Esempio di lotta alla criminalità ma per i giudici è un mafioso

 di Angela Stella Il Riformista 11 marzo 2021

Gli strani giri della vita sono tutti qui: a breve per Ambrogio Crespi si apriranno le porte del carcere milanese di Opera. Lo stesso carcere dove aveva scontato 200 giorni di carcerazione preventiva, di cui 65 in isolamento, con l’accusa di concorso esterno in associazione di stampo mafioso e voto di scambio,  e dove era tornato da uomo libero per girare il docu-film «Spes contra Spem - Liberi dentro».  La notizia è ormai di due giorni fa: il regista, che ha iniziato la sua carriera collaborando alle produzioni televisive e teatrali di Gianfranco Funari, è stato condannato dalla Cassazione in via definitiva a sei anni di reclusione, perché accusato di aver procurato voti a Domenico Zambetti, assessore alla Casa della giunta Formigoni, per le regionali del 2010, servendosi di conoscenze in ambienti della 'ndrangheta. Eppure la Procura Generale aveva chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza d'appello. «Sono sconcertato dall'esito del ricorso» ha detto all'Adnkronos l'avvocato Riccardo Olivo, difensore insieme a Marcello Elia: «Crespi non si è reso responsabile di alcun illecito, la lettura degli atti non lascia dubbi. È quindi grandissimo il rammarico di vedere dichiarata la colpevolezza di un innocente quale è Ambrogio». Crespi, tirato in ballo da alcune intercettazioni, si è sempre dichiarato innocente. Il processo ha fatto molto discutere per le tantissime incongruenze, raccolte anche nel libro di Marco Del Freo « Il Caso Crespi. Il caso giudiziario del regista Ambrogio Crespi. L’analisi di tutti i documenti» (Male Edizioni, 2019).  Come ha scritto il Presidente onorario di Cassazione, Alfonso Giordano, nella prefazione «anche per chi non abbia una approfondita conoscenza della personalità del Crespi, qualcosa stride nei due documenti giudiziari; e soprattutto poco convincenti appaiono certe credulità che hanno costituito i plinti dell’edificio usato per condannarlo in primo grado a dodici anni di reclusione, ridotti a sei in fase d’appello». Ripercorriamo brevemente la vicenda giudiziaria: Ambrogio Crespi viene arrestato il 12 ottobre 2012. Ore 4:30, la famiglia  - Ambrogio, la moglie Helene, e il figlioletto di 4 mesi - dorme, ma improvvisamente il campanello comincia a suonare, insistente e  violento. Il risveglio all'improvviso, la paura, la corsa ad aprire: i carabinieri invadono casa, mettono a soqquadro la casa, svuotano i cassetti, ribaltano i letti. È l'inizio di un incubo, è l'incredulità che si impossessa di tutti, è il primo doloroso capitolo della storia vera di un uomo che per la giustizia è uno 'Ndranghetista, mentre per altri, come diceva Marco Pannella, era ed è un nuovo Enzo Tortora. Crespi viene portato ad Opera, dove trascorrerà circa sette mesi di carcerazione preventiva, definita dal leader radicale « vergognosa e ignobile». L'8 febbraio 2017 il Tribunale di Milano lo condannerà a 12 anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, dandogli sei anni in più di quelli richiesti dal pm. Per il Tribunale l'uomo, forte delle sue conoscenze in ambito malavitoso, aveva contribuito a far convergere circa 3 mila voti su Domenico Zambetti, condannato nello stesso processo a 13 anni e 6 mesi per aver acquistato questi e altri voti, durante le elezioni regionali lombarde del 2010. Il pm aveva indagato Crespi perché aveva sentito fare il suo nome nel corso di svariate intercettazioni effettuate nel 2011 tra personaggi legati alla criminalità organizzata. Le uniche prove a suo carico sono infatti le intercettazioni tra due uomini, uno dei quali, E. C., accuserà Crepi per poi ritrattare: « La storia dei voti procurati da Crespi Ambrogio a Zambetti me la sono inventata di sana pianta. Ho iniziato all’età di sedici anni a millantare su tutta la mia vita. Il motivo non glielo so dire. Non ero contento della mia vita e mi sono creato una identità parallela. Dicevo di essere un commercialista, avvocato, architetto, ingegnere. È qualcosa di insito nella mia natura. Nell’ultimo periodo mi sono vantato di essere ‘ndranghetista» (Fonte, Il Giornale 2014). Successivamente una perizia del giudice appurerà che l'uomo era affetto da disturbi mentali. Tutto questo non servirà a sottrarre dalla tenaglia della giustizia Ambrogio Crespi, seppur in appello, il 23 maggio 2018, la pena verrà ridotta a sei anni. Ora l'uomo, che intanto è diventato papà di un secondo bambino, ha davanti a sè oltre cinque anni di carcere, dovendo sottrarre ai 6 anni definitivi i circa 7 mesi di carcerazione preventiva. Questa decisione ha provocato molto turbamento perché chi conosce Ambrogio Crespi, da sempre sostenitore delle lotte del Partito Radicale, non riesce a credere in questa 'ingiustizia', a partire da suo fratello Luigi: «con Nessuno Tocchi Caino, mio fratello ha realizzato il film “Spes contra spem-Liberi dentro” menzionato al Festival di Venezia, per cui tra gli altri, il già Ministro della giustizia Andrea Orlando, Santi Consolo, ex capo del Dap, il procuratore generale di Napoli, Giovanni Melillo, e l’ex direttore del carcere di Opera, oggi a San Vittore, Giacinto Siciliano,  hanno affermato che quel film rappresenta un lenzuolo bianco contro le mafie perché capace di destabilizzarne la cultura». Luigi Crespi ha anche aggiunto in un video su Facebook che adesso «avrà inizio un percorso nel quale non solo chiederò la revisione del processo, ma chiederò, sulla base dell'ingiustizia subita, la grazia al Presidente della Repubblica Mattarella». Gli fa eco proprio il Segretario di Nessuno Tocchi Caino, Sergio D'Elia, con cui Ambrogio stava girando il seguito di Spes contra Spem: «È stato condannato un innocente. Umanamente, oltre che giuridicamente, è paradossale che l'autore di questo manifesto della lotta alla mafia, ma anche un capolavoro artistico, politico, umano e civile, sia stato condannato per associazione di  stampo mafioso a sei anni di carcere». Sta tutta qui per molti la bizzarria di questa vicenda: come può un uomo impegnato in prima linea per la legalità, per il rispetto dei diritti degli ultimi, che con la sua opera è andato a dare speranza a chi speranza non ha -  come i reclusi al fine pena mai -  che don Luigi Merola ha definito «esempio di lotta alla criminalità» mentre lavoravano insieme al progetto ‘Terra Mia’, film denuncia della criminalità ed alla canzone ‘Ora Basta’ creata per Noemi, la piccola di soli 4 anni colpita da una pallottola durante un agguato di camorra a piazza Nazionale a Napoli, essere proprio lui l'origine di quel male che infetta la parte buona della nostra società?

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