Intervista a Tommaso Calderone

 Valentina Stella dubbio 7 agosto 2024

Il capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera, Tommaso Calderone, anticipa al Dubbio il contenuto di una proposta di legge che depositerà a breve e che ha al centro il tema delle intercettazioni.

Onorevole, vorrei innanzitutto delineare con lei qual è il contesto entro il quale ci muoviamo, per poi capire le differenze rispetto alla sua pdl.

Il concetto è che in questo momento storico, purtroppo, viene assegnato alla polizia giudiziaria un potere di vita e di morte sugli indagati, perché nella fase delle indagini preliminari è solo la polizia giudiziaria a considerare rilevanti o meno alcune conversazioni, in quanto essa sola procede all’ascolto senza contraddittorio.

Qual è il pericolo sotteso a ciò?

Che l’ufficiale di Pg potrebbe ascoltare un'intercettazione che magari è decisiva e influente, anche per la stessa libertà personale dell’indagato, ma la ritiene non rilevante e l’archivia in un server temporaneamente, non trascrivendo però il contenuto e trasferisce al pubblico ministero solo le intercettazioni che secondo il suo giudizio sono rilevanti.

Quindi poi che succede?

Nel frattempo  per tutte le altre intercettazioni c'è il cosiddetto ritardato deposito  e la difesa non ne può venire a conoscenza.

Quando ne viene a conoscenza?

Quando si apre la discovery, magari dopo l'arresto. Quindi viene a conoscenza di quelle che la polizia giudiziaria aveva ritenuto erroneamente non rilevanti soltanto dopo che se ne va in sala di ascolto e si mette le cuffie per mesi, perché ci sono decine di migliaia di conversazioni, e se ha la fortuna trova quella che può essere rilevante per il proprio assistito. Tengo a precisare che di questo non ha alcuna responsabilità il pubblico ministero, in quanto ignaro della selezione. Invece noi mettiamo il destino di tutti gli indagati italiani nelle mani della polizia giudiziaria e così non va bene.

Non ha fiducia nella Pg?

La quasi totalità degli agenti sono onesti, ma ce ne può essere uno che o non è onesto o non è in grado di capire quanto può incidere favorevolmente quella conversazione per l'indagato.

 Allora come incide la sua proposta?

La mia proposta prevede che prima di chiedere la proroga delle intercettazioni e, comunque, alla fine del periodo di conversazioni intercettate, la polizia giudiziaria debba redigere una specifica informativa con la quale indica al pubblico ministero l’elenco delle conversazioni ritenute non rilevanti, l'oggetto specifico degli argomenti e i nomi dei colloquianti. L'informativa non deve contenere ovviamente le conversazioni private e familiari. Se io parlo con mia moglie o con mia cugina, quelle conversazioni non devono finire nell’informativa.

Però anche all’interno di queste ultime ci potrebbero essere elementi rilevanti.

L’obiezione è giusta. Le faccio un esempio: se io parlo con mio figlio di una moto non è rilevante, se parlo di un processo o di un fatto legato all’indagine allora anche quella conversazione deve essere considerata rilevante, sempre se lo è.

Una volta che il pm ha ricevuto l’informativa completa che fa?

Il pubblico ministero, verificata la rilevanza di conversazioni contenute nella informativa, dispone, dopo attento controllo, la acquisizione delle sole ritenute rilevanti disponendo, per il resto, la restituzione della informativa che sarà custodita negli archivi ed estratta solo per comprovate ragioni indicate dalla difesa e su autorizzazione del giudice. Fermo restando che il difensore avrà la possibilità di sentire tutto nella sala d’ascolto.

Quindi qual è la ratio di questa norma?

Che non può essere concesso alla polizia giudiziaria il potere enorme di stabilire se una conversazione è rilevante o non è rilevante. Con questa pdl si vuole obbligare il pm a fare un controllo serio attraverso la informativa che la Pg deve trasmettere. Inoltre ci sarà la possibilità immediata per la difesa di avere accesso alle intercettazioni ritenute non rilevanti dalla Pg ma rilevanti dal pm, anche a favore dell’indagato. Allo stesso tempo non può essere il pm, nella fase successiva, a stabilire cosa è rilevante o cosa non lo è.

In che senso?

La difesa avrà un diritto diretto a estrapolare le conversazioni senza chiedere il permesso al suo antagonista processuale, e cioè il pm. La difesa entrerà in interlocuzione direttamente con il giudice sul giudizio di rilevanza senza passare dal pm.

Oggi cosa succede?

Io avvocato sento le intercettazioni: a parer mio dieci, ad esempio, sono rilevanti; vado dal pm che però non le ritiene tali e non ne dispone la rilevanza. Allora sono costretto ad andare dal giudice. Con la mia proposta inverto il ragionamento. Io vado dal pm e mi dovrà dare tutte le intercettazioni che io ritengo rilevanti, non potrà rifiutarsi. Casomai deve essere il giudice a dirmi perché non me le può dare tutte.

Quindi toglie un potere al pm?

Sì, perché il pm è un mio avversario. Mentre il mio interlocutore deve essere il gip che autorizzerà le intercettazioni. In questo modo si velocizzano i passaggi e si dà più garanzia all'indagato e al suo avvocato che non devono uscire pazzi per convincere il pm della rilevanza delle intercettazioni, a cui poi deve seguire, in caso di rifiuto, il ricorso al gip.  Noi dobbiamo far sì che l'ascolto nella fase delle indagini preliminari non sia più terra di nessuno.

Perché?

Perché dobbiamo uscire fuori dall'ipocrisia che tanto è la polizia giudiziaria che fa le indagini. Essa purtroppo qualche volta si innamora dell'indagine e della propria ipotesi accusatoria e vengono archiviate troppe volte intercettazioni ritenute non rilevanti che invece si sono dimostrate decisive. La mia quarantennale esperienza professionale mi ha insegnato che è capitato in molte circostanze che conversazioni ritenute non rilevanti dalla polizia giudiziaria e ascoltate soltanto dopo l'attivazione del procedimento 268 cpp primo comma, sono risultate decisive. Intanto magari era stata arrestata una persona ed erano stati sottoposti a procedimento penale persone innocenti.


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