Di Matteo e 5S all'attacco della Consulta

 di Angela Stella Il Riformista 24 marzo 2021

Arriverà forse oggi la decisione della Corte Costituzionale in merito all'ergastolo ostativo. Ma è già polemica e anche molto aspra. A finire sotto attacco è stata la posizione assunta dall'Avvocatura dello Stato che, pur chiedendo di non dichiarare l'incostituzionalità della norma che vieta la liberazione condizionale per l'ergastolano ostativo che non può o non vuole collaborare, allo stesso tempo ha prospettato la possibilità di «far decantare ogni forma di automatismo», assicurando al giudice di sorveglianza la possibilità di «verificare le ragioni di quella mancata collaborazione che è condizione per ottenere il beneficio». Ciò non è piaciuto ai deputati del Movimento Cinque Stelle in commissione Giustizia: «il cambio di orientamento dell'Avvocatura dello Stato in merito alla questione dell'ergastolo ostativo è grave e incomprensibile. È quantomeno inusuale che durante l'udienza pubblica di oggi (ieri, ndr) alla Consulta proprio dall'Avvocatura, che in teoria dovrebbe difendere le leggi vigenti in materia, sia arrivata un'apertura alla liberazione condizionale per i condannati all'ergastolo ostativo, anche in assenza di collaborazione con la giustizia». A lanciare un allarme è stato anche il consigliere del Csm Nino Di Matteo: «Poco alla volta, nel silenzio generale, si stanno realizzando alcuni degli obiettivi principali della campagna stragista del 1992-1994 con lo smantellamento del sistema complessivo di contrasto alle organizzazioni mafiose ideato e voluto da Giovanni Falcone». Gli ha fatto eco il pm di Napoli Catello Maresca: «Qui non si tratta di garantismo o di forcaiolismo, si tratta di buttare a mare anni di contrasto al crimine organizzato peraltro in un momento particolarmente delicato». Tornando alla discussione di ieri, la Consulta è stata chiamata a valutare l’illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario in riferimento agli articoli 3, 27 e 117 della Costituzione.  A sollevare il dubbio di legittimità costituzionale era stata la Corte di Cassazione con una ordinanza del 3 giugno 2020. Il relatore Giuseppe Santalucia aveva scritto: «L'esistenza di preclusioni assolute all'accesso alla liberazione condizionale si risolve in un trattamento inumano e degradante, soprattutto ove si evidenzino progressi del condannato verso la risocializzazione; e ciò perché, in tal modo, il detenuto viene privato del diritto alla speranza». Il caso riguarda Salvatore Pezzino, all'ergastolo dal 1999, per un reato incluso nella categoria di quelli ostativi alla concessione di benefici penitenziari. La sua richiesta di accesso alla liberazione condizionale era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di sorveglianza de L’ Aquila. Contro tale ordinanza l'avvocato di Pezzino, Giovanna Beatrice Araniti, aveva proposto ricorso in Cassazione: «Non si può mai rinunciare alla funzione rieducativa della pena - ha detto il legale ieri in udienza - Non è possibile pensare di buttare la chiave per alcune tipologie di detenuti. Farlo sarebbe una resa dello Stato». Negare questa possibilità a Pezzino e agli altri condannati all'ergastolo ostativo significa «etichettare questa categoria dei detenuti come non risocializzabili. Il cambiamento di un condannato non può essere misurato con la collaborazione con la giustizia, che nemmeno garantisce il sicuro ravvedimento», ha detto Araniti, richiamando i casi dei «collaboratori di giustizia blasonati» che dopo aver fatto i nomi dei loro sodali sono tornati a delinquere. La Consulta avrà oggi la giusta serenità per decidere?


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