra loro ci sono agenti di polizia penitenziaria e medici, alcuni ancora in servizio nel carcere eporediese, altri nel frattempo trasferiti. Tra gli indagati, come riferisce La Stampa, anche detenuti omertosi. I casi indagati dalla Procura si riferiscono al periodo che va dal 2015 al 2016. Le accuse per le quali procedono i magistrati sono: lesioni e falsi aggravati. Non è stato possibile procedere per il reato di tortura perché i fatti sarebbero stati commessi prima dell’entrata in vigore della norma.  «Anche se i fatti in oggetto, se confermati, si riferiscono pienamente alla fattispecie di tortura – ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - questo reato non è stato contestato poiché non ancora presente nel codice penale al momento della presentazione degli esposti e dell'apertura delle indagini. Fortunatamente oggi questo reato c'è e ci consente di perseguire pienamente chi commette questi crimini, nonostante ci sia ancora chi ritiene che sia di impedimento ai poliziotti nello svolgimento del proprio lavoro, tanto da avanzare la richiesta di abolizione o ampia modifica della fattispecie penale». Antigone – ha sottolineato l'avvocata Simona Filippi, che per l'associazione segue il contenzioso legale - «era venuta a sapere di diversi casi di presunte violenze e aveva presentato alcuni esposti alla Procura di Ivrea, territorialmente competente, anche a seguito delle denunce presentate dal Garante comunale della città piemontese. Nei mesi successivi abbiamo registrato un sostanziale immobilismo da parte della Procura eporediese che portò a ben due richieste di archiviazione a cui ci opponemmo. Proprio a seguito di quello che, a nostro rilievo, era un mancato esercizio dell'azione penale, chiedemmo l'avocazione delle indagini al Procuratore generale presso la Procura di Torino che, a due anni di distanza, avrebbe emanato questi avvisi di Garanzia». Sono infatti sette anni che si cerca di far luce su quello che accadeva nel carcere di Ivrea. «Le indagini espletate dalla Procura della Repubblica di Ivrea appaiono, sotto vari profili carenti» scrivevano, con parole dure, il procuratore generale Francesco Saluzzo e l’allora sostituto Otello Lupacchini nel 2020 dopo aver firmato i provvedimenti di avocazione delle inchieste sulle violenze per le quali il procuratore capo di Ivrea aveva chiesto l'archiviazione. Nell'atto dell'accusa - come ricorda sempre l’associazione- si legge che «Hamed, uno dei detenuti il cui caso Antigone aveva segnalato con un esposto e ora oggetto delle indagini, fu picchiato con pugni e calci da sette agenti. In due gli tenevano ferme le braccia. Gli altri menavano. E il medico di turno della casa circondariale continuava a sorseggiare il caffè delle macchinette automatiche. Non un cenno, non un intervento per fermarli. Nemmeno una comunicazione al direttore come sarebbe stato suo dovere». Anche il Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT), in un suo rapporto pubblicato a seguito di una visita svolta nell'aprile del 2016, aveva segnalato le violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Ivrea. Bruno Mellano, Garante piemontese dei diritti delle persone private della libertà personale, commenta al Riformista: «Le vicende di Ivrea sono seguite dalla rete dei Garanti in modo assiduo da diversi anni. I vari garanti cittadini che si sono susseguiti, e che mi risulta essere stati sentiti pure loro in queste settimane di indagini, hanno sempre segnalato i racconti fatti dai detenuti, lasciando sempre alla magistratura il compito della verifica.  Bene ha fatto il procuratore generale di Torino Saluzzo ad avocare a sé i fascicoli perché occorre capire cosa è veramente successo durante quelle notti nel carcere di Ivrea». Mellano ci dice che anche dopo i fatti del 2015-2016 «sono arrivati all’attenzione degli inquirenti altri esposti di detenuti che sono o sono stati in quell’istituto, quindi nulla esclude che possano aprirsi altri fascicoli di indagine. La stessa cosa è successa a Torino e a Santa Maria Capua Vetere». In ultimo il Garante Mellano ricorda: «nell’immediatezza delle notizie emerse sulle presunte violenze avevo partecipato ad una missione molto ficcante insieme ad Emilia Rossi del Collegio Nazionale del Garante nel carcere di Ivrea. Registrammo diversi elementi da chiarire, come una cella liscia e la famosa stanza denominata ‘acquario’, sala di attesa dell’infermeria. Era priva di riscaldamento, senza passaggi di circolazione dell’aria, inadatta ad ospitare persone che necessitano di assistenza sanitaria. Infine facemmo presente che nei quattro piani dell’istituto non era presente un sistema di video-sorveglianza. In questi anni siamo riusciti ad ottenere che venissero messe le telecamere almeno su due piani». 


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