Il Coa di Napoli: basta polemiche sulla mail per il tracciamento

 di Valentina Stella Il Dubbio 24 novembre 2020

Non si placano le polemiche a seguito della decisione della Procura generale e della presidenza della Corte d’appello di Napoli di prevedere che gli accessi ai palazzi di giustizia siano preceduti da una mail. La novità era stata adottata a seguito dell’incontro dello scorso 16 novembre tra il procuratore Giovanni Melillo, le presidenti del Tribunale, Elisabetta Garzo, e della Sorveglianza, Adriana Pangia, il presidente del Coa di Napoli Antonio Tafuri e il vertice della Camera penale Ermanno Carnevale. In un primo momento il provvedimento ha spaccato il fronte dell’avvocatura, in particolare quello dei penalisti, proprio alla vigilia delle elezioni del rinnovo della Camera penale locale. L’avvocato Gaetano Balice, segretario dimissionario che sfiderà l’attuale presidente, ha lanciato subito un appello per l’abolizione del nuovo regolamento: «La misura è colma - ha detto - il provvedimento incide sui già ridotti margini di operatività professionale». Anche il terzo candidato

alla Camera penale, Marco Campora, si è espresso in maniera critica: «È evidentemente inutile e senza alcun effetto. È noto, peraltro, che il tracciamento è ormai saltato da mesi». Immediata la replica del presidente Carnevale, che dopo aver interloquito con gli uffici giudiziari è riuscito a ottenere una mitigazione della misura: non più obbligo della mail, basterà «esibire il tesserino e strisciare sul badge». Ieri però paradossalmente è giunta la bocciatura del nuovo provvedimento anche da parte dell’Anm, che con un documento fa sapere: «L’elevatissimo numero di persone coinvolte, la vastità dei luoghi interessati, l’impossibilità di fornire una dettagliata descrizione dei luoghi ove si sarebbe soggiornato ( ivi compresi i luoghi di mero transito e di occasionale sosta ovvero i luoghi cui si sarebbe fatto accesso per evenienze sopravvenute) non consentono una reale efficacia preventiva della misura, da ciò il suo tradursi in un, pur modesto, appesantimento di carattere burocratico, privo di concreto ritorno in termini di rafforzata tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro».

Non è chiaro se dietro la critica si nasconda il disappunto per l'ipotesi che a doversi fare carico del tracciamento possano essere le segreterie degli uffici giudiziari. Più concreta è la possibilità che i magistrati - come ci spiega il presidente degli avvocati napoletani, Antonio Tafuri - «si siano

sentiti svantaggiati rispetto agli avvocati perché loro non hanno il tesserino magnetico da poter esibire».

Appare comunque assai difficile trovare una formula in grado di mettere d'accordo tutti e bilanciare la sicurezza sanitaria con l’esercizio dell’attività professionale. Non nasconde per questo il suo dispiacere Tafuri: «Sono molto amareggiato per tutte queste polemiche. Si tratta di un provvedimento che fa appello al buonsenso e alla responsabilità di ognuno di noi. È evidente che l’accesso al Palazzo di giustizia non può essere negato a un avvocato, a un magistrato e ai dipendenti che debbono entrare per motivi di lavoro. Si tratta di una misura per trovare una soluzione più veloce possibile negli eventuali casi di positività che dovessero essere scoperti. Non è una misura liberticida, come ho sentito obiettare, con la quale si violano privacy e riservatezza di avvocati e magistrati, né di schedatura: è un progetto finalizzato alla tutela della salute degli operatori di giustizia e dei loro familiari».

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