Meloni si sgancia da Renzi

 Valentina Stella Dubbio 9 ottobre 2025

Giorgia Meloni separa il suo destino politico dall’esito del referendum sulla separazione delle carriere e allontana da sé, allo stesso tempo, lo spettro di Matteo Renzi. Il tutto parrebbe deducibile da quanto avvenuto due sere dal salotto di Porta a Porta quando è stata intervistata da Bruno Vespa per oltre 45 minuti, durante i quali ha affrontato tutti i temi di attualità politica nazionale ed internazionale, in assenza però di contraddittorio. In particolare, in materia di giustizia, l’inquilina di Palazzo Chigi ha assicurato che «non ci saranno conseguenze sul governo», «finiremo il mandato – ha aggiunto Meloni - e ci ripresenteremo dinanzi agli italiani per essere giudicati nel complesso» non solo rispetto alla riuscita o meno del plebiscito sulla norma che modifica l’ordinamento giudiziario. Sta preparando una exit strategy in caso di sconfitta? Difficile al momento dare una risposta. Anche perché proprio ieri è stato diffuso un sondaggio dell'istituto Noto sempre per 'Porta a Porta' secondo il quale «il 57% degli italiani è favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati mentre il 22% è contrario, il restante 21% è indeciso». Numeri in linea con altri sondaggi, benché per valutarli bisogna sempre vedere chi li commissiona e quale domanda nello specifico viene posta al campione selezionato. E un dubbio sull’ancoraggio alla realtà viene leggendo che pro separazione sarebbero il 27 per cento degli elettori del Partito democratico e addirittura il 41 per cento di quelli del Movimento Cinque Stelle. Numeri che se confermati sarebbero clamorosi soprattutto rispetto alla posizione ufficiale dei grillini. Comunque tornando all’intervento della Meloni, sembra che la premier abbia voluto rispondere a distanza anche a quanto detto qualche giorno fa dal leader di Italia Viva Matteo Renzi: «Se Meloni perde dovrebbe dimettersi, hai voglia a dire che non è un voto su di lei...». «Anche io all’epoca del referendum 2016 ero convinto di vincere – aveva proseguito il senatore - e per questo ho commesso l’errore di politicizzare la campagna, ma anche se lei portasse avanti una strategia diversa, in caso di sconfitta non può che trarne le conseguenze». Dunque, qualsiasi campagna metta in atto la Meloni da qui all’appuntamento della prossima primavera, periodo in cui dovremmo essere chiamati alle urne per il ‘Sì’ o ‘No’ sulla separazione, secondo Renzi il futuro politico della premier non può essere scisso da quello sulla giustizia nel nostro Paese. Ma per la leader di Fratelli d’Italia non sarebbe così a risentire quello che poi ha aggiunto dialogando con Vespa: «Io la parte mia l'ho fatta. Noi ci siamo impegnati a fare una riforma, abbiamo fatto quella riforma. Dopodiché, quella riforma a un certo punto arriverà al cospetto del popolo italiano e sarà il popolo italiano a dover dire come la pensa». In pratica il mandato elettorale è stato rispettato, poi tocca agli elettori confermare la scelta della maggioranza. In queste parole sarebbe forse sbagliato leggere un passo indietro sul piano della volontà e determinazione nel voler condurre tenacemente la campagna referendaria in vista del 2026. Allo stesso tempo, tuttavia, la Meloni pare voler dire che qualunque sia l’esito, esso verrà accettato con serenità perché non solo da quello dipenderà il bis del suo Governo. Le carte da giocare nel 2027 sarebbero molte altre. Anche perché se è vero che quella sulle carriere di giudici e pubblici ministeri è una riforma promossa nel programma elettorale della coalizione nel 2022 è altrettanto vero che il partito che maggiormente l’ha sostenuta è Forza Italia. Mentre la stessa Giorgia Meloni da sempre ha puntato su quella del premierato, al momento però arenata. Tuttavia sarà difficile, in caso di vittoria dei ‘No’, non intestare alla Meloni la responsabilità della sconfitta. In fondo, soprattutto nelle ultime settimane, è stata proprio la premier ad incalzare sul tema, ripetendo spesso che non teme le invasioni di campo di «giudici politicizzati», che per questo «la riforma andrà avanti» e, come detto sempre da Vespa, «noi stiamo dando all'Italia agli italiani e alla giustizia una occasione storica, che è l'occasione di liberare la magistratura italiana dai condizionamenti della politica, dalla malapianta delle correnti politicizzate e così facendo diamo la possibilità di rafforzare la separazione dei poteri». Infine ha concluso: «i governi passano ma le norme costituzionali rimangono, bisogna votare nel merito». Chissà se sta lanciando un messaggio a chi tra gli avvocati è favorevole alla riforma ma potrebbe disertare le urne o votare ‘No’ solo perché la norma porta il sigillo della destra?

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