Quando una inchiesta fece cadere il Governo Prodi

 Valentina Stella dubbio 20 agosto 2024

Il 26 novembre 2023 fu il Ministro della Difesa Guido Crosetto a sostenere al Corriere della Sera che alcune correnti della magistratura sarebbero state all’opera per «fermare la deriva antidemocratica a cui porta la Meloni». Ne nacque uno scontro tesissimo con l’Anm, informative alla Camera e interrogazioni parlamentari. Si disse, da parte della magistratura, che quelle parole servivano a delegittimare ogni futura possibile inchiesta su di lui o su membri del Governo e della maggioranza. Poi la querelle si concluse con un nulla di fatto, o meglio con un incontro pacificatore tra il responsabile di via XX Settembre e il presidente del ‘sindacato’ delle toghe, Giuseppe Santalucia e con lo stesso Ministro che, rispetto alla frase sull’opposizione giudiziaria, sgonfiò il tutto sostenendo: «era una battuta, un modo di dire riferito al destino che hanno avuti i governi di centrodestra negli ultimi 20 anni». Nessun fascicolo è stato mai aperto contro di lui. Resta ancora in piedi l’inchiesta a Perugia sui presunti dossieraggi, partita da una denuncia di Crosetto, ma anche lì sembra che tutto si sia arenato. Domenica ci ha pensato il direttore de ‘il Giornale’, Alessandro Sallusti, a riaccendere la controversia: in prima pagina abbiamo letto un titolo eloquente, ossia «Vogliono indagare Arianna Meloni» per traffico di influenze. La sua tesi punta il dito su quello che definisce «l’asse giornali-sinistre-procure» (copyright dell’amico e compagno di penna Luca Palamara) per «mettere nel mirino» la sorella della premier presentata come «indaffarata a fare e disfare le più delicate nomine di Stato». Insomma sarebbe in corso l’ennesimo complotto, qualcuno azzarda persino a parlare dietro le quinte di golpe giudiziario. Intanto ieri l’Associazione Nazionale Magistrati ha fatto sapere in una nota: «Quello in corso è l’ennesimo attacco alla magistratura, volto a delegittimarla adombrando presunti complotti. Un esercizio pericoloso che indebolisce le istituzioni repubblicane e danneggia l’intero Paese». Ma davvero, come diceva Crosetto, i governi di centrodestra sono caduti o hanno subìto tentativi di indebolimento incrociando il loro destino con una magistratura politicizzata? Ad essere onesti, l’unico Esecutivo costretto a tornare a casa a causa di una inchiesta giudiziaria è stato il Prodi II nel 2008. Ad essere coinvolti l’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella e la moglie Sandra Lonardo, in quel momento presidente del Consiglio della regione Campania. Il 16 gennaio 2008 il gip di Santa Maria Capua Vetere dispose gli arresti domiciliari per la Lonardo, ravvisando una tentata concussione nei confronti del direttore generale dell'ospedale di Caserta. Quell’arresto si inquadrava in un'inchiesta più ampia che vedeva implicati oltre il marito Mastella, per il quale si ipotizzarono vari reati, compreso quello di tentata concussione nei confronti di Antonio Bassolino, anche esponenti della giunta regionale campana, consiglieri regionali, amministratori dell'Udeur e l’allora primo cittadino di Benevento. Il 29 gennaio 2008 la X Sezione del Tribunale del Riesame dispose la scarcerazione per Sandra Lonardo; il tribunale ha, poi, disposto la revoca degli arresti domiciliari e, successivamente, annullato l'obbligo di dimora nel Comune di residenza. Nel 2017 marito e moglie furono entrambi assolti con formula piena. L’allora Guardasigilli reagì però dimettendosi a seguito dell’arresto della moglie. Il 17 gennaio 2008 confermò le dimissioni e concesse in un primo momento l'appoggio esterno al governo. Il 21 gennaio 2008 aprì la crisi di governo con un comunicato stampa dalla sede dell'Udeur, dichiarando di lasciare la maggioranza dopo due anni. Il 24 gennaio il governo Prodi cadde a seguito del voto contrario alla fiducia. Votarono contro la fiducia due dei senatori dell'Udeur, tra cui Mastella stesso. A chi, proprio su ‘il Giornale’, gli chiese se ci fosse un complotto della magistratura Mastella rispose: «Complotto non so. Ma che alcuni magistrati pensino di poter cavalcare i grillismi a modo loro, di poter interpretare lo spirito popolare, sì. Che alcuni di loro pensino di riprodurre lo spirito del 1993 sì». L’Esecutivo allora cadde, si andò ad elezioni anticipate che videro il successo della coalizione guidata da Berlusconi. Proprio quest’ultimo è stato rievocato dalla premier Meloni per commentare quanto scritto da Sallusti: si tratta di «uno schema visto e rivisto soprattutto contro Silvio Berlusconi». In realtà nessuna caduta dei governi Berlusconi è da attribuire all’ordine giudiziario. Se è vero che il 22 novembre 1994, mentre presiedeva da premier a Napoli la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata, si vide recapitare un invito a comparire dinanzi alla Procura di Milano, nell'ambito delle indagini sul suo gruppo, è altrettanto vero che quel suo primo Governo cadde dopo essere rimasto senza maggioranza e aver incassato due mozioni di sfiducia da parte della Lega Nord e del Partito popolare italiano. Solo in seguito, anche per il riavvicinamento con la Lega Nord in occasione delle elezioni politiche del 2001, Berlusconi accuserà la magistratura e Scalfaro, il quale avrebbe indotto Bossi a ritirare l'appoggio all'esecutivo compiendo «un golpe»: «Scalfaro disse a Bossi: “Berlusconi è nel baratro, i giudici di Milano lo condanneranno. In quel baratro non finirci anche tu. I giudici di Milano dopo sette anni mi assolsero”». Tuttavia la paura di inchieste su di lui e sulle sue aziende ha condizionato pesantemente la politica giudiziaria dei Governi Berlusconi. Benché non si contino le volte in cui si è scagliato contro le cosiddette “toghe rosse” a suo dire “mentalmente disturbate”, sta di fatto che proprio Berlusconi sabotò, ad esempio, i referendum sulla giustizia promossi, tra gli altri, dal Partito Radicale, tra i quali c'era proprio un quesito sulla separazione delle carriere. Sacrificò quella battaglia perché invisa alla magistratura, senza che però la magistratura avesse progettato un complotto contro di lui. Come non ricordare quel 18 maggio 2000 quando ci fu la cerimonia di consegna da parte dell'Unione Camere Penali di Roma della “Toga Rossa” proprio al leader di Forza Italia per «la sciagurata ma efficace campagna astensionistica per sabotare i referendum sulla giustizia»? Berlusconi non si fece neanche trovare e mandò avanti l'allora suo portavoce Paolo Bonaiuti a ritirare il 'premio'. Promise che avrebbe fatto la riforma in Parlamento ma sappiamo come è andata a finire.

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