Il caso Pompa alla Consulta

 Valentina Stella Dubbio 6 maggio 2023

La Corte, «visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge 87 del 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 27 comma 1 e 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 577 comma 3 del codice penale nella parte in cui impedisce il giudizio di prevalenza ai sensi dell’articolo 69 codice penale delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante della provocazione rispetto alla circostanza aggravante prevista per il delitto di omicidio volontario in relazione al fatto commesso contro l’ascendente dall’articolo 577 comma 1 numero 1 del codice penale. Sospende il giudizio fino all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale. […] L’udienza è tolta»: questa l’ordinanza letta due giorni fa dalla presidente della Corte di Assise d’Appello di Torino attraverso la quale passa la palla alla Corte Costituzionale riguardo al caso di Alex Pompa, il 22enne che il 30 aprile 2020, a Collegno (Torino), uccise con 34 coltellate il padre nel corso dell'ennesima lite di quest'ultimo con la madre. I giudici della Corte hanno dunque sollevato una questione di legittimità della norma, introdotta dal cosiddetto 'Codice Rosso', che in questi casi (omicidio aggravato dal vincolo di parentela) vieta di poter dichiarare la prevalenza di alcune attenuanti e quindi di poter applicare uno sconto di pena. In primo grado il ragazzo, appena maggiorenne al momento della tragedia, era stato assolto perché «il fatto non costituisce reato», agì per legittima difesa. Secondo i giudici aveva dovuto scegliere «se vivere o morire».  Come ci spiega il suo legale, Claudio Strata, «siamo stati noi a chiedere che venisse sollevata la questione di legittimità costituzionale». Ovviamente la richiesta era in subordine rispetto a quella di conferma della sentenza di primo grado. Tecnicamente, ci spiega l’avvocato, «la riforma del 2019, il cosiddetto Codice Rosso, non solo ha inasprito le pene per gli autori di reati commessi in contesti familiari ma ha altresì inserito nel codice penale una norma che impedisce di considerare prevalenti talune attenuanti sull’aggravante del vincolo di parentela, per evitare l’applicazione di pene poco severe nei casi di violenza endofamiliare». «La Corte – ci spiega ancora Strata – ha escluso la legittima difesa, manifestando l’intenzione di voler riformare così la decisione del primo grado e accogliendo la tesi dell'accusa; tuttavia ha riconosciuto che Alex, a causa del gravissimo contesto familiare in cui ha vissuto per anni con un padre violento, meritasse le attenuanti generiche e quella della provocazione. Ogni attenuante dovrebbe fornire la possibilità di ridurre la pena di un terzo. Però in questo caso – ribadisce Strata – in virtù della riforma del 2019, esse possono essere riconosciute solo come equivalenti, e non come prevalenti, alle aggravanti». Questa situazione «a nostro parere, genera una disparità di trattamento perché Alex verrebbe condannato alla stessa pena di uno che non merita le attenuanti. La Corte ha dunque accolto questa nostra lettura della norma e ha investito la Consulta della questione». Anche il pubblico ministero si è detto favorevole a sollevare il dubbio. Comunque aveva chiesto 14 anni, la pena minima possibile per un omicidio volontario, considerata altresì la semi infermità mentale del ragazzo accertata da una perizia psichiatrica. Ma allo stesso tempo «anch’egli si è reso conto che Alex ha subìto violenze fin da piccolo e ha passato la vita a difendere la madre e il fratello». La Corte, in sintesi,  «ha sospeso la Camera di Consiglio, escludendo la legittima difesa, quindi ritenendo di dover condannare Alex. Però nel momento in cui avrebbe dovuto quantificare la pena ha rimesso gli atti ai giudici costituzionali». I possibili due scenari: qualora la Consulta ritenesse incostituzionale quella parte della norma, per Alex le attenuanti sarebbero riconosciute prevalenti sulle aggravanti e quindi potrebbe essere condannato a 7 o 8 anni di reclusione. Se invece rigettasse la questione di incostituzionalità verrebbe condannato a 14 anni di carcere. In ogni modo, in entrambe le ipotesi, Alex dovrebbe entrare in carcere. Proprio per questo l’avvocato Strata preannuncia il ricorso successivo in Cassazione. «A causa di un padre violento non ho potuto vivere la mia adolescenza. Se ora passerò la mia vita in carcere, potrò dire di aver veramente vissuto?»: con questo interrogativo, in un biglietto consegnato nel 2020 all’Avvocato Strata, quest’ultimo aveva chiuso la sua arringa in aula.

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