Area Dg: separazione in vantaggio
Valentina Stella Dubbio 7 ottobre 2025
Che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sia in una “relazione complicata” con la magistratura è ormai noto a tutti. I lettori sicuramente ricorderanno le polemiche scaturite dopo che alcuni giudici in diversi tribunali d’Italia hanno smontato di fatto il protocollo Italia Albania, ricevendo poi il placet anche dalla Corte di giustizia europea. Ma, intervenendo lo scorso fine settimana alla 13esima edizione della Leopolda promossa da Italia Viva a Firenze, il responsabile del Viminale ha ampliato il perimetro della critica alle toghe, auspicando che il magistrato che sbaglia cambi lavoro. Lo aveva già detto il Ministro della Giustizia Nordio al termine della presentazione della serie tv Portobello, la nuova serie diretta da Marco Bellocchio sulla vicenda di Enzo Tortora. Lo ha meglio precisato Piantedosi venerdì: “Io ho sempre creduto che il tema della responsabilità dei magistrati sia stato un tema dibattuto male in Italia”, perché “si è sempre pensato che si dovesse articolare sulla responsabilità civile, cioè far pagare i danni”. Il che, secondo il prefetto, “non funziona perché i magistrati, poi come tutte le categorie professionali, tendono a farsi una polizza assicurativa”. Invece “bisogna affermare il principio che se un magistrato somma un errore grave a una serie di errori, magari meno gravi, può anche cambiare lavoro e quindi dedicarsi a funzioni molto meno impattanti sulla vita dei cittadini”. In pratica per Piantedosi un magistrato “se ha più volte inanellato degli errori evidenti, può anche occuparsi di altro. La giustizia è fatta di tante cose: esiste la giustizia civile, la giustizia penale, la funzione requirente, la funzione giudicante. Quindi bisogna trovare il modo di responsabilizzare senza rompere dei capisaldi di civiltà del nostro ordinamento giudiziario che sono l'indipendenza e l'autonomia della magistratura”. Certo, immaginare un cambio di funzione da pm a giudice o viceversa, come ‘punizione’, appare difficile se verrà approvata la riforma della separazione delle carriere la prossima primavera. Ma al di là della fattibilità di una tale proposta normativa, resta il fatto che il tema della responsabilità dei magistrati è uno di quelli maggiormente adoperati in queste ultime settimane da esponenti del Governo, compreso il ministro della Pa Paolo Zangrillo, non tanto per alzare lo scontro con la magistratura quanto per cominciare a consolidare agli occhi dei cittadini un concetto che potrebbe sicuramente rivelarsi utile per la campagna in vista del referendum costituzionale, benché collaterale all’impianto normativo in senso stretto. A proposito di quest’ultimo, riprenderà oggi in commissione Affari costituzionali del Senato il dibattito sul ddl Nordio. Trovandoci ormai nell’anticamera della quarta e ultima lettura che dovrebbe avvenire a Palazzo Madama entro la prima settimana di novembre, non ci saremmo aspettati un battibecco tra i commissari senatori sull’ordine dei lavori. Ma ci siamo sbagliati in quanto la scorsa settimana il dem Andrea Giorgis, ricordando come “il termine dilatorio dei tre mesi tra la prima e la seconda deliberazione, di cui all'articolo 138 della Costituzione, rappresenti un unicum nel procedimento legislativo e sia previsto per i soli disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale, con la ratio di consentire al legislatore un'attenta ponderazione e un eventuale ripensamento rispetto alla prima deliberazione”, ha chiesto alla Presidenza della Commissione, “in conformità allo spirito della previsione costituzionale sul termine dilatorio dei tre mesi, di svolgere un ciclo di audizioni sul disegno di legge in esame”. A questa richiesta si sono associati anche M5S e Avs. Tuttavia il presidente Alberto Balboni ha respinto la domanda: lo scopo delle audizioni è quello di proporre emendamenti ma essendo vietato in questa fase sarebbe inutile. E poi molteplici sono stati gli auditi nei mesi precedenti. Intanto ieri è stato diffuso un sondaggio BidiMedia, commissionato dalle toghe di AreaDg, a pochi giorni dal Congresso dell’associazione che riunisce le toghe progressiste che si svolgerà a Genova dal 10 al 12 ottobre e durante il quale interverranno, tra gli altri, Landini, Schlein, Nordio, Pinelli, Conte e il presidente del Cnf Francesco Greco. Secondo la società “il 70% degli italiani si dice preoccupato dal controllo della politica sulle toghe” e “oltre la metà (51%) si dice addirittura spaventato da tale evenienza”. Inoltre “appare combattuto l’esito del referendum confermativo della riforma Nordio: solo il 33% del campione si dice favorevole alla riforma, il 30% è nettamente contrario”. Tutto si giocherà sulla fetta di indecisi. “I risultati dei sondaggi – ha spiegato Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg - giustificano il nervosismo dei sostenitori della riforma Nordio. Non c'è il plebiscito che si aspettavano ed allora aumentano la conflittualità e la politicizzazione del referendum”. Un dato, quello diffuso ieri dalle cosiddette ‘toghe rosse’, che farebbe il paio con altri sondaggi di cui aveva dato conto proprio il nostro giornale e proveniente da ambienti governativi. Da qui la consapevolezza da parte di tutti che la partita potrebbe essere ancora aperta.
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