Prescrizione e giudizio abbreviato: la Consultà dà ragione ai giustizialisti

 di Angela Stella Il Riformista 19 novembre 2020

 

Ieri la Consulta ha ritenuto infondate sia le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito alla norma che prevede la retroattività della sospensione dei termini della prescrizione introdotta durante l’emergenza sanitaria, sia quelle relative alla norma che prevede l’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Le sentenze saranno depositate tra qualche settimana. Sul primo punto le questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate da diversi Tribunali (Siena, Spoleto, Crotone e Roma). Le disposizioni di legge censurate  - D.L. 17 marzo 2020, n.18 e nel D.L. 8 aprile 2020 -  prevedono tra l’altro di sospendere il decorso della prescrizione anche per i reati commessi prima dell’entrata in vigore delle norme stesse. Secondo i giudici remittenti le leggi ieri al vaglio costituzionale avrebbero comportato “un aggravamento del regime di punibilità, in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole”. Detto in parole più semplici: non si sarebbe dovuto rendere retroattiva una legge che va a sfavore del reo. In questo procedimento (relatore Nicolò Zanon) era stato ammesso anche un amicus curiae redatto dall’Osservatorio Corte Costituzionale dell’Ucpi, il cui responsabile, il professore avvocato Vittorio Manes, ci aveva detto: “le garanzie di uno Stato di Diritto devono valere soprattutto nei momenti di emergenza". Per i giudici costituzionali invece non è così. In merito alla seconda questione (relatore Francesco Viganò), la legge 12 aprile 2019 n. 33  vieta di accedere al giudizio abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo. Secondo un giudice dell’udienza preliminare di La Spezia, di un G.U.P. di Piacenza e della Corte d’assise di Napoli tale legge avrebbe avuto profili di incostituzionalità per vari motivi: contrasterebbe, anzitutto, con i principi di uguaglianza e ragionevolezza;  inciderebbe sull’amministrazione della giustizia, dando luogo a processi di durata non ragionevole, in contrasto con il principio sancito dall’articolo 111, secondo comma, della Costituzione; andrebbe a ledere il principio di presunzione di non colpevolezza e il principio della ragionevole durata del processo, "precludendo all’imputato di poter contare su una procedura più snella e celere rispetto a quella dibattimentale per giungere all’accertamento della sua eventuale responsabilità, ma anche al suo proscioglimento”. Anche in questo caso i giudici costituzionali non sono stati d'accordo. Nelle ultime due settimane dunque la Corte Costituzionale ha salvato e porto la stampella a tre decreti fortemente voluti dalla Lega di Matteo Salvini e dal  Movimento 5 Stelle di Alfonso Bonafede: a questi due provvedimenti infatti si aggiunge la bocciatura delle questioni di legittimità sollevate sul decreto anti-scarcerazioni. Molti nelle retrovie si stanno già chiedendo se queste decisioni  - di certo non garantiste -  possano dipendere dal fatto che a presiedere la Consulta non ci sia più Marta Cartabia. Noi per adesso restiamo in attesa delle sentenze. 

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