Rush finale per il quorum

 di Angela Stella Il Riformista 10 giugno 2022

 

È contro il pericolo di una forte astensione che i promotori e i sostenitori del referendum 'giustizia giusta' stanno combattendo in queste ultime ore che ci separano dal voto di domenica. Se è vero che l'informazione ha fatto un balzo in avanti in questi giorni, le persone che non sanno che si vota e su cosa sono ancora troppe. Per questo il leader della lega Matteo Salvini è tornato ad appellarsi a Mattarella e Draghi: « Magari sono stato distratto io ma non mi sono accorto che dalle massime cariche dello Stato sia arrivato un promemoria agli italiani sul fatto che possano votare i referendum sulla giustizia. Conto che da qui a domenica sia il presidente della Repubblica sia il presidente del Consiglio si limitino quantomeno a ricordare agli italiani che votare i referendum è un diritto». Intanto prosegue lo sciopero della fame di Roberto Calderoli:  « Che si voti Sì o No per me è indifferente: basta che le persone possano esercitare il loro diritto-dovere. Il silenzio dà l'idea della potenza di una casta che controlla il Parlamento, il governo ed il mondo dell'informazione».  Continua il digiuno anche la tesoriera del Partito Radicale Irene Testa che ieri con Gaia Tortora ha visitato il carcere di Regina Coeli: « Quando vedi un uomo chiuso in una cella liscia senza il materasso e senza le lenzuola, perso nei suoi pensieri, un malato che il carcere non può curare...pensi che valga ancora la pena lottare per i diritti di tutti», ha detto la radicale. Chi ha ribadito chiaramente di andare a votare cinque Sì è il sindaco dem di Bergamo Giorgio Gori: « I referendum sono strumenti imperfetti per dare un segnale alla politica affinché faccia ciò che non è riuscita a fare. Serve equilibrio tra accusa e difesa, occorre l’indipendenza dei magistrati e va ripristinata la linea garantista: la mia speranza era che il Parlamento facesse il suo lavoro ma così non è stato e la riforma Cartabia è insufficiente. Il mio partito, il Pd, ha deciso di dare un’indicazione per 5 no e mi dispiace che prevalga una linea troppo prossima alle istanze della magistratura e di convenienza nel non creare distanze con il M5S , personalmente il giustizialismo dei grillini è lontanissimo dalle mie idee». A proposito di M5S ieri pomeriggio alla Camera la loro responsabile giustizia, l'onorevole Giulia Sarti, durante la presentazione del libro "La Repubblica dei referendum. Una storia costituzionale e politica" del professor Andrea Morrone, ha sottolineato «la distanza del Movimento dai quesiti ma nel merito, non certo come contrasto allo strumento referendario. Non possiamo avere paura dei referendum, anzi l'abbassamento del quorum deve divenire un tema centrale del dibattito». Idea condivisa dal dem Stefano Ceccanti. Morrone invece ha spiegato come il «referendum certamente sconta una crisi. Dal 1995 ad oggi, salvo nel 2011, esso non è stato più raggiunto. La presenza del quorum rappresenta un ostacolo formidabile per poter arrivare alla decisione di abrogare o mantenere una legge in vigore. Domenica i 5 referendum sulla giustizia sconteranno questo grande handicap. È sempre più facile per chi vuole contrastare il contenuto di una domanda referendaria invitare a disertare le urne, contando sull'astensionismo fisiologico che supera il 30% in questo Paese, piuttosto che confrontarsi con gli avversari nel voto». Ad intervenire a favore di cinque Sì Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa: «è stato spesso detto, ad esempio da Enrico Letta e Giuseppe Conte, che queste sono materie troppo complesse per essere affrontate con un referendum che taglia con l'accetta leggi in vigore. E però allora non possiamo non tenere presente che un altro strumento che c'è nella nostra Costituzione -  ossia la legge di iniziativa popolare, immaginato dai Costituenti proprio per non tagliare con l'accetta - è stato umiliato e con esso i milioni di cittadini che lo hanno firmato. I referendum eutanasia,  cannabis e separazione delle funzioni sono stati preceduti da leggi di iniziativa popolare rimaste nei cassetti di Montecitorio. Per dire che non ci si deve stupire se i processi politici e sociali si allargano e occupano anche degli spazi che magari non sarebbero loro propri se gli strumenti preposti non funzionano». 

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