Palma: no alla prigione per gli ex terroristi
di Angela Stella Il Riformista 21 giugno 2022
Sovraffollamento, ergastolo
ostativo, carcere anche per pene molto brevi, malattia psichica: sono i punti
di crisi delle nostre carceri e del nostro sistema di esecuzione penale emersi
ieri durante la presentazione della Relazione annuale al Parlamento da parte
di Mauro Palma, Garante nazionale dei
diritti delle persone private della libertà personale. L’evento è stato aperto
dalla Presidente del Senato, Elisabetta
Casellati, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Per la seconda carica dello Stato « il primo pensiero non può che andare
all’annosa questione del sovraffollamento delle nostre strutture . Nonostante gli importanti sforzi compiuti in
questi anni, anche sul piano legislativo, per contenere i flussi in ingresso e
allargare quelli in uscita dalle carceri, il numero delle persone attualmente
detenute in Italia continua ad essere pericolosamente al di sopra dei limiti di
capienza, con un tasso medio del 105/110% dei posti disponibili». Su una
capienza regolamentare di 50.859 posti ci sono - si legge nella Relazione - «54786
persone registrate (a cui corrispondono 53793 persone effettivamente presenti)»
di cui «38897 in esecuzione penale, essendo le altre prive di una sanzione
definitiva». Ma il dato stigmatizzato da Emilia Rossi, componente del Collegio
del Garante, è che «al 7 giugno, sono 1.317 le persone presenti in carcere per
scontare una condanna inferiore a 1 anno, 2.467 per una condanna compresa tra 1
e 2 anni, numeri che sollecitano la ricerca di soluzioni diverse dalla
detenzione in carcere» . Ha aggiunto Palma che scontare in carcere pene così brevi in presenza delle quali il nostro
ordinamento prevede forme alternative alla detenzione, «è sintomo di una minorità
sociale che si riflette anche nell'assenza di strumenti di comprensione di tali
possibilità, di un sostegno legale effettivo, di una rete di supporto. Una
presenza, questa, che parla di povertà in senso ampio e di altre assenze e che
finisce col rendere meramente enunciativa la finalità costituzionale delle pene
espressa in quella tendenza al reinserimento sociale: perchè la complessa ''macchina''
della detenzione richiede tempi per conoscere la persona, per capirne i bisogni
e per elaborare un programma di percorso rieducativo». Per quanto concerne la
malattina psichica in carcere, al 22 marzo erano 381 le persone detenute cui è
stata accertata una patologia di natura psichica che ne comporta l'inquadramento
negli istituti, giuridici e penitenziari, predisposti per affrontarla, «ma la
soluzione - ha detto Rossi - non è e non
può essere solo sanitaria e tantomeno di sola sicurezza: va cercata nel
coinvolgimento attivo di figure professionali ulteriori e nuove». Mentre il Garante
ha richiamato anche l'attenzione sui suicidi carceri - «29 a oggi a cui si aggiungono 17 decessi
per cause da accertare» e sulle gravi vicende sulle violenze nelle carceri ,
come a Santa Maria Capua Vetere, che richiedono «capacità di accertamento
rapido» e «rapida individuazione di responsabilità anche a tutela delle persone
su cui pende una incriminazione così grave quale quella di tortura o quella
altrettanto grave di favoreggiamento nei confronti di coloro che di tale reato
sono imputati. I tempi non stanno andando in questa direzione» avverte il
Garante che ha ritenuto «inaccettabile»nel caso di Torino il rinvio a giudizio
nel luglio del 2023 per accertare quanto accaduto e le responsabilità. In
questo contesto il Garante nazionale ha ribadito, ancora una volta, «l’inaccettabilità
di archiviazione di inchieste dovute all’oggettiva impossibilità di
individuazione delle specifiche responsabilità personali e chiede che sia
numerato ogni strumento o mezzo di difesa in dotazione, che l’identificativo
numerico sia apposto in maniera visibile su ciascuno di essi e che sia
istituito un registro per l’annotazione dell’assegnazione ai singoli operatori,
in ogni singola occasione per cui si è fatto ricorso a essi». In tema di 41-bis il Garante «ha sempre ritenuto essenziale che
in questi casi si adottino e si mantengano tutte le misure volte a non
consentire il perpetuarsi di tali legami ed ha sempre esaminato da questa
prospettiva le misure che determinano la specialità detentiva. Ritiene tuttavia
importante continuare la propria azione di vigilanza affinché nessuna misura
sia introdotta o mantenuta sulla base giustificativa di altri criteri, dettati
dalla volontà di maggiore afflittività, e che provvedimenti relativi a tale
misura abbiano ogni volta una base di fondamento che tenga conto
dell’evoluzione del singolo e dei contesti». Sono invece 1.822 le persone
condannate all'ergastolo, di cui 1.280 all'ergastolo ostativo.Il testo
licenziato dalla Camera sull'ergastolo
ostativo «è in tensione» con le indicazioni date dalla Corte costituzionale
e introduce «disposizioni decisamente peggiorative rispetto alla disciplina su
cui essa è intervenuta». Per il Garante « è francamente difficile
ricondurre quest'opera di riforma ai principi e ai parametri di revisione delle
preclusioni assolute previste dall'articolo 4-bis dell'ordinamento
penitenziario, segnati, i primi, e indicati, i secondi, dalla pronuncia della
Consulta». Basti pensare che sono «aumentati il termine di tempo, da 26 anni a
30, per l’accesso alla richiesta di liberazione condizionale dei condannati
all’ergastolo ‘ostativo’ e quello di durata della libertà vigilata, passata da
5 anni a 10». Un passaggio è stato dedicato anche al terrorismo. Appare «ineludibile la contraddizione di
ricondurre in carcere persone che hanno condotto un percorso di vita senza
commettere reati, spesso cercando di compensare quanto commesso con azioni
volte al recupero sociale, pur se responsabili di gravissimi reati nel
passato». Nella Relazione il parla anche degli ex protagonisti dei cosiddetti Anni di piombo, ricordando come nelle
nostre carceri continuino ad esserci «una ventina di persone, condannate per
reati legati alla lotta armata degli anni ’70 e ’80» mentre «almeno una decina
delle persone allora condannate si trova in Francia in attesa degli esiti della
procedura di estradizione avviata sulla base di una richiesta formulata dal
governo italiano: sono colpevoli di reati commessi tra i 30 e i 40 anni fa e da
tempo hanno formalmente ripudiato la lotta armata - nulla risulta a loro carico
nel periodo francese». «Certamente - si legge nella Relazione - il rendere giustizia
richiede che chi ha avuto lacerazioni per le loro azioni, veda riconosciuta la
colpevolezza di chi ne è stato artefice e veda uno Stato in grado di chiamare
questi rei a risponderne. Ma lo stesso imperativo del rendere giustizia chiede
anche che non possano essere la negatività della detenzione e l’interruzione
drastica delle esistenze ricostruite la forma in cui tale esigenza si
concretizzi. Richiede azioni, gesti, imposizioni che abbiano il sapore della
positività e non dell’addizione di negatività a quanto di negativo già da essi
commesso. E chiede anche che per chi ha scontato ormai lunghi anni di vita
detentiva sia costruito un percorso di ritorno alla collettività, anche superando
quel senso di durezza identitaria che le posizioni soggettive talvolta
trasmettono». Infine il Garante ha sottolineato sì la positività della Commissione presieduta da Marco Ruotolo, che ha indicato per il carcere
azioni da compiere sul piano amministrativo e regolamentare, ma ne ha richiesto «una rapida attuazione: l’oggi
preme. Perché la vita delle persone ristrette corre con un ritmo irreversibile
ben diverso da quello degli accordi per complessive riforme». «Dovremmo avere un progetto per ogni persona,
preparare il tempo, cioè il futuro, avviare dei processi personali positivi, di
consapevolezza, di costruzione umana, di formazione» e «quando questo non c'è,
cioè il futuro per i detenuti, la speranza di cura per i non autosufficienti, il
valore della persona negli anziani, allora si è condannati allo spazio. E
questo è inaccettabile, oltre che oneroso e senza senso». Nella Relazione, tra
i numerosi interventi esterni, anche quello del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei:
«Dovremmo avere un progetto per ogni persona, preparare il tempo, cioè il futuro, avviare dei processi personali
positivi, di consapevolezza, di costruzione umana, di formazione» e «quando
questo non c'è, cioè il futuro per i detenuti, la speranza di cura per i non
autosufficienti, il valore della persona negli anziani, allora si è condannati allo
spazio. E questo è inaccettabile, oltre
che oneroso e senza senso». Sul fronte immigrazione, invece, nel 2021 meno
della metà delle persone transitate nei Cpr è stata effettivamente rimpatriata:
«l'inefficienza del sistema di tali Centri, già rilevata nelle precedenti
Relazioni al Parlamento, dunque permane e interroga su quel tempo sottratto
alla vita e sulla legittimità stessa di tale privazione della libertà», ha
detto Daniela de Robert, componente
del Collegio del Garante. Per Stefano Anastasìa, Portavoce della
Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà e
Garante della Regione Lazio, “Le indicazioni contenute nella Relazione annuale
al Parlamento costituiscono uno stimolo e uno sprone per tutti i Garanti
territoriali, nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni, a esercitare
al meglio le proprie funzioni”.
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