Volano stracci in Anm

 Valentina Stelladubbio 11 febbriao 2025

Da tre giorni Cesare Parodi è il nuovo presidente dell’Anm. Esponente di Mi, guiderà l’associazione per i prossimi anni, il che significa che non ci saranno rotazioni al vertice come ipotizzato nelle settimane precedenti. A ricoprire il ruolo di segretario generale sarà invece Rocco Maruotti (AreaDg), mentre il nuovo vicepresidente è Marcello De Chiara (Unicost). Per Stefano Celli (Md) l’incarico di vicesegretario generale, per Giuseppe Tango (Mi) quello di coordinatore dell’ufficio sindacale e per Monica Mastrandrea la direzione de La Magistratura. Completano la giunta esecutiva centrale Chiara Salvatori, Paola Cervo, Sergio Rossetti, Dora Bonifacio. Entrato nel parlamentino del sindacato delle toghe come un outsider, Parodi è riuscito ad arrivarne al vertice dopo che la giornata di sabato in Cassazione si è trasformata in un ring tra le correnti. Mentre nella sala riunioni andavano in diretta su Radio Radicale gli interventi dei 36 nuovi componenti, nelle stanze attigue e nei corridoi i capi correnti dei gruppi  - Claudio Galoppi e Loredana Micciché (Mi), Giovanni Zaccaro (Area), Stefano Musolino e Silvia Albano (Md), Rossella Marro e Stefano Latorre (Unicost) – facevano capannello prima separati e poi uniti per assegnare adeguatamente i posti.  Il gruppo dei CentoUno ha rinunciato alla trattativa perché contrario al metodo di spartizione “troppo correntizio, lontano dalle idee e più vicino alle poltrone”. La partita, comunque, non è stata affatto facile. Se fosse stato per le toghe progressiste  - Area ed Md -si sarebbe chiusa in cinque minuti: prendiamo i primi eletti per ogni lista e componiamo la giunta. Quindi in teoria sarebbe dovuto diventare presidente Giuseppe Tango di Mi, ma la sua stessa corrente, incredibilmente, ha messo il veto su di lui. Sono volati gli stracci soprattutto da Mi e Md, tra la corrente di Governo e quella di lotta. Galoppi ha letteralmente urlato verso Silvia Albano “non decidi tu il presidente dell’Anm, è terminata la dittatura comunista”. Dopo, sempre un esponente di Mi, ha urlato contro Stefano Musolino “accusate noi di essere collaterali al Governo ma in realtà volete Tango alla presidenza per manovrarlo e farlo diventare collaterale all’opposizione come siete voi”. Insomma il promettente Tango è finito al centro della bufera ed è stato silurato proprio dai suoi. A quel punto le altre correnti hanno posto il veto sul secondo arrivato, il procuratore Antonio D’amato: sarebbe stato troppo vicino a Mantovano e la sua carica di dirigente inopportuna per ricoprire il ruolo di presidente. “Se non volete D’Amato allora noi mettiamo il veto su Rocco Maruotti” ha tuonato Mi. Ennesima spaccatura e divergenze. Si chiude la riunione e i gruppi si parlano separatamente. Alla fine, dopo le 19, si trova una quadra. E spunta l’inatteso Parodi che si mette al servizio della causa. Domenica poi stesse divergenze sullo sciopero del 27 febbraio. Inizialmente qualcuno di Mi sembrava volerlo revocare, lo stesso Parodi però, prima ancora che il suo nome circolasse per la presidenza, è dovuto intervenire precisando che non si ventilava questa possibilità rilanciando: “lo sciopero può essere revocato solo se revocano la riforma”. A tutti era sembrato un discorso da candidato.  Alla fine, si è deciso di organizzare a livello distrettuale un’assemblea, aperta ai cittadini, in occasione della giornata di sciopero e indossare la coccarda tricolore durante tutte le udienze civili e penali da qui al giorno dell’astensione. Nessuna manifestazione nazionale: i magistrati comunque devono presentarsi in udienza e far mettere a verbale la loro astensione. Ora bisogna solo sperare che aderisca almeno il 70 per cento di tutti i magistrati, altrimenti sarà flop. Intanto è stata istituita anche una commissione per sostenere le sfide comunicative, a partire dal referendum. Tutti felici e contenti? Non sembra. Perché se è vero che occorre mostrare unità dinanzi al Governo per fronteggiare la riforma della separazione delle carriere, le correnti progressiste a fine giornata hanno definito l’accordo al ribasso. In  pratica il nuovo presidente ha l’arduo compito di tenere unita la Giunta perché Area e Md non staranno a guardare se l’indirizzo che la presidenza vorrà dare sarà troppo moderato nei confronti di Nordio. Già dalle prime dichiarazioni Parodi ha evidenziato un netto cambio di passo rispetto all’ex presidente Giuseppe Santalucia. Non a caso la Meloni ha accettato subito il suo invito per un incontro. Si tratta solo di una distensione apparente o adesso le due parti – maggioranza politica e toghe – sono davvero pronte a trattare? E dalla trattativa chi uscirebbe vincente? Da entrambi le parti ci dovrebbero essere delle rinunce e concessioni. Tuttavia rinnegando così le dichiarazioni fatte fino ad ora da entrambi gli schieramenti per cui: “andremo avanti fino alla riforma finale” (Nordio, 4 febbraio 2025) “ la nostra posizione è di netta, nettissima contrarietà alle riforme sotto ogni aspetto” (Loredana Micciché, Mi, 17 dicembre 2024). Intanto però sono da registrare le dichiarazioni rese ieri dal presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni, ad Affari Italiani: “Nella vita non c'è nulla che non possa essere modificato. Quindi la risposta è certamente sì che si possono apportare dei cambiamenti. E io da presidente accolgo sempre con favore le proposte costruttive”. 


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