Csm oggi in Senato ma l'Anm si spacca

 di Valentina Stella Il Dubbio 4 maggio 2022

 

Oggi la riforma del Csm e dell'Ordinamento giudiziario, approvata alla Camera, approderà nella Commissione giustizia del Senato. Si dovrebbe comprendere subito se i parlamentari si muoveranno o meno nella direzione auspicata dall'Anm, ossia quella di riaprire il dibattito per migliorare pro domo sua il testo, oppure lo faranno per peggiorare il testo, introducendo la responsabilità civile diretta dei magistrati e zero passaggi di funzioni. Dal punto di vista metodologico,  fare modifiche a Palazzo Madama significherà riportare il testo alla Camera, procrastinando probabilmente il voto per il nuovo Csm a luglio. A meno che il Governo, vedendo che lo scontro è alto e la strada tortuosa, potrebbe porre la questione di fiducia. Non è facile essere ottimisti perché resta vivace il confronto tra i partiti: da una parte Italia Viva che si è sfilata dalla maggioranza, astenendosi sul voto alla Camera, e dall'altra la Lega che, almeno come puro segnale di coerenza politica, sarebbe intenzionata a presentare gli emendamenti che ricalcano i cinque quesiti referendari. Su quest'ultimo punto, ieri il vice segretario di Azione Enrico Costa ha lanciato una frecciatina a Matteo Salvini: " Fateci caso. Ora che sarebbe il momento di spingere i referendum sulla giustizia, dai promotori c’è silenzio tombale. Temono di intestarsi una sconfitta per assenza di quorum? È adesso il momento di esserci. Perché le convinzioni vengono prima dei calcoli sul quorum". Questa la situazione in Parlamento, mentre divisioni riaffiorano anche all'interno dell'Anm.  Ieri il Segretario di Magistratura Democratica, Stefano Musolino, è tornato a ribadire in una nota che, seppur  "tutti consapevoli che una buona riforma è necessaria", "in ordine a questa la magistratura associata – nelle interlocuzioni precedenti al licenziamento della riforma dalla Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati – non ha avuto un approccio adeguato alle sfide che si profilavano". Per Musolino "talune aprioristiche chiusure alle necessità riformatrici (specie in tema di ampliamento delle fonti di conoscenza per la composizione del fascicolo personale, interpretate dall’interlocutore ministeriale come istinto alla conservazione dell’esistente), l’incapacità di rimeditare la questione etica (essenzialmente affidata a procedure disciplinari, definite nel silenzio camerale) e di muovere da quei fattori di crisi per promuovere riforme adeguate a evitare il ripetersi di quelle dinamiche, la sottovalutazione di quelle che sarebbero state le progressioni del dibattito politico, a fronte di un testo ministeriale che già presentava ampie criticità e che il passaggio parlamentare ha peggiorato, sono alcuni dei fattori che hanno impedito alla magistratura associata di essere interlocutrice autorevole". In questo contesto, conclude Musolino, "non si è avuto cura di evitare il progressivo isolamento della magistratura dal mondo dell’avvocatura, dell’accademia, dei sindacati del personale amministrativo; sicché ci troviamo, oggi, senza altri soggetti istituzionali disposti a contrastare, insieme a noi, una pessima riforma che non solo non migliorerà l’efficienza del servizio giustizia, ma finirà per peggiorare la qualità della giurisdizione". 

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