Md boccia la riforma Bonafede sul Csm

 Di Angela Stella Il Riformista 14 agosto 2020

Dopo le critiche espresse su queste pagine dal Presidente dei penalisti italiani Gian Domenico Caiazza, il cosiddetto ddl Bonafede sulla riforma del Csm riceve ora la bocciatura anche da parte di Magistratura Democratica. Nella nota diffusa ieri dall’Esecutivo di MD, intitolata “Contrastare la deriva carrieristica con la normalizzazione burocratica?”, viene emesso infatti un giudizio ‘negativo’ sul risultato complessivo della riforma. In sostanza secondo i componenti di MD il ddl-Bonafede, per una strana e curiosa eterogenesi dei fini, lungi dal disincentivare il carrierismo, lo alimenta. In che modo? Come spiegato nella nota, la riforma del Guardasigilli crea un solco tra la giurisdizione superiore e quella inferiore in quanto, riservando l’elezione dei magistrati con funzioni di legittimità ai soli magistrati di Cassazione, “si ritrova la visione di un ufficio separato e di “vertice”; si ritorna così alla distinzione della magistratura alta contrapposta a quella bassa e si compromette la visione unitaria della giurisdizione e delle funzioni”. La direzione che si andrebbe quindi ad intraprendere finirebbe con il rafforzare “carriere o uffici portatori di interessi specifici”. In pratica il corpo elettorale si verrebbe a distinguere sulla base della diversità delle funzioni esercitate (“accanto al collegio per la Cassazione, altro collegio elettorale separato è riservato ai magistrati fuori ruolo, dell’ufficio del massimario e del ruolo della Cassazione e della Direzione nazionale antimafia e terrorismo”). Peraltro con il sistema elettorale di tipo maggioritario, previsto dalla riforma, non si è in grado di assicurare la rappresentatività delle varie categorie e funzioni presenti all’interno della magistratura: infatti, secondo Md, “la previsione di collegi elettorali separati produce il frazionamento del corpo elettorale per categorie, mentre la Costituzione prevede tale distinzione solo per i magistrati da eleggere”.  Come sostenuto anche dall’UCPI, aver eliminato la ripartizione dei componenti da eleggere al Csm tra magistrati giudicanti e requirenti rischia di consegnarci in futuro un organo di governo autonomo della magistratura all’interno del quale i pubblici ministeri potranno avere un ruolo ancor più preponderante rispetto a quanto già non accade oggi. Inoltre, il sistema elettorale prescelto “non appare idoneo a garantire obiettivi prioritari per la legittimazione e l’autorevolezza del CSM, come la sua rappresentatività in relazione alle diverse opzioni culturali presenti in magistratura”: viene così a mancare ogni idea di pluralismo culturale, ogni aggregazione di idee che verrebbe così sostituita da  aggregazioni di puro interesse. Ma il punto più grave del ddl-Bonafede, secondo Md, si annida in quelle disposizioni con le quali di fatto il Csm viene messo ‘sotto tutela’ da parte della politica attraverso la compressione della sua discrezionalità e la chiusura degli spazi “anche per gli interventi di normativa secondaria”. A tale proposito nella nota è dato leggere il seguente significativo passaggio: “Alla burocratizzazione del CSM prelude la previsione di meccanismi che tendono a ridurre momenti dell’autogoverno, che incidono nella costruzione del nostro modello di magistratura (come la selezione per incarichi direttivi e l’accesso alle funzioni di legittimità), a funzioni meramente compilative o applicative di criteri, punteggi, parametri e indicatori fissati dalla normativa primaria”. In sostanza è come se il legislatore avesse detto: “non siete in grado di autogestirvi? Allora vi privo della vostra politicità, consegnando di fatto il Csm in balia della politica” . Secondo l’Esecutivo di Magistratura Democratica infatti neutralizzare la “politicità” del CSM, espropriandolo delle prerogative di discrezionalità essenziali per l’esercizio del governo autonomo, è la premessa per rendere questo organo di rilevanza costituzionale “subalterno alle logiche e al controllo della sfera politica esterna”, con buona pace di quanto previsto e stabilito dall’articolo 104 della Costituzione. La nota di MD pertanto si conclude con una valutazione complessiva fortemente negativa in merito ai contenuti di questa riforma, paventando il rischio di una ristrutturazione dell’intero ordine giudiziario in senso verticistico e burocratico. Ora il giudizio critico di MD, così come quello di UCPI, rischia seriamente di condizionare l’iter di approvazione parlamentare di questo disegno di legge.

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