Intervista alla moglie di Ambrogio Crespi

 di Angela Stella Il Riformista 12 marzo 2021

È quasi mezzogiorno quando Ambrogio Crespi varca il cancello del carcere di Opera. La Cassazione lo ha condannato in via definitiva a 6 anni di carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa. Relatore della causa il consigliere Alessandro Centonze: un passato negli uffici giudiziari requirenti di Caltanissetta e di Catania, ha fatto parte della Direzione Distrettuale Antimafia. Ambrogio ha lasciato il sole di Roma e la sua vita felice in famiglia per raggiungere una Milano fredda che lo ha accolto con un cielo plumbeo. L'uomo conosce bene quell'istituto di pena: vi aveva scontato già 200 giorni di carcerazione preventiva, di cui 65 in isolamento, e vi era tornato da uomo libero per girare il docu-film «Spes contra Spem - Liberi dentro». Prima di entrare in carcere ha detto: «ero venuto qui per combattere la mafia e ora ci torno da mafioso. Tutto questo è paradossale». Come ci spiega uno dei suoi legali, l'avvocato Marcello Elia, «Ambrogio sarà detenuto in Alta sicurezza. Ora la direzione del carcere e il Dap dovranno decidere quale regime penitenziario applicare tra quelli dell'AS: da questa scelta dipenderanno il numero dei colloqui e delle telefonate a disposizione, per esempio». Le strade che si possono intraprendere, ci spiega il legale, «sono quella della revisione del processo e quella della Cedu: dopo la nota sentenza Contrada ci sono gli spazi per pretendere una interpretazione conforme alla Costituzione del concorso esterno». L'articolo 4bis dell'ordinamento penitenziario a cui verrà sottoposto Crespi non gli consentirebbe alcun beneficio; in realtà, conclude l'avvocato, «quando si scende sotto i 4 anni di reclusione, anche per questo tipo di reato la giurisprudenza non esclude l'affidamento in prova ai servizi sociali. Calcolando la liberazione anticipata, potremmo fare la richiesta tra un anno. Ci sono pochissimi precedenti ma siamo riusciti già ad ottenere questa misura alternativa al carcere per uno dei condannati dell'Operazione Infinito». Ieri nel piazzale antistante il carcere, oltre all'avvocato, con Ambrogio c'erano Elisabetta Zamparutti e Sergio D'Elia di Nessuno Tocchi Caino, suo fratello Luigi, sua cognata e Helene Pacitto, sua moglie, la madre dei suoi due figli. Quando la raggiungiamo telefonicamente è sul treno di ritorno Milano-Roma, la voce è rotta dalla commozione e dalla tristezza di aver lasciato suo marito in prigione. Si sono sposati nel 2011 e chi li conosce sa quanto siano uniti.

Helene, come avete saputo della decisione?

Eravamo a casa, agitati ma sereni: lo stesso Procuratore Generale aveva chiesto l'annullamento con rinvio della posizione di Ambrogio. Quindi non ci saremmo mai aspettati quello che poi è accaduto. Ambrogio è un uomo di "giustizia giusta", contro le mafie, per la legalità; eppure lo hanno condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.  Invece mio marito è il simbolo dell'anti-mafia, è portato sul palmo della mano dai testimoni di giustizia per il lavoro che ha fatto di sensibilizzazione culturale contro la camorra, la 'ndrangheta. E invece due giorni fa si è scritta una pagina nera nella storia della giustizia italiana e con certezza possiamo dire che la storia di Tortora non ha insegnato nulla a nessuno.

Quindi non vi aspettate questo verdetto?

Assolutamente no. Per noi la soluzione più logica e ovvia era un annullamento senza rinvio. Ossia l'innocenza: Ambrogio è innocente e non smetterò mai di dirlo. L'altra opzione sarebbe potuta essere l'annullamento con il rinvio ma non avremmo mai pensato che il giorno dopo avrei dovuto accompagnare mio marito in carcere. Per noi è stato uno shock e lo è tuttora mentre parliamo.

Quindi è stato un fulmine a ciel sereno?

Sì, eravamo convinti che la Cassazione avrebbe messo fine ad una vicenda che io definisco lunare. Sono stati nove anni di calvario ma il vero incubo inizia adesso.

Come sono stati i momenti dopo la sentenza?

Difficilissimi è dire poco. Il giorno dopo, nel pomeriggio, siamo partiti da Roma. Prima avevo preparato la valigia per Ambrogio, che è piena di rabbia, di sconcerto, di dolore. Non avrei mai immaginato di doverlo fare. Abbiamo trascorso insieme la notte in un albergo e il mattino dopo dritti al carcere di Opera. Ambrogio si è consegnato ma l'ordine di esecuzione non era ancora arrivato, quindi abbiamo dovuto attendere un po'. Poi c'è stato il momento del distacco, dolorosissimo: ci siamo guardati negli occhi e ci siamo promessi l'una con l'altro di restare sempre forti, di superare insieme questo tragico momento con grande determinazione e con tutto l'amore che la nostra grande famiglia potrà darci.   

Lei ha anche scritto che: « Non mi piangerò addosso.  Sarò una spina nel fianco. Sarò una iena». La disperazione lascerà il posto alla lotta per fare giustizia per Ambrogio?

Sono determinata a lottare, ma in maniera nonviolenta come ci ha insegnato Marco Pannella che credeva profondamente in Ambrogio e come abbiamo visto in questi anni accanto a Nessuno Tocchi Caino. Non posso negare che però in questo momento la mia anima è profondamente ferita. Ambrogio è un papà esemplare, è un marito eccezionale, un uomo straordinario. Come una iena buona combatterò questa ingiustizia in tutte le sedi possibili.

Voi avete due piccoli maschietti. Deve essere stato difficile il distacco.

L'addio di ieri (mercoledì, ndr) è stato straziante: non lo auguro neanche al mio peggior nemico. È indescrivibile. I bambini sono usciti di casa con i miei nipoti per andare al parco per consentire a noi di fare la valigia e andare via. Luca, il più grande, ha guardato negli occhi il papà e gli ha detto: "devi partire lo so, e so anche che non sappiamo quando torni". Ho voluto postare la foto di quella separazione di  un padre da un figlio affinché rimanesse impressa nella memoria di tutti. Quella foto è il simbolo della malagiustizia. Di un sistema fallato, malato.

I vostri figli sanno che il papà è in carcere?

No, loro non sanno nulla. Ho raccontato loro che il papà è come se fosse un agente segreto in missione in una base lontana. E appena potrà ci farà delle telefonate, raccontandoci delle sue avventure da infiltrato.

Non sa ancora quando potrà rivedere suo marito?

No, non so nulla al momento. Ma sono convinta che dal punto di vista umano Ambrogio non sarà solo. Le persone dentro e fuori lo tuteleranno. Poi Opera è il luogo dove Ambrogio con il docu-film Spes Contra Spem ha portato il cambiamento, insieme a Nessuno Tocchi Caino, dove lui ha dato speranza ed è stato speranza per tanti detenuti che quella speranza l'avevano persa. Adesso quel carcere dovrà cullare Ambrogio: io mi auguro che possa essere il più "confortevole" possibile.

Vuole aggiungere qualcosa?

Nonostante quello che ci  accadendo, io mi sento una donna fortunata ad aver incontrato nella mia vita un partner come Ambrogio, l'uomo che ogni donna dovrebbe avere al proprio fianco. Mio marito è una persona gentile, buona, attento alle esigenze della propria compagna, sempre disponibile ad ascoltarti, un grandissimo lavoratore, un genitore modello. Ed è per tutto questo che io non riesco a comprendere come abbiano potuto condannarlo: penso che qualcuno più in alto di  noi abbia deciso che la straordinarietà di Ambrogio fosse estesa anche nei luoghi più bui. Lui rappresenta una benedizione per chi lo incontra: forse questo che sta vivendo sarà una benedizione per qualcun altro.

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