"Il giudice ha il dovere di distaccarsi dalle sue posizioni politiche"

di Angela Stella Il Riformista 8 luglio 2020

In questa intervista Cesare Mirabelli, giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale, esalta il ruolo dell'avvocatura, critica l'influenza delle correnti sulle decisioni del Csm e aspira ad un Ministro della Giustizia  con lo spessore di Giuliano Vassalli.
Quanto è grave la crisi della magistratura?
Parlerei piuttosto di crisi del sistema giustizia: crisi della durata dei processi civili e penali, crisi dell'organizzazione giudiziaria e crisi anche della magistratura per quanto concerne le recenti vicende del Csm. La magistratura deve recuperare autorevolezza e credibilità.
Secondo Lei le correnti andrebbero sciolte?
Sono correnti dell'Anm, ossia di una associazione privata, di antichissima data. Ricadono nell'ambito della garanzia della libertà di associazione. Occorre però che le correnti non esprimano il dominio nelle e sulle istituzioni, cioè sul Csm. Possono essere un luogo di dibattito ma il Cms è un organismo istituzionale di rilevanza costituzionale e dovrà essere eventualmente il sistema elettorale a ridurre l'impatto delle correnti oltre che un cambiamento complessivo di costume.
Per la riforma del Csm si è parlato di molte possibilità: sorteggio, sistema misto. Che ne pensa?
La Costituzione prevede che siano eletti i componenti. Tuttavia i meccanismi elettorali possono essere molto vari e tali da ridurre il peso che hanno i centri organizzati del consenso sulla elezione. Se non ricordo male per i quattro posti riservati ai pm alle elezioni sono state presentate quattro candidature: significa non eleggere ma nominare.
A proposito di pm, secondo uno studio dell'Ucpi in Italia ci sono circa 250 ricorsi al Tar da parte di magistrati contro le nomine fatte dal Csm. C'è qualcosa che non va.
I ricorsi al giudice amministrativo per le nomine deliberate dal Csm riguardano non solamente i posti di procura ma tutti gli uffici direttivi. Le promozioni manifestano una legittima aspirazione alla carriera  ma sono effettuate con metodi che come abbiamo visto recentemente trovano una forte influenza da parte delle correnti. Ciò non significa che non siano adeguatamente qualificati ma che c'è un vantaggio per gli appartenenti alle correnti.
Le procure però non hanno troppo potere e per questo i magistrati si fanno la guerra per ambire a certi posti, come successo nello scandalo Palamara?
È vero che ci sono effetti politici della iniziativa penale che anticipano addirittura il contenuto delle sentenze. Lo stesso accade negli organi di informazione, con la pubblicazione di atti e di intercettazioni. Tutto ciò ha un effetto di condanna e di incisione sulla credibilità delle persone che hanno un ruolo pubblico prima che ci sia una verifica giudiziaria. Ma è anche vero che la politica a volte utilizza queste situazioni, avendo interesse ad usare come strumento di lotta politica le iniziative penali o le sentenze ancora non definitive.
A fine luglio si discuterà alla Camera della proposta di legge sulla separazione delle carriere dell'Ucpi. Che ne pensa?
Saremmo con una magistratura non solo distinta in giudicante e requirente ma anche con distinzione di ruoli e di accessi e di governo, con due Consigli Superiori distinti. Invito dunque ad una riflessione: nel contesto attuale gli uffici del pubblico ministero e le procure diventerebbero così una corporazione ancora più potente di quanto non lo siano oggi? Salvo che non ci sia un controllo politico sulla iniziativa penale ma in quel caso cambierebbe profondamente il sistema.
Il past presidente dell'Ucpi Beniamino Migliucci ha ribadito come sia "solo una leggenda metropolitana che con questa riforma il pm vada sotto il controllo dell'esecutivo".
Bisogna stare molto attenti su questo, affinché il risultato che si ottiene non sia quello non voluto, ossia rafforzare la corporazione dei pubblici ministeri, anziché indebolirla. Quello che bisogna rafforzare molto è l'elemento del giudizio, cioè ogni iniziativa del pm deve essere rapidamente sottoposta al vaglio di un giudice imparziale e nella parità di posizioni tra accusa e difesa, tra procura e avvocatura. Senza avvocatura e senza difesa non c'è giurisdizione.
Secondo Lei quando un magistrato giudica c'è il rischio che talvolta venga influenzato dalle sue idee politiche?
La Costituzione dice che i magistrati sono sottoposti soltanto alla legge. Perciò devono interpretare e applicare la legge. Il giudice ha il dovere di distaccarsi dalle sue posizioni politiche, non può decidere in base a simpatie o antipatie.
Nel caso Berlusconi che abbiamo sollevato un tribunale civile ha 'ribaltato' una decisione della Cassazione. Come può esserci una giurisprudenza così non uniforme?
Non conosco il contenuto delle due sentenze, quindi mi è difficile esprimermi. In generale, uno dei difetti del sistema giustizia è proprio quello della scarsa prevedibilità delle decisioni giudiziarie. Ciò ha anche degli effetti nel mondo economico e della iniziativa imprenditoriale. Se esiste una incertezza della interpretazione delle norme, ciò diviene o una dissuasione alle iniziative di investimento o un rischio rispetto al quale mi devo assicurare in qualche modo.  La giurisdizione ha le sue responsabilità ma anche il legislatore è responsabile del disordine normativo.
Prima Diego Marmo verso Tortora, poi Amedeo Franco con Berlusconi.  Può esserci in un magistrato del turbamento?
Distinguerei due aspetti: chiunque giudica, non solo un magistrato, ha permanentemente una sofferenza del giudizio; è reale che si abbiano dei dubbi sulla correttezza delle decisione presa, soprattutto quando si tratta di valutazione delle prove e non solamente di interpretazione delle norme. Il rischio dell'errore c'è sempre e l'ordinamento per questo si preoccupa di far porre riparo agli errori giudiziari o prevede l'istituto della revisione. Detto questo, diverso è se è professionalmente adeguata la condotta dei giudici che vanno a cercare le persone nei cui confronti hanno emesso il giudizio per esprimere il proprio rammarico o per autodenunciarsi. Questo può avere qualche elemento di singolarità.
Il neo-ministro della Giustizia francese è Eric Dupond-Moretti, conosciuto per il record di assoluzioni. Questa scelta ha suscitato molte polemiche. Anche qui da noi c'è un Ministro della giustizia che di professione faceva l'avvocato.
Non esprimo un giudizio su un Ministro in carica. Se dovessi pensare ad un avvocato e giurista come Ministro della Giustizia farei il nome di Giuliano Vassalli: penalista illustre, vero avvocato non marginalmente impegnato nella professione, con un certo spessore: rinchiuso nel carcere nazista di via Tasso, rischiò di essere portato alle fosse Ardeatine. Ha operato insieme a Pisapia padre per un nuovo codice di procedura penale che valorizzasse la posizione della difesa. Ripeto: l'avvocatura è a pieno titolo un elemento della giurisdizione. Non bisogna vedere la magistratura come potere e l'avvocatura come funzione ancillare. Quindi che sia un avvocato il Ministro della Giustizia non dovrebbe suscitare perplessità come sta accadendo in Francia.
La Corte Costituzionale si è aperta all'esterno con diverse iniziative: il Viaggio nelle scuole e nelle carceri, da poco i podcast. Cosa ne pensa di questa operazione di comunicazione?
Ogni strumento di diffusione della conoscenza della Costituzione che consenta ai cittadini di essere partecipi dello spirito costituzionale e di difendere la Costituzione è positivo. 

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