Bocciata in Europa la legge 40, ma il Governo italiano preannuncia ricorso Interviste a Filippo Facci e a Maria Antonietta Farina Coscioni
Il 28 agosto, all'unanimità,
i giudici della Corte di Strasburgo hanno bocciato la legge 40 del 2004 perché
impedisce ad una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica, di
accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni. La legge 40 viola,
dunque, l'articolo 8 della Carta Europea dei Diritti dell'Uomo, relativamente
al rispetto della vita familiare. L’Associazione Luca Coscioni, insieme alle
associazioni Amica Cicogna, Cerco un Bimbo, L’altra Cicogna e con la
sottoscrizione di oltre sessanta parlamentari di diversi schieramenti politici
aveva presentato, a sostegno della coppia ricorrente Costa-Pavan, un
amicus curiae, ossia un intervento nel procedimento che spiegava l’illogicità
scientifica e giuridica di quel particolare divieto della legge 40. Il Governo
italiano, tramite il Ministro della Salute Balduzzi, ha preannunciato ricorso
contro la sentenza Cedu. E la stampa ha dato ampio risalto alla notizia: il 28 e
il 29 agosto tutti i giornali e le reti televisive nazionali si sono affannati
nella ricerca dei contatti della coppia, nell’accaparrarsi l’editoriale del
giurista o dell’esperto della materia, nel reperire la decisione europea.
Politica e informazione improvvisamente si sono destati, hanno rotto la pax
bioetica che li caratterizza quotidianamente, quando invece sarebbero chiamati
ad occuparsi dei diritti civili e dei temi eticamente sensibili non solo in
campagna pre-elettorale o nel momento dell’urgenza della cronaca. Per citare
solo un dato del Centro di Ascolto di Informazione Radio Televisiva: dal
gennaio 2011 al 25 settembre 2012, sono stati soltanto 9 milioni gli ascolti
consentiti ai cittadini dalle trasmissioni televisive per approfondire il tema
della fecondazione assistita, che corrispondono allo 0,001% del totale dei 7,2
miliardi di ascolti disponibili. Questo atteggiamento di colpevole indifferenza
nei confronti di alcuni temi impedisce il naturale rispetto del diritto alla
conoscenza del cittadino che prevedrebbe la comunicazione da parte del
giornalista dell’attività dei nostri politici in parlamento. A partire da
questo episodio abbiamo cercato con il giornalista di Libero Filippo Facci e con l’on. radicale Maria Antonietta Farina
Coscioni, , di fare un punto sullo stato dell’arte della laicità e della
libertà di ricerca scientifica e medica nel nostro Paese.
A Filippo Facci abbiamo chiesto innanzitutto se
considerasse scontata la bocciatura da parte dei giudici della Corte di
Strasburgo:
A rigor di logica, direi di
sì. La Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo, in sintesi, ha giudicato allucinante che una coppia
italiana non possa ricorrere alla fertilizzazione in vitro per evitare che un
figlio prenda una malattia trasmissibile (la fibrosi cistica, nel caso) quando
è molto probabile che possa prenderla, visto che i due genitori ne sono
portatori sani.
Che diritti ha, se ne ha, il feto? E come rispondere a coloro che parlano di eugenetica in riferimento alla diagnosi pre-impianto?
Il feto, intendiamoci, ha i diritti che noi stabiliamo che abbia. I criteri con cui stabilire da quando sia «vita» variano in base a relativismi culturali. Il che non toglie, per la stessa ragione, che debbano esserci imposti dei criteri basati su assiomi ideologici o religiosi, se c'è differenza.
È logico proibire in Italia quello che è invece consentito a venti chilometri dal confine?
La domanda è retorica. Non c'è coppia interessata che non sia o non sia stata disposta a comodi viaggi all'estero (benché avvilenti) così da beneficiare di diritti che sono negati in Italia ma non nel resto della Comunità europea.
Da che cosa dipende lo scollamento tra la volontà dei cittadini e le leggi approvate in Parlamento?
È un ritardo culturale a tutti gli effetti. Ci sono gli effetti nefasti del Vaticano sul territorio italiano, ma sino a un certo punto. È proprio una stortura concettuale: un Parlamento, sui temi riguardanti le scelte personali, avrebbe il dovere di sondare l'autentica volontà popolare e di legiferare nel senso più democratico e referendario possibile. Non è così da noi.
Dopo un lungo periodo di una certa pax bioetica abbiamo visto la politica tornare ad occuparsi a spizzichi e bocconi dei temi cosiddetti eticamente sensibili. Questi ultimi hanno la possibilità di spostare i voti? Non è tempo per i politici di abbandonare le strumentalizzazioni pre-elettorali e di dedicarsi, invece, ad una sostanza riformatrice? Soprattutto di assumere posizioni chiare?
La pax bioetica nella sostanza era ignavia. Per il resto non c'è italiano che non abbia discusso e a suo modo sofferto per il caso di Eluana Englaro, per esempio,. I sondaggisti segnalarono che l'epilogo di quel caso fece perdere a Chiesa, Magistratura, Parlamento, Rai e Mediaset una media di sette punti di fiducia. È uno dei tanti errori dell'ultimo Berlusconi: farsi malconsigliare da un gruppo di pasionari proteso a orientare l'opinione pubblica, sulla base di tardive convinzioni personali, anziché voler recepire ciò che la stessa opinione pubblica pensa davvero su temi che più personali non possono essere.
È responsabilità del Vaticano, che emana i suoi diktat quasi quotidianamente, o di una politica troppo accondiscendente, per non dire genuflessa al soglio pontificio, se nel nostro Paese su fine vita, fecondazione e libertà di ricerca scientifica si legifera in controtendenza rispetto alle scelte dei cittadini?
Per quanto io lo giudichi orrendo, il Vaticano in fondo fa il suo lavoro e affonda il coltello, appunto, nell'accondiscendenza della politica. Un servilismo che tra l'altro non ha più senso da anni, perché non c'è sondaggista disposto a sottoscrivere che il Vaticano sposti ancora voti. Non sono europeista, ma da questo punto di vista gli orientamenti continentali sono benedetti anche perché la classe politica è obbligata a prenderne atto assai più dell'effettiva volontà popolare.
È giusto dire che i politici, sempre affannati a rincorrere sondaggi e a tenerli in grande considerazione, proprio su questi temi li ignorano? E se si come mai?
È quello che dicevo. I sondaggi, i famosi sondaggi, dicono chiaramente che stare col Vaticano e stare con la maggioranza degli italiani non è matematicamente possibile. Testamento biologico, Legge 194, aborto, coppie di fatto, divorzio breve, laicità dello Stato: su questi temi, non è la sinistra a pensarla in maniera difforme dal Vaticano: è la maggioranza degli italiani. E lo è anche la maggioranza degli italiani di centrodestra. Quando l'ho fatto notare, in qualche dibattuto televisivo, ho visto che i più lo ignoravano completamente.
Quanto il nostro diritto è lontano dai progressi della scienza e delle medicina?
È lontano, questo è sicuro. Ma la domanda non mi piace: messa così sembra che si debba procedere a un mero inseguimento che farebbe della scienza una fonte primaria di legge.
Su questi argomenti, la stampa italiana può essere accusata di fare disinformazione? O di occuparsi di questi temi solo quando costretti dai vari casi Welby, Englaro, Costa Pavan?
La stampa, per un riflesso condizionato molto italiano, tende ad arrancare dietro alla schizofrenia della politica. Le cose vanno migliorando ma dove migliorano i giornali peggiora la tv, che tende a fare minestroni e a privilegiare l'emozione all'informazione. Non c'è da lamentarsi, dunque, se il fisiologico ritardo culturale della politica tende a mettersi nelle mani della magistratura, chiamata ormai a decidere su tutto, temi bioetici compresi. È l'unico caso in cui non me ne lamento.
Come mai sulla questione dei diritti civili siamo così lontani dal modello europeo? Siamo europeisti ad intermittenza?
Diciamo così. Il nostro è un Paese che finisce di costruire la terza corsia dell’autostrada quando servirebbe la quinta. Non ci sono più scusanti, non c'è Vaticano che tenga. non è chiaro di che accidente abbia ancora bisogno, questo Paese, per accorgersi che serve una legge per distinguere tra cura e accanimento terapeutico, per distinguere tra eutanasia e testamento biologico, tra consenso informato e suicidio assistito, tra prevenzione ed eugenetica, tra casino e civiltà. Tra la lettera della legge e il mitico «si fa ma non si dice».
Che diritti ha, se ne ha, il feto? E come rispondere a coloro che parlano di eugenetica in riferimento alla diagnosi pre-impianto?
Il feto, intendiamoci, ha i diritti che noi stabiliamo che abbia. I criteri con cui stabilire da quando sia «vita» variano in base a relativismi culturali. Il che non toglie, per la stessa ragione, che debbano esserci imposti dei criteri basati su assiomi ideologici o religiosi, se c'è differenza.
È logico proibire in Italia quello che è invece consentito a venti chilometri dal confine?
La domanda è retorica. Non c'è coppia interessata che non sia o non sia stata disposta a comodi viaggi all'estero (benché avvilenti) così da beneficiare di diritti che sono negati in Italia ma non nel resto della Comunità europea.
Da che cosa dipende lo scollamento tra la volontà dei cittadini e le leggi approvate in Parlamento?
È un ritardo culturale a tutti gli effetti. Ci sono gli effetti nefasti del Vaticano sul territorio italiano, ma sino a un certo punto. È proprio una stortura concettuale: un Parlamento, sui temi riguardanti le scelte personali, avrebbe il dovere di sondare l'autentica volontà popolare e di legiferare nel senso più democratico e referendario possibile. Non è così da noi.
Dopo un lungo periodo di una certa pax bioetica abbiamo visto la politica tornare ad occuparsi a spizzichi e bocconi dei temi cosiddetti eticamente sensibili. Questi ultimi hanno la possibilità di spostare i voti? Non è tempo per i politici di abbandonare le strumentalizzazioni pre-elettorali e di dedicarsi, invece, ad una sostanza riformatrice? Soprattutto di assumere posizioni chiare?
La pax bioetica nella sostanza era ignavia. Per il resto non c'è italiano che non abbia discusso e a suo modo sofferto per il caso di Eluana Englaro, per esempio,. I sondaggisti segnalarono che l'epilogo di quel caso fece perdere a Chiesa, Magistratura, Parlamento, Rai e Mediaset una media di sette punti di fiducia. È uno dei tanti errori dell'ultimo Berlusconi: farsi malconsigliare da un gruppo di pasionari proteso a orientare l'opinione pubblica, sulla base di tardive convinzioni personali, anziché voler recepire ciò che la stessa opinione pubblica pensa davvero su temi che più personali non possono essere.
È responsabilità del Vaticano, che emana i suoi diktat quasi quotidianamente, o di una politica troppo accondiscendente, per non dire genuflessa al soglio pontificio, se nel nostro Paese su fine vita, fecondazione e libertà di ricerca scientifica si legifera in controtendenza rispetto alle scelte dei cittadini?
Per quanto io lo giudichi orrendo, il Vaticano in fondo fa il suo lavoro e affonda il coltello, appunto, nell'accondiscendenza della politica. Un servilismo che tra l'altro non ha più senso da anni, perché non c'è sondaggista disposto a sottoscrivere che il Vaticano sposti ancora voti. Non sono europeista, ma da questo punto di vista gli orientamenti continentali sono benedetti anche perché la classe politica è obbligata a prenderne atto assai più dell'effettiva volontà popolare.
È giusto dire che i politici, sempre affannati a rincorrere sondaggi e a tenerli in grande considerazione, proprio su questi temi li ignorano? E se si come mai?
È quello che dicevo. I sondaggi, i famosi sondaggi, dicono chiaramente che stare col Vaticano e stare con la maggioranza degli italiani non è matematicamente possibile. Testamento biologico, Legge 194, aborto, coppie di fatto, divorzio breve, laicità dello Stato: su questi temi, non è la sinistra a pensarla in maniera difforme dal Vaticano: è la maggioranza degli italiani. E lo è anche la maggioranza degli italiani di centrodestra. Quando l'ho fatto notare, in qualche dibattuto televisivo, ho visto che i più lo ignoravano completamente.
Quanto il nostro diritto è lontano dai progressi della scienza e delle medicina?
È lontano, questo è sicuro. Ma la domanda non mi piace: messa così sembra che si debba procedere a un mero inseguimento che farebbe della scienza una fonte primaria di legge.
Su questi argomenti, la stampa italiana può essere accusata di fare disinformazione? O di occuparsi di questi temi solo quando costretti dai vari casi Welby, Englaro, Costa Pavan?
La stampa, per un riflesso condizionato molto italiano, tende ad arrancare dietro alla schizofrenia della politica. Le cose vanno migliorando ma dove migliorano i giornali peggiora la tv, che tende a fare minestroni e a privilegiare l'emozione all'informazione. Non c'è da lamentarsi, dunque, se il fisiologico ritardo culturale della politica tende a mettersi nelle mani della magistratura, chiamata ormai a decidere su tutto, temi bioetici compresi. È l'unico caso in cui non me ne lamento.
Come mai sulla questione dei diritti civili siamo così lontani dal modello europeo? Siamo europeisti ad intermittenza?
Diciamo così. Il nostro è un Paese che finisce di costruire la terza corsia dell’autostrada quando servirebbe la quinta. Non ci sono più scusanti, non c'è Vaticano che tenga. non è chiaro di che accidente abbia ancora bisogno, questo Paese, per accorgersi che serve una legge per distinguere tra cura e accanimento terapeutico, per distinguere tra eutanasia e testamento biologico, tra consenso informato e suicidio assistito, tra prevenzione ed eugenetica, tra casino e civiltà. Tra la lettera della legge e il mitico «si fa ma non si dice».
Passiamo ora invece alla politica, sarà mai
schizofrenica come denuncia Facci? Di certo per l’on. Farina Coscioni.
presidente onorario dell’Associazione Luca Coscioni, una buona fetta di essa è pavida, paurosa,
tremante:
Decisione forse scontata in Europa ma che ha suscitato
molte reazioni in Italia, soprattutto nei convinti sostenitori della legge.
Ce ne faremo una ragione, che
dici? Hanno voluto una legge farraginosa, contraddittoria, non solo sbagliata
dal punto di vista concettuale, ma anche dal punto di vista “tecnico”.
Raccolgono quello che hanno seminato. Alla fine un giudice, che onora il suo
ruolo e la sua funzione, viene fuori. Anche senza dover andare a
Berlino…
Il feto ha o no dei diritti?
Sono rispettosa di tutte le
opinioni e le credenze, religiose e non. Ma parto da questa premessa: chi deve
decidere, e chi ha diritto all’ultima e definitiva parola, è sempre e comunque
la donna. Su questo, senza “se” e senza “ma”. Sappiamo che in una ipotesi di
dibattito su quando inizia la vita, le "figure" che uscirebbero fuori
sarebbero una volta il concepito e lo zigote, un'altra l'embrione e un'altra
ancora il feto. Quindi il rischio strumentalizzazioni è sempre dietro
l’angolo.
Tu come parlamentare, come radicale, come compagna di
Luca sono anni che ti batti per l'eliminazione di divieti ideologici e
a-scientifici. Ritieni che questa decisione possa considerarsi uno spiraglio
per la cancellazione totale della Legge 40?
È una possibilità. Si sono
aperti varchi importanti e significativi. Del resto, non poteva che essere
così. Abbiamo una delle leggi più retrograde e oscurantiste che siano mai state
concepite. Una legge infarcita di divieti e di “No”, che cozza in modo
fragoroso con il comune sentire e i diritti garantiti dalla Costituzione e
dalle normative comunitarie. Pensano che quello che per loro è peccato debba
essere punito come reato. Violano loro per primi il precetto evangelico che
credo valga per tutti, credenti, non credenti o diversamente credenti: “Non
fare al prossimo quello che non vorresti fosse fatto a te stesso”. In fin dei
conti, è tutto lì. La loro cultura è una cultura fatta di prevaricazione,
prepotenza, arroganza: quello che loro pensano, lo devono pensare tutti; È la
premessa del totalitarismo.
I radicali hanno nel Dna la lotta nonviolenta per i
diritti e l'utilizzo degli strumenti giudiziari per vedere affermato il loro
rispetto. Non ci sorprende più di tanto la presentazione dell'amicus curiae
alla Cedu. Ma forse quello che desta maggiore preoccupazione è l'indifferenza
della maggioranza della nostra politica nei riguardi di questi temi cosiddetti
eticamente sensibili, ma che Pannella ci ricorda sempre dover diventare
questioni sociali. La pax bioetica si rompe solo in periodo pre-elettorale.
Parli di maggioranza della
nostra politica. Credo sia una minoranza circoscritta, e destinata a diventare
sempre più minoritaria. Vero è che c’è una maggioranza pavida, paurosa e
tremante: che ha paura di dare a Cesare quello che è di Cesare; e
tradisce il cavourriano “Libera Chiesa in libero Stato”. Però voglio essere
ottimista: guarda a quelle tante cose che oggi sembrano “naturali”, come poter
sciogliere un legame matrimoniale quando non funziona più, oppure per una donna
interrompere una gravidanza in una struttura sanitaria e non più
clandestinamente da una mammana; e i tantissimi spazi di libertà e diritti
conquistati venti, trent’anni fa…Anche allora ci si è scontrati con una classe
politica indifferente; ce l’abbiamo fatta allora, voglio credere che saremo
ancora vittoriosi. Come dice Pannella: vittorie di tutti contro nessuno.
Secondo te
quali sono le cause dello scollamento tra la volontà dei cittadini, le
decisione del legislatore, e i progressi della scienza e della medicina?
Risposta rapidissima: la causa principale è la
disinformazione e la mancata conoscenza. Recentemente abbiamo assistito alla
distruzione di culture sperimentali OGM in campi dell’università della Tuscia a
Viterbo. Colture che servivano per la ricerca, frutto di lavoro decennale,
andate irrimediabilmente distrutte per l’insipiente arroganza di ambientalisti
alla Mario Capanna che da anni conducono una battaglia oscurantista e
retrograda contro gli OGM. Il governo si è piegato a questa irresponsabile
richiesta, le colture sono state messe, letteralmente, al rogo. Eravamo in tre,
a testimoniare la nostra solidarietà a scienziati e ricercatori affranti per
quello scempio; e naturalmente nessuno ne ha parlato o scritto, se non “Radio
Radicale”. È solo un esempio di quello che accade. Un altro esempio: tutti i
giornali hanno ampiamente riferito che uno studio francese aveva scoperto che
una varietà di mais OGM era altamente cancerogeno. È partito un “crucifige”
forsennato. Qualche giorno dopo è venuto fuori che quello studio era infondato,
ma la notizia è rimasta relegata negli ambienti scientifici e accademici. Per
rispondere alla tua domanda, dunque, la causa è l’ignoranza. L’ignoranza in cui
si viene lasciati.
Gilberto
Corbellini nel suo ultimo libro traccia una connessione a doppio senso tra
scienza e democrazia. Mi viene in mente anche Luigi Einaudi che diceva:
conoscere per deliberare. In Italia il legame è scisso, in quanto manca la
conoscenza per poter compiere una responsabile scelta decisionale. Sei
d'accordo con questa analisi?
Einaudi diceva queste cose negli anni Cinquanta,
nelle prime pagine delle sue celebri “Prediche inutili”, lettura che non ha
perso nulla della sua attualità. Sempre in quegli anni i radicali, con “Gli
Amici del Mondo” organizzavano un convegno intitolato “Verso il regime”, in cui
già si mettevano in luce, si affrontavano e si offrivano soluzioni a tutti i
problemi e le tematiche con cui oggi – e chissà per quanto tempo ancora – ci
troviamo a fare i conti. Conoscere per deliberare significa rivendicare il
diritto di essere cittadini consapevoli e coscienti, mentre invece ci
vorrebbero ridotti a ruolo di sudditi che al massimo ratificano decisioni prese
nella clandestinità da un ristretto sinedrio. Dal loro punto di vista si
capisce: un cittadino consapevole e cosciente dei suoi doveri e dei suoi
diritti mette in crisi il loro sistema di potere. Ma è quello che occorre
fare.
Non vorrei
usare la parola colpa, ma secondo te chi sono i responsabili di questa
situazione poco illuminata, nel significato storico, in cui ci troviamo? Di una
politica disinteressata alla cosa pubblica, dell'ingerenza del Vaticano, di una
stampa asservita al potere, di una popolazione pigra culturalmente?
Forse più che di pigrizia – e magari in una quota di
popolazione ci sarà anche – più propriamente si deve parlare di rassegnazione,
dopo tante, innumerevoli delusioni subite e patite. Comunque sì: abbiamo, salvo
rare eccezioni, una classe politica da brivido, una stampa asservita,
pesantissime e intollerabili ingerenze da parte del Vaticano. A mitigare questo
quadro sconfortante il fatto, però, che spesso arrivano piacevoli sorprese: il
popolo trova le risorse e la capacità per conquistare diritti di libertà,
difenderli là dove sono minacciati, e ulteriormente
ampliarli.
Secondo te
qual è il ruolo, se ancora ne ha, della scienza nel panorama politico e
culturale nel nostro Paese?
Inviterei tutti quelli che sono interessati alla
questione a leggere preliminarmente La
scomparsa di Majorana, uno dei libri più intensi di Leonardo Sciascia. uno
dei suoi libri più intensi. Pone, come meglio non si potrebbe, il problema del
rapporto e della responsabilità degli scienziati con il sapere (in questo caso
l’atomica), il potere, la morale. Poi, per rispondere alla domanda: siamo
ancora, mentalmente parlando, e spesso non solo mentalmente, fermi ai tempi di
Galilei. La scienza, la libertà di ricerca sono paralizzati da una quantità di
veti ideologici che non hanno ragion d’essere se non in una neppure troppo
celata volontà di potere. Si vuole la scienza piegata e supina e questa volontà
di potere viene mascherata pretestuosamente con questioni di fede.
Le legge 40
vieta la distruzione degli embrioni quindi non si possono estrarre linee
staminali embrionali sul territorio italiano. Questo è uno specifico ostacolo
alla libertà dei nostri ricercatori in primis per trovare cure a malattie molto
invalidanti e gravi. Volendo fare un elenco dettagliato ma sintetico quali sono
i reali ostacoli al progresso scientifico in Italia? Sono ostacoli politici,
ideologici, clericali?
Direi tutti e tre; ci sono ben individuati e
individuabili settori politici – che allignano nel centro-destra, ma anche nel
centro-sinistra – che vogliono a tutti i costi compiacere alle gerarchie
vaticane, e per questo si fanno portavoce e strumento di politiche fatte di
veti e imposizioni, in luogo di facoltà e diritti. Oltretutto sbagliano i loro
calcoli: a parte che la stragrande maggioranza dei cattolici credenti non è in
sintonia con loro, come ampiamente dimostrato ogni volta che ci si può
pronunciare avendo chiari i termini della questione (vedi divorzio, aborto,
ecc.), le stesse gerarchie vaticane sono tutt’altro che un monolite. Quando si
riunisce la
Conferenza Episcopale Italiana, per esempio, siamo abituati a
sentire la prolusione iniziale e finale del suo presidente; il dibattito, molte
volte ricco e interessantissimo, all’interno della CEI viene completamente
ignorato; e invece spesso si colgono elementi di problematicità, di confronto e
di dibattito che rivelano come sui temi “vivi” come procreazione, fine vita,
eutanasia, libertà di ricerca scientifica, anche nelle gerarchie ci sia un
dibattito e un fermento che sarebbe bene seguire con
attenzione.
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