Dislessia, intervenire subito per evitare danni peggiori

di Valentina Stella Il nuovo corriere di Roma e del Lazio (martedì 9 ottobre)


Si è appena conclusa la Settimana Nazionale della Dislessia, organizzata per l’Italia dall'A.I.D. (Associazione Italiana Dislessia)  in contemporanea con la European Dyslexia Awareness Week. La dislessia fa parte dei Dsa, i disturbi specifici dell’apprendimento, che riguardano la capacità di leggere, di scrivere e di calcolare in modo corretto e fluente e che si manifestano con l'inizio della scolarizzazione. A darne una prima descrizione fu un medico inglese alla fine dell’Ottocento, Pringle Morgan. In un articolo pubblicato nel 1896 sul British Medical Journal raccontò il caso di un ragazzino di 14 anni: “è sempre stato intelligente e brillante, veloce nei giochi e in nessun modo inferiore ad altri bambini della sua età. La sua grande difficoltà è stata ed è ancora oggi l’incapacità di imparare a leggere”. In Italia, secondo gli ultimi dati resi disponibili dal Ministero dell’Istruzione, inerenti l’anno scolastico 2016-2017, sono complessivamente 254.614 gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento (pari al 2,9% del totale). Tra questi la dislessia è il disturbo più diffuso con il 42,5% (pari a 139.620 alunni), anche se più disturbi possono coesistere in una stessa persona. Seguono la disortografia (20,8%), la discalculia (19,3%) e la disgrafia (17,4%). Per approfondire la tematica abbiamo sentito la dottoressa Nicoletta Aliberti, neuropsichiatra infantile, responsabile  della Neuropsichiatria Infantile del Gruppo INI, Istituto Neurotraumatologico Italiano: “la diagnosi tardiva e la conseguente cronicizzazione dei disturbi di apprendimento sono fattori predisponenti al rischio di rifiuto e abbandono scolastico e insorgenza di disturbi d’ansia e depressivi. Fondamentale è la tempestività del trattamento riabilitativo e il precoce utilizzo delle strategie adeguate all’apprendimento”. Infatti, come spiega una nota dell’INI, nei soggetti con disturbi specifici di apprendimento vi è un rischio di sviluppare depressione tre volte maggiore rispetto alla popolazione generale e nel 50-70% dei bambini con depressione si osservano questi disturbi. Inoltre, la prevalenza di sentimenti d’ansia e di paura per i rimproveri è significativamente più alta in bambini fra 8 e 11 anni con Dsa rispetto ai coetanei e può rappresentare terreno fertile per la comparsa di rifiuto e fobia scolastica. Ma come riconoscere un Dsa? “Tutti i Dsa – spiega la dottoressa Aliberti -  possono presentarsi associati a disturbi dell’umore, del comportamento e dell’attenzione in presenza di un’intelligenza nella norma o superiore. Segnali di allarme sono un livello di apprendimento inferiore a quello atteso rispetto ai bambini della stessa età mentale, in assenza di disabilità di altra natura, soprattutto in presenza di fattori di rischio predisponenti quali la familiarità. Fondamentale è quindi la diagnosi precoce e un’attenta e costante azione di prevenzione, garantita dalla formazione degli insegnanti ai fini della rilevazione dei segnali di rischio”. Cosa deve fare un genitore che ha il sospetto che suo figlio possa avere un tale tipo di disturbo? “La prima e unica cosa è rivolgersi ai servizi di neuropsichiatria infantile, per valutare se si è in presenza di ritardi maturativi o di un problema che necessita di un intervento di riabilitazione”. Un ruolo importante per affrontare tempestivamente e consapevolmente la situazione lo rivestono sicuramente i docenti: “formazione degli insegnanti, strategie didattiche personalizzate e la costruzione di un dialogo efficace con la famiglia, sono i mezzi necessari per garantire un apprendimento efficace e allineato con il potenziale cognitivo del bambino con Dsa - prosegue ancora l’esperta -. Inoltre è fondamentale il coinvolgimento attivo e consapevole del bambino anche sulla gestione dei compiti. Il primo a rendersi conto delle difficoltà ad apprendere è proprio lui: il piccolo attribuisce a se stesso la responsabilità dell’insuccesso scolastico e può attivare sfiducia nelle proprie capacità”.  Quando si parla di Dsa bisogna fare attenzione a non considerarli una malattia; chiediamo comunque alla dottoressa Aliberti se da questi tipi di disturbi si può ‘guarire’. “Chi soffre di dislessia ha caratteristiche neurobiologiche peculiari e specifiche. La medicina non può operare sul sistema nervoso di chi ha questi Dsa. Quello che possiamo fare è evitare che si possano avere degli effetti sull’apprendimento. Quindi il nostro obiettivo è quello di far acquisire strategie e fornire strumenti che permettano a questi bambini di studiare e apprendere. Ricordiamoci che hanno un elevato grado di intelligenza”. La dottoressa riceve nelle seguenti sedi del Gruppo INI: Villa Dante, Villa Alba - Fonte Nuova, Veroli, Via Orlando  - e Grottaferrata (per maggiore info www.gruppoini.it).

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