Kelany: non ci fermerete
Valentina Stella Dubbio 17 settembre 2025
Il ddl costituzionale per la separazione delle carriere è sbarcato ieri per la seconda volta nell’Aula della Camera dei deputati. Com’è noto siamo nella seconda fase di deliberazione, precisamente alla terza lettura. Ma chi pensava che le opposizioni avrebbero rubato tutta la scena si è sbagliato. Infatti ieri ha deciso di farsi sentire anche la maggioranza che al Senato aveva scelto per la maggior parte delle occasioni il silenzio. Su trentadue interventi da massimo trenta minuti ciascuno, infatti, tredici sono dei partiti che sostengono in Governo nel momento in cui andiamo in stampa: quattro di Fd’I, tre di Fi, cinque della Lega, uno di Noi Moderati. Per di più, oltre all’onnipresente vice ministro della giustizia Francesco Paolo Sisto, era presente sin dall’inizio anche il Ministro Nordio, a differenza della sua criticata assenza a palazzo Madama durante le discussioni. L’attenzione sul tema è cresciuta nelle ultime settimane, grazie anche agli interventi di ministri diversi da quello responsabile di via Arenula, come Musumeci e Zangrillo, che hanno preso di mira la magistratura. E di conseguenza anche le opposizioni e l’Anm avevano ribattuto. Da qui la volontà degli azzurri, del Carroccio, del partito della premier Meloni e di quello di Maurizio Lupi di non lasciare vuoti comunicativi a Montecitorio anche se significherà posticipare di un giorno l’approvazione. E di far emergere una mobilitazione collettiva rispetto ad una riforma che impegnerà ogni singolo parlamentare sul proprio territorio quando si avvicinerà il referendum. Previste quindi quasi trenta ore di discussione. Entro stasera, massimo domani, il via libera da parte dei deputati. Comunque il numero due di Via Arenula Paolo Sisto ha confermato quanto da noi ipotizzato nei giorni precedenti, ossia che l’ok definitivo in seconda deliberazione al Senato potrebbe arrivare entro ottobre: «è possibile approvare definitivamente la riforma prima della sessione di Bilancio». Questo a conferma dell’impressione avuta nelle settimane scorse di un serrate le fila da parte della maggioranza e la correlata stretta sui tempi. L’obiettivo è quello di arrivare al voto plebiscitario il più lontano possibile dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento e prima di una eventuale decisione giuridica sul destino della capo di gabinetto del Guardasigilli, Giusi Bartolozzi, indagata per la vicenda Almasri. Durante la mattinata la commissione Affari costituzionali aveva dato mandato ai tre relatori: Nazario Pagano per Fi, Francesco Michelotti di Fdi e Simona Bordonali della Lega. Proprio il presidente della commissione ha rivendicato con «orgoglio la qualità dell’istruttoria svolta», con decine di audizioni. Ha replicato Gianni Cuperlo del Pd: «avete imposto una riforma costituzionale blindandola dall’inizio. Non basta dire che il Parlamento è sovrano e non esiste l’obbligo della maggioranza di modificare una norma. In una democrazia la sintesi la fa il Parlamento, non la maggioranza». Ma il dibattito è stato altresì caratterizzato da un rinfacciarsi a vicenda il proprio passato. Roberto Giachetti, deputato di Iv, ribadendo il giudizio positivo sul merito della riforma ha criticato l’impossibilità di modificare il testo e rivolto in particolare a Sisto ha detto: «il Governo ha costretto anche Forza Italia a ritirare i propri emendamenti. Mi sono chiesto perché questa accelerazione». Per Giachetti, ironicamente, il motivo risiede nel fatto « che avendo il ministro della giustizia contraddetto gran parte delle cose che ha scritto e detto nella sua vita, nella sua carriera, voi avevate paura che se non vi sbrigavate alla terza e quarta lettura, il Ministro Nordio ripensasse - come ha fatto sul panpenalismo, come ha fatto sulle carceri, come ha fatto su tante altre cose - anche questa riforma, e voi vi sareste trovati con la frittata». E poi ha concluso: «basta con questa litania, con questo storytelling in cui intestate la riforma a Berlusconi. Non è che in questo Paese Berlusconi abbia al massimo governato un consiglio di amministrazione o una regione. È stato il Presidente del Consiglio per alcuni anni, non ci siamo accorti di questo spirito riformista da parte sua e di tutta Forza Italia quando aveva una maggioranza - quella sì super blindata - e poteva fare queste riforme». Poi è arrivata la pentastellata Patty L’Abbate a ricordare che tanti anni fa «era stato lo stesso Nordio a firmare una petizione contro la separazione delle carriere». E però pure la severissima Sara Kelany, deputata molto vicina a Giorgia Meloni, nel suo lungo intervento ha riletto quasi per intero un articolo del quotidiano Il Foglio intitolato «Un'idea di sorteggio per il CSM: è in gioco la libertà» in cui si leggeva tra l’altro che « “le correnti si comportano come piccoli partiti”. Questo pezzo non lo ha scritto il Sottosegretario Sisto, non lo ha scritto il Ministro Nordio, non lo ha scritto Giorgia Meloni, lo ha scritto Luciano Violante nel 2015», ha chiarito Kelany tra gli applausi del suo partito e ha poi ricordato la famosa mozione del dem Maurizio Martina in cui si scriveva «il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo ed imparziale». Ha poi concluso: «non ci fermerete, non arretreremo, potete usare tutte le armi che volete ma andremo avanti. Lo abbiamo promesso agli italiani e questo vostro arroccarvi su posizioni ideologiche, trincerarvi dietro le toghe di quei pochi giudici che vogliono mantenere intatto lo status quo non ci spaventa». Ne vedremo delle belle.
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