Cronaca dal Salone parte seconda

 Di Valentina Stella Il Dubbio 21 maggio 2022

Guerra in Ucraina, bioetica e salute della professione forense: questi gli argomenti dei nostri dibattiti ieri al Salone del Libro di Torino. Abbiamo aperto con una tavola rotonda, moderata da Gennaro Grimolizzi, dal titolo “Fuga dall’avvocatura”. Francesca Sorbi, Consigliere del Cnf e vicepresidente della Fai, ha ricordato alcuni dati del Rapporto Censis commissionato dalla Cassa Forense: “su 240 mila avvocati iscritti, oltre il 90% sono attivi, mentre gli altri sono pensionati che ancora continuano ad esercitare. In merito al rapporto tra avvocati e popolazione, se nel 1989 per ogni 1000 abitanti la percentuale di avvocati era dello 0.7%, nel 2021 è arrivata a 4,1%”. La Consigliera Cnf Daniela Giraudo si è invece concentrata sul gender gap: “abbiamo assistito ad una costante crescita del numero delle avvocate che ha raggiunto quello dei colleghi uomini. Tuttavia, ora dobbiamo registrare una difficoltà a restare nella professione. Eccessivi compiti nell’accudimento della famiglia rendono complicato dedicarsi all’esercizio forense. Alcune analisi fatte a livello europeo sul periodo covid hanno fatto emergere che la chiusura degli asili e la dad, ad esempio, hanno allontanato in generale le donne dal lavoro e di conseguenze anche dalla professione di avvocato”. Per Marco Marchioni, presidente del Coa di Verbania “il problema non è tanto il disinnamoramento dalla professione quanto il fatto che per i giovani avvocati i costi sono molto più ampi rispetto ai benefici. Nel distretto di Verbania abbiamo 320 iscritti ma i praticanti si contano sulle dita di una mano”. Paolo Berti, consigliere del Coa di Torino, ha ampliato la discussione: “la domanda di giustizia c’è in Italia ma non arriva sul tavolo degli avvocati e dei giudici. Ottenere giustizia costa troppo, occorre troppo tempo per arrivare ad una sentenza definitiva e spesso non ne vale la pena. Il problema non sono i troppi avvocati, ma intercettare la domanda di giustizia, che è diventata solo questione per ricchi”. Anche Paolo Ponzio, Presidente del Coa di Alessandria, ha riflettuto sul recente rapporto Censis, ma senza toni allarmistici. Anche nel Foro alessandrino si sono verificate alcune cancellazioni dall’albo quest’anno. Il fenomeno dell’abbandono delle toghe è generalizzato. Ma ad impensierire l’avvocato Ponzio è la condizione in cui versano le giovani toghe e le prospettive per chi intende entrare nell’avvocatura. “Occorre”, ha detto, “profondere tutti gli sforzi possibili a tutti i livelli”. Il secondo dibattito della giornata è stato un confronto, moderato da Francesca Spasiano, tra Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente Pontificia Accademia per la Vita, e la bioeticista Chiara Lalli. Al centro il tema del fine vita. Per Paglia “nel nostro Paese si dibatte poco di eutanasia, suicidio assistito e accanimento terapeutico, persino negli spazi legislativi c’è poca conoscenza della profondità del tema. Dopo la decisione della Consulta, il Parlamento ha il dovere di legiferare sulla materia. Tuttavia, sento il timore di legiferare su una materia così complessa, che contempla tante diverse situazioni”. E allora cosa fare? “Mi augurerei che intorno al malato ci fossero i familiari e gli amici, una sorta di alleanza terapeutica per decidere che scelta compiere”. Ha poi precisato: “è sacrosanto dire che il corpo è mio, ma bisogna anche tener conto che appartiene ai nostri familiari e alle persone che ci vogliono bene. Io sono sempre a favore di un Noi, perché l’Io assoluto è anaffettivo. Ricordo cosa disse Luciana Castellina: non perdonerò mai a Lucio di non aver tenuto conto della mia sofferenza”. Si riferiva al fatto che il suo compagna Magri andò in Svizzera per il suicidio assistito a causa di una forte depressione. Ha replicato Chiara Lalli ricordando la vicenda di Piergiorgio Welby: “anche sua moglie Mina disse ‘ che dolore lasciarti andare’. E’ chiaro che esiste un conflitto tra amore e dolore ma poi bisogna rispettare le scelte che una persona vuole fare sulla propria vita. Il ruolo della legge deve essere quello di ridurre gli abusi e gli errori. Io personalmente non sono a favore di singole posizioni in materia, ma sono a favore della libertà di poter aver accesso a tutte le opzioni possibili”. I nostri incontri si sono conclusi con un confronto transnazionale dal titolo “Processare Putin?”, moderato sempre da Gennaro Grimolizzi. Per Marco Pedrazzi, professore di Diritto Internazionale “è uno scenario non prospettabile quello di processare Putin, a meno che non ci sia un cambio di regime nella Federazione russa. Per processarlo all’Aja poi bisognerebbe arrestarlo. Si parla tanto di questo argomento ma nella difficile situazione in cui ci troviamo bisognerebbe essere più cauti”. Mentre l’avvocato Paolo Caroli, esperto di diritto penale internazionale, ha sottolineato:  “stiamo assistendo ad interazioni inedite. L’Eurojustice sta interagendo con uno Stato non appartenente all’Unione Europea per raccogliere prove da portare dinanzi ad un Tribunale Internazionale”.Interessante quanto ci ha partecipato Valentyn Gvozdiy, vice presidente del Bar Association ucraino: “le nostre leggi non consentono di esercitare la professione forense e contemporaneamente andare in guerra. Nonostante questo, molti avvocati si sono arruolati e il nostro Consiglio sta lavorando affinché non incorrano in sanzioni”. Inna Liniova (Ceo UBA) ha riferito che i legali ucraini stanno sensibilizzando l’opinione pubblica in merito all’uso di un app per documentare i crimini di guerra. Le prove saranno messe a disposizione dell’autorità giudiziaria. I nostri appuntamenti di oggi: “Procuratori, padroni del calcio”, una intervista a Vera Gheno, la premiazione del concorso letterario promosso dal Dubbio e la presentazione, alla presenza degli autori, dei libri sulla giustizia mediatica di Bruti Liberati e Vittorio Manes.

 

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