In bilico approdo in aula il 26 della riforma su separazione

 Valentina Stella dubbio 13 novembre 2024

 

Sarà la conferenza dei capigruppo, convocata stamattina dal presidente della Camera Lorenzo Fontana alle ore 8:30, a decidere se la riforma costituzionale della separazione delle carriere, del doppio Csm e dell’Alta Corte disciplinare approderà effettivamente nell’Aula di Montecitorio il 26 novembre, dov’è attesa per la prima lettura. Fino a ieri mattina la data era certa ma poi durante l’ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali tutto è stato rimesso in gioco. Infatti non è stato trovato nessun accordo tra i partiti sul calendario della settimana. Per adesso restano convocate le sedute notturne e quelle in tutto il fine settimana per l'esame dei provvedimenti all’ordine del giorno: separazione delle carriere e Dl flussi, quello in cui è confluita la norma sui Paesi sicuri. Ma non è detto che tutto non si modifichi al termine della capigruppo e dell’ufficio di presidenza di oggi. Cosa è successo nel dettaglio: per evitare sedute nel weekend delle elezioni regionali in Umbria ed Emilia Romagna, il presidente della commissione Nazario Pagano (Fi) ha proposto ieri durante l'ufficio di presidenza di dedicare questa settimana solo al decreto flussi, approvandolo in due giorni, e di far slittare di tre giorni - dal 26 al 29 novembre - l'approdo in aula della separazione delle carriere e di un mese la proposta Foti sulla Corte dei Conti. «Non è stata accettata la mia proposta che accoglieva gran parte delle richieste delle opposizioni. A questo punto deciderà la capigruppo della Camera perché c'è un intasamento di provvedimenti», ha spiegato Pagano. Diverso, ovviamente, il punto di vista dell’onorevole Simona Bonafè, capogruppo del Partito Democratico nella Commissione: «Chiedono accelerazioni sul decreto flussi quando ancora non sono stati forniti i pareri del governo. Inoltre nel decreto flussi è stato inserito anche il decreto Albania, che sta sollevando non pochi problemi interpretativi. E la decisione del governo di costituirsi ieri davanti alla Corte di Giustizia Europea conferma la necessità di un esame approfondito della questione. Sia la conferenza dei capigruppo a pronunciarsi sull'affastellamento di provvedimenti del calendario dei lavori della Camera». Insomma i dem hanno contestato la compressione nella discussione sul dl Flussi che va convertito in legge entro l'11 dicembre e deve passare anche al Senato. Molto probabilmente verrà posta la fiducia. E così, seppur di qualche giorno, resta in bilico la data dell'approdo in Aula della riforma della giustizia. Uscito ieri mattina dalla Commissione, il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che sta seguendo il dossier per il Governo, aveva detto: «È giusto che le opposizioni facciano il loro mestiere. Ogni emendamento vede interventi giustificatamente approfonditi e quindi il tempo per chiudere il provvedimento si allunga», tuttavia «il 26 il provvedimento deve essere in Aula». La maggioranza dunque, a parte questo piccolo intoppo temporale, conferma l'accelerazione sulla separazione delle carriere. Questa accelerazione suona come una risposta della politica alle recenti decisioni dei giudici che di fatto hanno bocciato con diverse decisioni sia il modello Albania, elaborato dalla premier Giorgia Meloni e dal primo ministro albanese Edi Rama, sia il dl Paesi sicuri. Se è vero che uno sveltimento della pratica vi era stato a ridosso delle ultime elezioni europee per dare forza alla campagna di Forza Italia e premiarla anche per il risultato ottenuto, adesso la maggioranza e il Governo hanno premuto ancora di più il piede sull’acceleratore. Accantonata per ora la riforma del premierato, la Meloni e gli alleati hanno necessità di mostrarsi anche all’opinione pubblica più forti su un tema che in teoria dovrebbe raccogliere diversi consensi. Comunque la Commissione Affari costituzionali, come già avvenuto per l’articolo 1 la scorsa settimana, ieri ha bocciato tutti gli emendamenti soppressivi presentati dalle opposizioni e relativi all'articolo 2, che intende modificare l’articolo 102 della Costituzione: al termine del primo comma - «La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario» andrebbe aggiunta la seguente parte «,le quali disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti». Sul tavolo rimangono ancora oltre 200 proposte di modifica da esaminare, tutti a firma delle opposizioni. «Con l'introduzione della espressa previsione di due carriere distinte, si pone fine ad una controversa commistione che ha originato le storture del sistema giudiziario. Noi vogliamo riformare la giustizia, dando risalto e dignità alle sentenze e non alle indagini, oggi purtroppo avviene esattamente il contrario», ha detto il deputato Francesco Michelotti (Fdi), uno dei tre relatori del ddl costituzionale. Mentre per il capogruppo del M5S Alfonso Colucci, «il vero intento del governo Meloni e dei partiti del centrodestra è allontanare i pubblici ministeri dalla cultura della giurisdizione, che oggi è una assoluta garanzia per il diritto del cittadino di agire in giudizio e per il rispetto dell'articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza».

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