Referendum: pochi voti e poco garantisti

 di Angela Stella Il Riformista 14 giugno 2022

Oramai i dati sono definitivi: il referendum sulla 'giustizia giusta' promossa dal Partito Radicale e dalla Lega ha fallito. L'affluenza è stata in media del 20,88%, il dato più basso mai raggiunto. E anche laddove si è votato per rinnovare il Consiglio Comunale come Padova, L'Aquila, Palermo il quorum si è fermato al 30%. Dunque obiettivo lontanissimo. Per raggiungerlo avrebbero dovuto votare quasi 26 milioni di italiani, invece hanno espresso il loro parere sui cinque quesiti circa 10 milioni di cittadini. Il dato consolatorio per il Comitato per il Sì è che i No hanno perso. Guardiamo i singoli quesiti. Abolizione del decreto Severino: Sì: 53,61%, No: 46,39%. Abuso della custodia cautelare: Sì 55,82%, No 44,18%. Separazione delle funzioni tra magistratura requirente e giudicante: Sì 73,73%, No 26,27%; voto dei membri laici nei Consigli giudiziari: Sì 71,69% No 28,31%; elezioni dei membri togati del Csm: Sì 72,17% No 27,83%. Cosa ci dicono queste percentuali? Molteplici sono le considerazioni che possono farsi. Innanzitutto occorre ripensare l'istituto referendario perché l'80% degli italiani non è andato a votare. Il quorum serve ancora? E qualcuno davvero può cantare vittoria se uno strumento di democrazia è stato così ampiamente disertato? Ma perché è accaduto questo? Sicuramente esiste un 30% di astensione fisiologica a cui si sono aggiunti altri fattori che hanno determinato la sconfitta. Proviamo ad elencarli. Sicuramente l'informazione non ha fatto il suo dovere: l'Agcom ha certificato che nel periodo 7 aprile-21 maggio i telegiornali Rai hanno dedicato al tema un'ora, 51 minuti, 22 secondi, pari allo 0,3 per cento dell'intera programmazione; gli extra-tg di testata hanno parlato dei quesiti per un'ora, 21 minuti e 31 secondi, pari allo 0,23 per cento del totale. Quasi inutile l'accelerazione informativa delle ultime due settimane e qualche correttivo per ripristinare la par condicio. Poi vi è stato l'intervento della Corte Costituzionale che ha bocciato i quesiti sul fine vita, cannabis e responsabilità diretta dei magistrati, quelli cioè che avrebbero dato più entusiasmo agli elettori per andare alle urne. Come ha scritto il leader dell'Associazione Luca Coscioni Marco Cappato nella sua newsletter,  "I partiti che avevano il maggiore interesse a far fallire i referendum -incluso sulla giustizia- erano quelli di centrosinistra. Votare su eutanasia e cannabis li avrebbe costretti a scegliere se stare dalla parte dei propri elettori o da quella del Vaticano. L'affluenza al voto avrebbe anche consentito di raggiungere il quorum sul pacchetto giustizia, osteggiato dalla corporazione dei magistrati. Un doppio disastro. Anche a destra non avrebbero visto di buon occhio l'idea di perdere sui diritti civili, seppure con parziale soddisfazione sulla giustizia. La decisione della Corte è stata provvidenziale. Non sto sostenendo che si siano riuniti una notte sotto qualche cavalcavia Letta, Conte e Meloni per consegnare  gli auspici propri e della Conferenza Episcopale Italiana nelle sottili mani di Giuliano Amato. Su certe cose non serve parlare per capirsi". Non possiamo dimenticare la Lega che ha iniziato davvero a fare la campagna solo nelle ultimissime settimane. Ricordiamo cosa disse Matteo Salvini a metà aprile al Corsera? "I primi 5 titoli dei tg sono sulla guerra, il sesto sul covid, il settimo sulle bollette. Parlare di separazione delle carriere dei magistrati è difficile: per questo preferisco parlare di casa, di risparmi e magari flat tax. Ma io spero di arrivare a maggio con il covid archiviato e la guerra ferma". Ed anche per questo è arrivata la sconfitta. Tuttavia la vittoria dei Sì spinge ad ulteriori riflessioni. La percentuale sopra il 70 per cento dei quesiti su separazione funzioni, voto dei laici nei mini Csm e elezioni dei magistrati al Csm ci dice che gli elettori auspicano la figura di un giudice terzo ed imparziale che non si faccia contagiare dall'atteggiamento accusatorio di un ex pm, che occorre più trasparenza nelle valutazioni dell'operato dei magistrati e che bisogna evitare uno secondo scandalo delle correnti per l'elezione dei togati a Palazzo dei Marescialli. Invece la percentuale poco sopra il 50% degli altri due - Severino e abuso della custodia cautelare -  ci porta a dire che probabilmente la presunzione di innocenza è ancora un concetto poco introiettato dalla popolazione. E che la Lega ha sicuramente sbagliato a sceglierli, considerato il proprio elettorato e quello dell'alleato di Fratelli d'Italia. Questi due sono stati i quesiti più attenzionati mediaticamente e sui quali è stata spesso fatta anche una certa disinformazione disegnando scenari apocalittici: i mafiosi si potrebbero candidare, le donne non avrebbero più tutela, i criminali più feroci rimarrebbero a piede libero. Insomma si è creato un allarmismo, spesso ingiustificato, che ha avuto come risultato quello che abbiamo visto. 

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