Separazione carriere: maratona oratoria del Pd

 

Valentina Stella Dubbio 18 settembre 2025

Una vera e propria maratona oratoria: è quello a cui stiamo assistendo in questi giorni alla Camera dei deputati. Da martedì e fino al pomeriggio di ieri, compresa la notte, i deputati sono andati avanti, salvo qualche piccola interruzione, con il dibattito sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere. Il voto finale a Montecitorio è previsto per oggi non prima delle ore 12. Un risultato scontato quello in terza lettura che traghetterà poi la norma al Senato per il via libera finale. La sceneggiatura è ormai nota. Da un lato la maggioranza che assicura che la norma non è contro la magistratura ma a favore della parità nel processo, le minoranze che accusano gli avversari di deriva autoritaria e di voler controllare le toghe. Ben cinquantacinque gli iscritti a parlare nel Partito democratico, i soli a parlare pure nella seduta notturna. Ieri mattina verso le 11 ha preso la parola la Segretaria dem Elly Schlein per la quale saremmo davanti alla «ennesima prova di una destra che, non sapendo dare risposte ai problemi concreti dei cittadini, offre qualcosa di più semplice: nemici, capri espiatori su cui addossare tutti i mali possibili e che in qualche modo poi vengono colpiti con insensata durezza. Oggi è il turno dei giudici». Non poteva mancare un riferimento al fondatore di Forza Italia: «Quello contro la magistratura è un disegno antico, però. Non nasce certo oggi. È un vecchio vizio dai tempi di Berlusconi. Ha radici antiche il vostro fastidio per la giustizia e il vostro disprezzo per il controllo di legalità, visto come un limite al comando assoluto. Non siete i primi ad attaccare i giudici e le sentenze sgradite, e a gridare al complotto». E poi, infine, un anticipo di quelli che saranno i messaggi che utilizzeranno da sinistra in campagna referendaria: «Noi ci siamo battuti in tutte le sedi parlamentari e nelle piazze e continueremo a farlo, potete starne certi. Ci impegneremo affinché al referendum prevalgano i “no, i “no” alla vostra arroganza, i “no” a una giustizia dei potenti, i “no” alla compressione delle garanzie democratiche dei cittadini». A schierarsi contro l’Esecutivo nei toni ma ribadendo astensione è stata anche il capogruppo di Italia Viva, Maria Elena Boschi: «Guardate i sondaggi e siete convinti della vittoria al referendum ma per esperienza vi dico che quella che credete una vittoria certa si trasformerà in una sconfitta cocente». E lo dice a ragion veduta, considerato come si è concluso il referendum costituzionale del 2016.  Per Boschi si tratta di «una riforma non di tre partiti politici» di centrodestra e della maggioranza, «ma fatta da tre toghe, la capo gabinetto del ministero della Giustizia Bartolozzi, il ministro Nordio e il sottosegretario Mantovano, che avete scritto una riforma contro altri magistrati, avete politicizzato lo scontro ed esautorato il potere legislativo». Ad annunciare il sì, invece, sul ddl Nordio sia +Europa che Azione. «Nonostante tutto, credo che si deve dire sì a una riforma che non è di Berlusconi o di Meloni» ha dichiarato il Benedetto Della Vedova. Come lui anche il deputato del partito di Carlo Calenda, Antonio D'Alessio: «si tratta di un sì stentato e amaro per la metodologia con cui è stato portato in aula. Siamo favorevoli nel merito, perché finché esiste l'obbligatorietà dell'azione penale, come ci è stato assicurato dal ministro Nordio, non c'è una sottoposizione della pubblica accusa al ministero: se questo principio fosse stato messo in discussione, avremmo sicuramente fatto le barricate». Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, ha invece assicurato nuovamente che «la riforma della Giustizia con la separazione delle carriere è un tassello fondamentale per una giustizia più equa, più trasparente e davvero al servizio dei cittadini. Al contrario di quel che dice l'opposizione, non c'è nulla di punitivo nella riforma, nessuna intenzione di limitare l'autonomia della magistratura». Mentre il deputato di Fratelli d'Italia Giandonato La Salandra ha ricordato in Aula «come la destra italiana mai si è posta in contrasto con la magistratura e, anzi, fu proprio la destra in Parlamento, nel maggio 1992, a propone Paolo Borsellino come Presidente della Repubblica». Intanto il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin ha annunciato che «dopo l'approvazione del testo, creeremo i comitati del Sì per sostenerlo al referendum confermativo di primavera». Una considerazione che può apparire ovvia ma invece è il segnale di un avvio di mobilitazione di ogni singolo parlamentare sui territori. Inizia un colonnello come Zanettin che mastica giustizia ogni giorno ma poi dovranno essere tutti a consumare le suole per spiegare ai cittadini perché votare “sì” o “no” sia in maggioranza che nelle opposizioni. Non si sa ancora se ogni partito costituirà il suo proprio comitato. Una opzione al vaglio è quella di comitati per territorio. Resta comunque la certezza che essendo la posta in gioco altissima lo sforzo sarà massimo da parte di tutti. Non a caso i primi a partire sono stati gli altri protagonisti di questa battaglia: Ucpi e Anm.

 

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