L'accusa di Cassese: le Procure rovina della magistratura
di Angela Stella Il Riformista 20 giugno 2020
Il professor Sabino Cassese, giudice emerito della
Corte Costituzionale, non si sbilancia sulla recentissima nomina di Raffaele
Cantone a capo della Procura di Perugia, critica chi ha già condannato Palamara
prima di una sentenza, e ritiene ineludibile una riforma del Csm, bocciando la
soluzione del sorteggio. Non risparmia giudizi severi nei confronti delle
Procure della Repubblica, ormai diventate un quarto potere
dello Stato.
Professor
Cassese, il Presidente Sergio Mattarella ha usato parole molto forti nei
confronti dello scandalo che ha investito il Csm. Qual è il suo parere in
merito al discorso del Capo dello Stato?
Valutazione
severa ed equilibrata. Giudizi pertinenti. Suggerimenti (impliciti)
condivisibili. Occorre che CSM stesso e Parlamento diano un seguito alle parole
del Presidente.
Il
Presidente è anche tornato sui limiti dei poteri del Capo dello Stato: i
partiti hanno il potere di modificare l'attuale sistema del CSM nella due
Camere. Cosa ne pensa?
Il
Parlamento può, anzi deve modificare l’attuale assetto legislativo del CSM, non
la struttura e i compiti definiti dalla Costituzione, che ha configurato il CSM
come uno scudo per assicurare che, attraverso l’amministrazione delle carriere
dei magistrati, il governo non potesse influenzare l’esercizio della funzione
giudicante. Purtroppo, su questa base è poi invalsa nella pratica e nell’uso
linguistico l’idea che il CSM sia “organo di autogoverno” della magistratura,
come se questa fosse un corpo che si autoamministra.
Ritiene condivisibile procedere per sorteggio per la nomina dei
componenti del CSM?
Il
sorteggio è stato sperimentato al posto della elezione politica, ma con poco
successo, in epoche e luoghi diversi (Atene, Venezia) e considerato negli Stati
Uniti, alla fine del ‘700. Ma sempre in luogo delle elezioni politiche.
Applicarlo a un organo tecnico come il CSM sarebbe un errore, perché lì vanno
scelte persone in relazione a specifiche capacità, non a caso. Tra il meccanismo
odierno, nelle mani delle correnti, e il sorteggio, vi sono molte soluzioni
migliori, come quella di cambiare il sistema elettorale, in modo che il voto
venga dato sulla persona, non sul rappresentante della corrente. Se non erro,
vi è una proposta in tal senso presentata in Parlamento da Stefano Ceccanti,
che è anche un serio studioso di diritto pubblico. Né si può vietare l’organizzazione
in correnti, perché va rispettato il diritto di associazione e perché le
correnti hanno in passato svolto un utile ruolo culturale.
È giusto
pensare che alcune procure abbiano un eccessivo potere?
Le
procure sono diventate un potere indipendente dalla stessa magistratura, un
quarto potere dello Stato, grazie al compito che si sono arrogate di “naming e
shaming”, cioè di additare al pubblico ludibrio. Un attento esame compiuto da un magistrato, qualche tempo fa
mise in luce che solo un numero molto limitato delle accuse si rivelavano
fondate. Ma intano, rese pubbliche, avevano già “condannato” gli accusati.
Oggi il
dottor Luca Palamara sarà sentito dall'Anm e cercherà di scongiurare la
sua espulsione. Secondo Lei è il capro espiatorio di un sistema che oggi si
sente ricattato da quanto potrebbe rivelare?
Non
so risponderle e penso che anche il
dottor Palamara abbia diritto di non essere condannato dalla opinione pubblica
con quel meccanismo che ho appena criticato.
Secondo Lei la separazione delle carriere tra giudici e pubblici
ministeri, con due CSM distinti e separati, potrebbe essere una soluzione alla
degenerazione all'interno della magistratura?
Penso
che, giunti a questo punto, sia semplicemente la codificazione di una
situazione di fatto, essendosi tanto distaccati poteri, “modus operandi”, stile
dei due corpi. Le procure sono il luogo nel quale è nata la politicizzazione
endogena della magistratura. Basti vedere da quale esperienza provengono i
magistrati che sono “entrati in politica” o che si esprimono più spesso sui
mezzi di comunicazione. Non penso che i magistrati debbano esser degli
“stiliti”, quei monaci anacoreti che vivevano su una piattaforma in cima a una
colonna. E non penso che i magistrati debbano “parlare solo con le sentenze”. La
società ha bisogno dell’opinione anche dei magistrati. Ma c’è un problema di
misura, di temi che vanno evitati, di sovraesposizione. In tutto questo il CSM
stesso è stato molto carente. Così come è stato carente nel definire i criteri
della scelta dei titolari degli uffici direttivi. Tra applicare la sola regola
dell’anzianità e lasciare che dominino le correnti, ci sono molte soluzioni
intermedie, come quella di udire i candidati, di “misurare” e valutare la loro
pregressa attività, di acquisire opinioni degli uffici giudiziari.
Come
giudica la nomina del dottor Cantone al vertice della Procura di Perugia?
Ricordo che quando Raffaele Cantone ricopriva il ruolo di Zar
dell'Anticorruzione il suo giudizio sull'operato dell'ANAC fu molto spesso
negativo.
Ho
più volte espresso un giudizio negativo sull’Anac e sulla sua guida, perché
ritengo che abbia spaventato i dipendenti pubblici e rallentato l’azione amministrativa,
senza tuttavia ridurre la corruzione. Ma non ho elementi per giudicare la bontà
della scelta fatta dal CSM, non conosco la “performance” dell’attività svolta
dal dottor Cantone quale magistrato, e non conosco neppure quella del suo
concorrente. Finirei per giudicare - in modo parziale - solo sulla base della
mia grande stima e simpatia personale per il dottor Cantone.
Il
Ministro della Giustizia Bonafede è in grande difficoltà dopo le accuse che gli
ha lanciato contro il dottor Antonino Di Matteo dal salotto di Giletti prima e
in commissione antimafia poi per la questione relativa al vertice del Dap. Qual
è il suo giudizio su questo?
Che
alla base ci sia un’altra anomalia istituzionale. I magistrati fanno parte
dell’ordine giudiziario, che è uno dei poteri dello Stato. Perché occupano il
Ministero della giustizia, che è parte di un diverso potere dello Stato, quello
esecutivo? Pongo questa domanda perché la vicenda alla quale fa riferimento è
la prova della contraddizione che ne deriva: i magistrati che siedono ai
vertici del Ministero debbono eseguire le direttive del ministro, come tutti i
funzionari, oppure operare in maniera indipendente, come hanno titolo di fare
per il loro “status” di magistrati? Negli studi che ho fatto, alcuni anni fa,
sulla storia dello Stato, ho mostrato come questo connubio è nato e perché oggi
non ha ragion d’essere.
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