Fuoco di sbarramento sulla Corte

 di Angela Stella Il Riformista 25 marzo 2021

Arriverà dopo Pasqua la sentenza della Corte costituzionale sull'ergastolo ostativo, in particolare sulla norma che preclude la liberazione condizionale per i detenuti non collaboranti. Sono in molti a chiedersi come mai la decisione tanto attesa non sia giunta ieri. Le ipotesi sono due. La prima: si tratta di una questione molto delicata dal punto di vista della dottrina e quindi i giudici vogliono prendersi il tempo necessario. La seconda, quella più di retroscena: i giudici costituzionali sentono la pressione arrivata in questi giorni da parte della politica e da alcuni magistrati cosiddetti antimafia e vogliono più tempo per trovare una soluzione che bilanci diritto e aspettativa pubblica. Come ci disse tempo fa il professor Vittorio Manes, ora membro della commissione ministeriale di riforma della giustizia penale: «La Corte costituzionale è un organo tecnico, ma a composizione mista “tecnico-politica”: sarebbe ingenuo pensare che le valutazioni politiche non entrino affatto nel giudizio, ma sarebbe altrettanto azzardato – e forse ingeneroso – pensare che queste assumano un peso dirimente». E infatti crediamo che non si lascerà condizionare. Però, in queste ore, c'è da registrare un vero e proprio assalto alla serenità di giudizio della Corte: vi abbiamo raccontato le dichiarazioni allarmistiche del consigliere del Csm Nino Di Matteo, del pm Catello Maresca e dei deputati pentastellati della commissione giustizia. A loro si è aggiunto Matteo Salvini: «No a sconti per i mafiosi all'ergastolo. Galera e nessun regalo per chi non si pente e non collabora, come  suggerì Giovanni Falcone. Lo Stato non può arrendersi, vanificando  anni di impegno contro le organizzazioni criminali». Si è associato Giancarlo Caselli sulle pagine del Fatto Quotidiano con il suo anatema: «Guai se depotenziano l'ergastolo ai mafiosi». Critica anche Piera Aiello, deputata del Gruppo Misto, testimone di giustizia sotto scorta per minacce mafiose: «sono indignata per la decisione dell'Avvocatura dello Stato di aprire alla liberazione condizionale per i condannati all'ergastolo ostativo, anche in assenza di collaborazione con la giustizia. Una scelta che rischia di smantellare l'intero sistema di contrasto alle mafie». Come abbiamo spiegato ieri l'Avvocatura dello Stato, pur chiedendo di non dichiarare l'incostituzionalità della norma che vieta la liberazione condizionale per l'ergastolano ostativo che non collabora, allo stesso tempo ha prospettato la possibilità di «far decantare ogni forma di automatismo», assicurando al giudice di sorveglianza la possibilità di «verificare le ragioni di quella mancata collaborazione che è condizione per ottenere il beneficio».  In pratica il Giudice di sorveglianza dovrebbe «verificare in concreto quali sono le ragioni che non consentono di realizzare quella condotta collaborativa nei termini auspicati dallo stesso giudice», aveva affermato l'avvocato di Stato, Ettore Figliolia, rimarcando che «una interpretazione costituzionalmente orientata di queste norme potrebbe consentire di procedere ad una esegesi della normativa». L'Avvocatura dunque ha cambiato prospettiva rispetto alla prima posizione assunta sulla questione, quando cioè aveva chiesto di respingere il ricorso del detenuto. Al cambio di Governo è conseguito un cambio di posizione da parte dell'avvocatura dello Stato? Si ipotizza che dietro questa mossa possa esserci un input della Ministra Cartabia e sarebbe comprensibile data la sua cultura costituzionale riguardo all'esecuzione penale. Tuttavia se la Corte costituzionale accettasse la lettura interpretativa della norma fornita dall'Avvocatura dello Stato rimarrebbe scontento in parte anche il fronte garantista perché la vedrebbe come una decisione poco coraggiosa ma che comunque fa una apertura importante. Questo ultimo quadro si inserirebbe in quello più ampio di un possibile intervento parlamentare: qualcuno infatti sostiene che l'input della Ministra sarebbe prodromico ad una sua moral suasion sulle Camere per mettere mano alla norma. Scenario difficile considerato che per la prima volta due forze della maggioranza - Lega e Cinque Stelle - hanno preso di mira una iniziativa, seppur non ufficiale, della Guardasigilli. «Sono certa che la Corte  - dice al Riformista l'avvocato Giovanna Araniti, legale del detenuto Pezzino -  sarà  impermeabile sul punto, decidendo in maniera imparziale,  oggettiva e senza condizionamenti di sorta. La  Corte ha dimostrato sempre di essere al di sopra delle sterili polemiche politiche delle parti, soprattutto di chi dà indicazioni erronee, dimostrando sfiducia nella magistratura di sorveglianza», che purtroppo ancora una volta è stata sfiduciata da certi magistrati requirenti con il bollino dell'antimafia.

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