Intervista a Tullio Padovani

 Angela Stella Unità 18 maggio 2023

Il professore avvocato Tullio Padovani, Accademico dei Lincei, ha assistito, con il prof. avv. Francesco Centonze, Marcello Dell’Utri nel processo sulla Trattativa Stato Mafia. Inoltre è un acuto osservatore delle dinamiche di politica giudiziaria. Ecco la nostra lunga chiacchierata.

Antonio Ingroia commentando la decisione della Cassazione su Trattativa (che non fu) ha detto “Lo Stato assolve se stesso”. Come commenta?

Questa dichiarazione mi ha profondamente sconcertato. Ad intenderla per quel che essa dice si dovrebbe scomporre il ragionamento in queste proposizioni: la Cassazione impersona lo Stato, una entità indifferenziata che si può frazionare, in una serie di frattali,  ciascuno dei quali riproduce l’insieme. Ora, siccome la Trattativa avrebbe coinvolto lo Stato nel suo insieme, un frattale dello Stato, che è la Cassazione, decide di assolvere dalla colpa che è stata denunciata e perseguita. In sostanza lo Stato 'criminale' assume il potere di assolversi. Ma come possono dire certe cose? Addirittura come si possono pensare? Evidentemente bisogna essere all’altezza del dott. Ingroia per pensarle e per dirle.

In un colloquio con il Foglio il Ministro Nordio ha detto: “è ovvio che il Nordio editorialista non potrà mai essere uguale al Nordio ministro. Ma fidatevi: non vi deluderemo”. Secondo lei in questi ultimi mesi chi ha prevalso?

È difficile esprimere un giudizio su un Ministro che opera solo da pochi mesi. Teniamo conto che è la prima volta che Nordio è Ministro e deve prima conoscere bene la macchina complessa del Ministero che deve governare, e che io conosco almeno in parte, avendo collaborato da consulente esterno per 25 anni: non è cosa semplice. Tuttavia, qualche segno preliminare, che non so se attribuire a Nordio, stona vistosamente rispetto alla sua figura.

A cosa si riferisce?

Pensiamo alla disciplina contro i rave-party: ha suscitato più di qualche perplessità. Per verità, si tratta di disposizioni letteralmente incredibili. Mi rifiuto di pensare che siano state da lui condivise, forse da lui subìte. Non sarebbe Nordio; in altri tempi avrebbe scritto articoli durissimi contro certe iniziative. Continuo tuttavia a manifestare, per ora, fiducia nei suoi confronti: non credo voglia compromettere la fama, che si è meritatamente conquistata, assecondando la deriva giustizialista di una parte del Governo.

Andrea Natale, dell’Esecutivo di Magistratura democratica, scrive “Si verifica l’ennesima tragedia legata all’immigrazione, con un naufragio a poche centinaia di metri dalle nostre coste? Ecco che il ministro ritiene necessario sottoscrivere l’ennesima legge che inasprisce ulteriormente le (già draconiane) pene da infliggere agli scafisti”.

Sono davvero forme di distrazione di massa. Significa voler distogliere lo sguardo dalla reale natura del problema. L’immigrazione è un fenomeno non governabile con muri, blocchi navali e sanzioni penali a raffica. Questo tipo di provvedimenti sono come un urlo,  un grido nella notte, che non servono a nulla se non a simulare un Governo presente e vigile. È la stessa cosa che accade con gli stupefacenti: giri di vite e incrementi sanzionatori. Ma questo non solo non ha mai contrastato il traffico di droga ma lo ha in realtà incrementato, potenziando il monopolio criminale delle mafie sul traffico. Esso si ferma soltanto in un modo: prendendo la strada della legalizzazione, altrimenti si continuerà solo a saturare le carceri con le ultime ruote del carro.

A proposito di carcere, Nordio si è detto contrario all’ergastolo. Eppure il primo provvedimento che ha illustrato in una conferenza stampa è stato quello dell’ostativo. Poi ha sempre sostenuto che il carcere deve essere extrema ratio, ma poi propone di usare le caserme dismesse per combattere il sovraffollamento. Non le sembra contraddittorio?

Certo. Il problema carcerario non si può affrontare in questi termini. D’altra parte abbiamo democraticamente eletto un  Governo che da sempre ha proclamato una politica per cui se non bastano le carceri, bisogna aumentarle. Quindi, è difficile pensare che il Ministro della Giustizia possa distaccarsi a tal punto da questa linea da dare subito le dimissioni. Ci sarebbe piuttosto da chiedersi perché abbia accettato di far parte di questo Esecutivo. Se tutta la politica di Nordio in tema di esecuzione penale si risolvesse nell’aumentare la disponibilità di posti letto per i reclusi avrebbe fatto ben poco, anzi avrebbe percorso il cammino inverso rispetto  alla direzione corretta. Anche in questo caso: non sarebbe Nordio. Avremmo a che fare con Mr. Hyde, dopo aver conosciuto il Dr. Jekyll. Non conosco le dinamiche dei rapporti interni alla maggioranza: posso immaginare che Nordio non possa non muoversi in una logica fatalmente condizionata dalla politica.

Del tipo: cedo su una cosa per ottenere altro?

Non posso dichiararmi d’accordo con una linea politica di questo tipo, però possiamo sperare che il vero Nordio emerga su altri fronti, dopo di che faremo un bilancio.

Un compromesso per arrivare ad ottenere la separazione delle carriere? Eppure ci sono segnali che Meloni vorrebbe frenare.

Questo è un tema per il quale il Governo dovrebbe accettare uno scontro duro con la magistratura. E non so se sarà in grado di farlo. In Italia non la magistratura nella sua interezza, ma i Pubblici Ministeri godono di un potere politico molto elevato, suscettibile di esprimersi con pressanti interdizioni. Quindi ho i miei dubbi: la voglio proprio vedere questa separazione delle carriere. Il problema rischia di scomparire dietro una cortina di fumo, con la semplice introduzione di  separazioni più rigide rispetto ai limiti attuali. In realtà il nodo del problema è un altro.

Quale professore?

 Per impostare tale riforma bisogna prendere le mosse dall’unità del ceto forense che attualmente non esiste. Chi si occupa di attuare il diritto  - accusa, difesa, giudice – deve provenire da una matrice unitaria. Si diventa abilitati ad un tipo di professione legale in modo indifferenziato. Poi i percorsi si dividono. L’interscambio tra difesa e accusa dovrebbe essere assicurato in modo molto ampio. E questo presuppone anche la riforma dell’Avvocatura. Questo è il sostrato su cui dovrebbe reggersi  un codice di tipo accusatorio.

Noi lo abbiamo impostato per modo di dire, in realtà.

Io ricordo bene quello che disse il grande giurista Mahmoud Cherif Bassiouni a Siracusa durante un convegno incentrato sul tema dell’esame incrociato, che rappresenta il cuore pulsante del processo accusatorio. Lui disse in quella circostanza: voi in Italia siete come quello che ha sposato una donna che ha conosciuto solo attraverso qualche cartolina postale. Dopo di che se l’è trovata in casa e ha constatato che non era quella che pensava. Bassiouni voleva dire che il processo vive in un sostrato culturale, che non può ridursi ad un pugno di norme. Con un sostrato come il nostro non è possibile attuare seriamente il processo accusatorio. Difatti lo abbiamo abbandonato: abbiamo una specie di mostro che appesantisce la durata del processo in un defaticante travaso a specchio delle indagini preliminari nel dibattimento.

Quindi?

Quindi separazione delle carriere non può implicare soltanto la selezione di quelli che faranno i giudici e quelli che faranno i pm. Forse non sarebbe neanche un passo avanti perché con i poteri dell’accusa di oggi un pubblico ministero isolato non so quanto altro potere potrebbe addirittura accumulare.

Ultima domanda: Report ha lasciato intendere che i radicali e Nessuno Tocchi Caino, di cui lei è anche Presidente d’onore, sarebbero inconsapevolmente lobby delle mafie. E hanno contestato  loro e  quelle cooperative che offrono una seconda possibilità agli ex detenuti neofascisti. 

Chi propone una visione di questo tipo si ispira evidentemente a questo schema: la pena inflitta seleziona e individua una volta per tutte i nemici, i malvagi, i reprobi degni dello stigma di Satana. Una volta impresso esso non si cancella più, in nessun caso. Alla funzione rieducativa della pena questi propagandisti non solo non credono, ma la escludono in radice. Perciò anche chi ha scontato la propria pena ed ha dato prova di potere e volere partecipare alla vita sociale, dovrebbe continuare a rimanere escluso. Sarebbe quindi scandaloso se partecipasse ad attività di sostegno, di aiuto, di tutela di chi langue in carcere o ne è uscito smarrito. Propongo di considerare questi atteggiamenti per quello che sono: reviviscenze sussultorie e veri e propri rigurgiti dell'antico regime.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue