Affettività in carcere
Angela Stella Unità 15 febbraio 2025
Nelle ultime settimane a due detenuti di due diverse carceri italiane, Terni e Parma, è stato accordato il permesso di effettuare colloqui intimi rispettivamente con la propria compagna e con la propria moglie senza la sorveglianza della polizia penitenziaria, con l’obiettivo di avere rapporti sessuali, come esplicitato nelle rispettive richieste dai loro avvocati. Si tratta dei primi due casi da quando, l’anno scorso, una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto all’affettività in carcere. A seguito dei rifiuti da parte degli istituti di pena di accogliere le loro richieste, soprattutto per difficoltà organizzative e non legate al profilo del recluso, i detenuti hanno intrapreso due azioni legali al termine delle quali i magistrati di sorveglianza competenti hanno deciso a loro favore. Nel primo caso di tratta di un detenuto dell’Alta Sicurezza, con condotta regolare, attività lavorativa nella cucina, e beneficiario di un encomio a dicembre 2024. Avere un colloquio intimo con la compagna, si legge nel provvedimento, “concretizzerebbe quel desiderio di genitorialità che a lungo” il detenuto “ha coltivato con la sua compagna, anche attraverso percorsi di procreazione medicalmente assistita, cui più volte ha chiesto di poter aver accesso”. Nel secondo caso si tratta di un detenuto con fine pena a novembre 2026. L’interessato nel suo reclamo ha sottolineato il “pregiudizio grave e perdurante all’esercizio del proprio diritto a subire una pena non disumana ai sensi dell’art. 27 Cost, in relazione al diritto a mantenere un legame, qui innanzitutto fisico, con la propria moglie”. Non essendovi ragioni ostative di sicurezza per accogliere l’istanza i magistrati di sorveglianza hanno dato ragione ai detenuti e invitato le carceri a provvedere quanto prima a creare degli spazi, anche provvisori, dove tenere i colloqui intimi, in attesa di una elaborazione più strutturata degli ambienti predisposti. Per Marcello Bortolato, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, da poco di nuovo in libreria con “Oltre la vendetta. La giustizia riparativa in Italia” scritto insieme al giornalista Edoardo Vigna per Laterza, "di fronte all’ordine del giudice, l’Amministrazione per legge ha l’obbligo di adeguarsi entro il termine assegnato e se non lo fa potrebbe intervenire un Commissario “ad acta” nel successivo giudizio di ottemperanza. Del resto, essa aveva avuto già un anno di tempo per dare esecuzione alla sentenza della Corte, immediatamente applicabile pur nella consapevolezza dello sforzo organizzativo necessario”. Intanto però il Governo preannuncia una stretta su 4 bis e 41 bis. “Premesso che la sentenza della Corte non si applica allo speciale regime detentivo dell’art. 41-bis – precisa Bortolato - quanto invece ai detenuti cosiddetti “ostativi”, una stretta ulteriore non avrebbe effetti sull’affettività che è un diritto riconosciuto come primario anche per impedire che la sanzione penale venga percepita come esageratamente afflittiva. Sul preannunciato inasprimento del regime del 4-bis, con divieto di accesso ai benefici anche in assenza di collaborazione, mi limito ad osservare che qualunque futura modifica si deve ormai confrontare con i chiari pronunciamenti della Corte che hanno eliminato ogni presunzione assoluta di pericolosità”.
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