Tangente Eni: tutti assolti

 di Angela Stella Il Riformista 18 marzo 2021 

Sono stati assolti in primo grado perché  «il fatto non sussiste» tutti e tredici gli imputati nel processo Eni-Nigeria: erano accusati di corruzione internazionale relativamente ai diritti di esplorazione del giacimento «Opl245». A deciderlo è stata ieri la settima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Marco Tremolada, dopo oltre sei ore di Camera di Consiglio; il dispositivo della sentenza è stato letto nell'aula appositamente creata alla Fiera di Milano. Assolti dunque l'attuale amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, l'ex numero uno, Paolo Scaroni, l'ex responsabile operativo del gruppo di San Donato nell'Africa sub-sahariana Roberto Casula, l'ex manager della compagnia italiana nel Paese africano Vincenzo Armanna, l'ex manager di Nae, controllata Eni in Nigeria, Ciro Antonio Pagano, l'ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete. E poi ancora Luigi Bisignani, il russo Ednan Agaev e Gianfranco Falcioni, quest'ultimo imprenditore ed ex vice-console in Nigeria, l'ex presidente di Shell Foundation Malcom Brinded e gli ex dirigenti della compagnia olandese Peter Robinson, Guy Jonathan Colgate e John Coplestone. Assolte anche le due società - Eni e Shell - , imputate per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. L'indagine condotta dalla Procura di Milano - dall'aggiunto Fabio De Pasquale e dal pm Sergio Spadaro - puntava a dimostrare il pagamento di una maxi-tangente da 1 miliardo e 92 milioni versata da Eni e Shell ai politici locali per ottenere nel 2011 la licenza sui diritti di esplorazione del giacimento nigeriano, un'area delimitata situata in acque profonde, circa 150 chilometri al largo del delta del fiume Niger. L'accusa aveva chiesto condanne pesanti, tra cui: dieci anni per l'ex Ministro nigeriano Dan Etete e otto anni per Descalzi e Scaroni.   A detta dei pubblici ministeri si sarebbe trattato della più grande tangente internazionale mai scoperta in Italia: tutto spiegato in 304 di memoria che ora sono state messe nel tritacarte dai giudici milanesi, dopo circa tre anni di processo. Le motivazioni saranno depositate in novanta  giorni. Con le assoluzioni, ovviamente, nessun risarcimento per il governo nigeriano, che si era costituito parte civile. «Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e a Eni il suo ruolo di grande azienda»: è stato il commento dell'avvocato Paola Severino, difensore dell'ad della compagnia petrolifera. «Siamo molto contenti - ha detto invece Enrico de Castiglione, legale dell'ex amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni -  La centralità del dibattimento in questo caso si è riconfermata. La tesi della pubblica accusa è stata verificata in un dibattimento che è durato tre anni ed evidentemente è stata ritenuta non fondata, cosa che noi abbiamo sempre ritenuto». Scaroni, ha aggiunto il legale,  «è sempre stato assolto e sempre con formula piena in tutti i gradi di giudizio. Dodici anni. Sono molto contento e sarà contento anche lui». Per Luigi Bisignani, accusato di aver fatto da intermediario nell'affare, «C'è un giudice a Berlino».  Per Eni ha parlato l'avvocato Nerio Diodà: « È un risultato di grande civiltà giuridica. Per me, che rappresento Eni e i suoi circa 3 mila dipendenti e un centinaio di società in giro per il mondo è un onore poter dire che è estranea a qualsiasi illecito penale e amministrativo. Ci sono voluti tre anni, impegni, confronti anche duri, ma l'esito è un esito che possiamo considerare una garanzia di giustizia equilibrata per tutti i cittadini di questo Paese». Soddisfazione per la sentenza è arrivata anche da parte di Ettore Rosato, presidente di Italia Viva e vicepresidente della Camera: «È una buona notizia, di cui non dubitavo. Lo è non solo per i diretti interessati ma anche per l'azienda e per l'Italia che grazie alla presenza internazionale di ENI svolge un ruolo importante in molti Paesi nel mondo. Naturalmente non credo che con l'assoluzione arriveranno le scuse dei giustizialisti di professione che avevano già emesso sentenze di condanna a nome del popolo dei loro follower». Tuttavia le assoluzioni arrivate ieri e appartenenti al filone principale dell'inchiesta vanno a stridere con la condanna che nel settembre 2018 con rito abbreviato venne inflitta dal gup al coimputato intermediario Emeka Obi e al suo socio Gianluca Di Nardo, partner d’affari di Bisignani.

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