Intervista a Stefano Musolino

 di Valentina Stella Il Dubbio 3 giugno 2022

Dai referendum alla riforma di mediazione Cartabia, passando per le prossime elezioni del Csm: dialogo con Stefano Musolino, Segretario di Magistratura Democratica.

Roberto Calderoli durante una conferenza stampa organizzata col Partito Radicale ha annunciato lo sciopero della fame per abbattere il muro di silenzio costruito intorno alla campagna referendaria. Cosa ne pensa di questa iniziativa?

Che l’avrei riservata al sostegno di cause ben più rilevanti. Il problema non è la stampa che dà poco spazio alla campagna, ma l’assenza di un reale interesse pubblico per la notizia. Molti quesiti -  ad esempio stabilire se un candidato al Csm debba avere o no 25 firme a suo sostegno – costituiscono un obiettivo logoramento dello strumento referendario. Questi quesiti non appassionano i cittadini e di conseguenza i media non gli dedicano spazio.

Però il referendum è uno strumento garantito dalla Costituzione. I cittadini dovrebbero essere messi nelle condizioni di "Conoscere per deliberare" come diceva Einaudi.

Che io sappia la Rai concede molti spazi. Quelli ulteriori dovrebbero essere conquistati dall’interesse pubblico che, invece, manca.

Purtroppo nell'ultimo mese la Rai ha dedicato al referendum meno di due ore tra Tg ed extraTg.

Guardi io credo che potrebbe dedicare alla campagna anche 10 ore al giorno, ma permane un problema: lo scarso appeal della notizia. Il referendum è stato, tradizionalmente, lo strumento utilizzato da minoranze politiche, prive di rappresentanza parlamentare, per conseguire progressi autentici sul tema dei diritti fondamentali. Questi referendum, invece, sono sostenuti da forze politiche largamente rappresentate in Parlamento ed al Governo, si fondano su sterili slogan a sostegno di astrusi quesiti che occultano pessimi effetti.

 

Vorrei una sua riflessione su un quesito in particolare, su cui dovreste essere d'accordo: quello del voto degli avvocati nei Consigli giudiziari.  

 

Magistratura democratica sostiene la necessità di ampliare le fonti di conoscenza in sede di valutazione di professionalità, anche grazie al contributo del Foro. Ma il risultato dell’intervento ortopedico del referendum sulla norma non offre alcuna garanzia di una partecipazione dell’avvocatura sterilizzata da personalismi e faziosità. Benché avessimo preferito riconoscere all’avvocatura un diritto di tribuna, con diritto di parola, ritengo che il progetto di riforma Cartabia, sul punto, costituisca un saggio compromesso.

 

A proposito di riforma, il presidente della Commissione Giustizia del Senato e relatore del provvedimento, Andrea Ostellari (Lega) ha detto dopo l'ultimo Cdc: "Anm ci lasci lavorare serenamente. Da presidente garantirò un esame attento del testo di legge, per il bene di tutti gli italiani, compresi i magistrati". Si sente rassicurato da queste parole?

 

Non sono tanto sereno, visto che la senatrice Bongiorno continua a sostenere che il testo vada modificato in una prospettiva, a nostro giudizio, peggiorativa per l'esercizio delle nostre funzioni. La Lega è uno dei partiti che in maniera più evidente, anche per i toni utilizzati e le modifiche sponsorizzate, sta immaginando questa riforma come una sorta di rivincita della politica sulla magistratura. Poi però aspettiamo di vedere cosa accadrà nei prossimi giorni. Casomai ci ricrederemo. Comunque abbiamo spiegato più volte le criticità di questa riforma e ci tengo ad aggiungere che in un confronto avuto con l'avvocatura durante le assemblee organizzate ultimamente a livello locale si è giunti ad una analisi condivisa.

 

Quale?

 

Abbiamo fatto comprendere che il magistrato burocrate ed efficientista, proposto dal Riformatore, usando a questo scopo la leva del disciplinare e delle valutazioni di professionalità, rappresenta un pericolo per la qualità della giurisdizione e, quindi, per la tutela efficace dei diritti. Ed a questo sono sensibili tutti i protagonisti della giurisdizione, compresi gli avvocati, perché sono in gioco gli interessi dei cittadini nel loro rapporto con il servizio giustizia che tutti abbiamo interesse a tutelare.

 

Ci fa sempre piacere quando avvocatura e magistratura vanno d'accordo per il bene della giurisdizione.

 

Anche io credo che un dialogo comune sia necessario ed infatti una delle critiche che abbiamo mosso come gruppo alla dirigenza dell’Anm ha riguardato proprio l'incapacità di costruire un confronto e delle sinergie con l'avvocatura.  

 

Sullo sciopero dell'Anm, lei è stato l'unico a parlare di 'fallimento'. Altri suoi colleghi, a partire dal Presidente Santalucia, rifiutano di parlare di flop. Discutendo in una precedente intervista con la vice presidente Maddalena è emersa la necessità di ricostruire l'unità. Ma come si può farlo se non si riconosce appunto il fallimento e ciò che lo ha determinato?

 

Condivido la sua obiezione. Una classe dirigente responsabile, se vuole essere legittimata ed autorevole, dovrebbe riconoscere gli errori che sono stati commessi e ammettere che lo sciopero è andato molto male. Ed è un vero peccato perchè moltissimi non hanno scioperato, pur condividendo le ragioni dell'astensione, ma non i tempi e i modi. Penso che un’iniziativa organizzata e gestita meglio avrebbe consentito di andare sicuramente sopra il 70% di adesioni. Vi è stato un errore di valutazione che ha preceduto l'astensione che non è stato - badi bene -  della dirigenza dell'Anm ma delle dirigenze di Area DG e Magistratura Indipendente che hanno spinto molto su questo sciopero per pure ragioni elettorali. La magistratura è un po' diversa da come loro la immaginavano.  Anche per questo non ho condiviso il documento di Area, dopo lo sciopero, in cui si è esaltata una divisione tra la magistratura bassa che avrebbe scioperato, al contrario di quella alta. In disparte la rozzezza dell’analisi, non è frazionando la magistratura e negando le responsabilità che si costruiscono prospettive proficue. 

 

Come si ricostruisce l'unità?

 

Continuando a dialogare, come da noi proposto, dentro e fuori la magistratura, per costruire un discorso comune, a partire dai molti modi in cui si può fare questo lavoro. Quello che è successo, prima della proclamazione dello sciopero, è molto importante: la magistratura più giovane si è ribellata al modello di magistrato burocratico che la riforma Cartabia propone. Si tratta di mettere in dialogo questa parte della magistratura con quella che, pur condividendo le ragioni della protesta, non ha accettato il metodo per rappresentarla. Interrogarsi e confrontarsi sul ruolo costituzionale della magistratura, a tutela dei diritti, significa intrecciare una trama narrativa con cui affrontare i temi posti dalla modernità, coltivando le diverse sensibilità in una prospettiva unitaria.

 

Lei prima ha parlato di ragioni elettorali in vista del nuovo Csm. Discuterete di questo anche nel prossimo consiglio nazionale del 18 e 19 giugno. Qualche giorno un'Ansa scriveva che correrete da soli e non sotto la bandiera di Area almeno per quanto riguarda la quota dei giudici di merito, dove vigerà anche un sistema proporzionale. Si è detto che così si ufficializza il "divorzio". Ci spiega meglio?

 

Per usare la sua espressione: il 'divorzio' da Area, o come lo chiamiamo noi 'il recupero di autonomia rappresentativa di Md', è stato deliberato sin dal congresso di Firenze dell'anno scorso. In continuità con quel mandato congressuale, tuttavia, noi abbiamo proposto ad Area un’alleanza generale per il prossimo CSM, fondata su un programma condiviso minimo -  poiché su alcune cose ci dividiamo, ad esempio sul ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari - per le sole quote maggioritarie riservate alla Cassazione ed ai pm. Poi abbiamo proposto di convergere insieme sul candidato per il posto di legittimità.  Ma le nostre proposte sono state respinte. 

 

Insomma, Area vi ha sbattuto la porta in faccia…

 

L’espressione è un po’ forte, ma sintetizza efficacemente quello che è successo! Ho grande rispetto per le loro scelte, ma questo non ci impedirà certo di coltivare le nostre idee ed i nostri programmi con i candidati che si riconoscono in una magistratura progressista plurale ed aperta al confronto.

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