Quei politici e giornalisti mendicanti di consenso

di Angela Di Primio Il Riformista 9 luglio 2020
Si è aperto ieri il processo di appello bis nei confronti di Antonio Ciontoli e famiglia per la morte di Marco Vannini: un colpo fatale, sparato per sbaglio dal capofamiglia, trafisse il braccio del giovane che era a casa dei genitori della fidanzata. Quel proiettile raggiunse il cuore e dopo tre ore il ragazzo morì. La Cassazione il 7 febbraio ha annullato la decisione della Corte di Appello che aveva condannato Antonio Ciontoli a 5 anni per omicidio colposo con l'aggravante della colpa coscienza, e la moglie e i figli per omicidio colposo. Tutto da rifare: ieri vi è stata la discussione delle parti sulla ammissione di nuove prove; accolta la sola richiesta della difesa dei Ciontoli - gli avvocati Andrea Miroli, Pietro Messina, Domenico Ciruzzi - che hanno chiesto di sentire come teste Viola Giorgini, fidanzata di Federico. Si riparte il 9 settembre, sentenza attesa per il 23 dello stesso mese. In aula proprio Federico ha letto una lunga dichiarazione spontanea in cui tra l'altro ha voluto precisare che "mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c'era nessuna ragione per non farlo" e ha aggiunto: "per tre interminabili anni sono uscito ogni giorno da casa per andare al lavoro e ho camminato perseguitato dall'immagine di qualcuno che potesse venire a spararmi in testa spinto da quello che si diceva di me in televisione". Parole dure, crediamo sincere al di là delle sue responsabilità penali perché questo caso è uno dei più mediatici della storia; ed su questo punto che vogliamo soffermarci attraverso una memoria depositata dalla difesa e gentilmente fornitaci dall'avvocato Ciruzzi, che conosciamo dai tempi del processo Tortora, e che riguarda il processo parallelo: "per i difensori - si legge - è difficile orientarsi tra ciò che emerso nel processo e ciò che è stato veicolato senza alcun filtro dai media" e ripreso violentemente dai social. Tanto è vero che la famiglia Ciontoli ha subito minacce di morte, qualcuno ha augurato al pater familias che suo figlia venisse sciolta nell'acido, e molto altro: sono stati costretti a trasferirsi molto lontano dalla casa dove abitavano. Tutto originato da "uno show creato ad arte - ci dice Ciruzzi -  attraverso fantasiose ricostruzioni e presunte prove che non hanno mai trovato ingresso nel processo". L'atteggiamento dei media - prosegue la memoria - è stato per la maggior parte improntato "ad una logica di tifo da stadio. Basti pensare che ogni qual volta la difesa ha preso la parola, taluni 'agitatori' televisivi hanno abbandonato platealmente l'aula": noi c'eravamo e possiamo dire che è vero. Colleghi a braccetto con le parti civili e solidali, come se il loro compito non fosse quello di raccontare ma di schierarsi, svilendo il diritto di difesa costituzionalmente garantito.  "Il circolo mediatico ha poi attirato - continua Ciruzzi - l'attenzione di politici ed ex ministri 'mendicanti del consenso". L'ex Ministra Trenta era infatti in prima fila all'udienza in Cassazione, Salvini fece un tweet di fuoco contro la sentenza non gradita al Tribunale dei social, e il Ministro Bonafede ha incontrato a Via Arenula la famiglia di Marco Vannini. Tutto questo è opportuno? Crediamo di no, perché i processi si fanno nelle aule e i magistrati non devono subire pressioni politiche. 

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