Cutolo: condannato a morire come Provenzano?


di Angela Stella Il Riformista 4 agosto 2020

Raffaele Cutolo, ex capo della Nuova Camorra Organizzata, sta morendo? E lo Stato lo lascerà morire in una condizione di umanità? Le domande sono lecite mettendo in fila una serie di elementi che ci illustra il suo avvocato Gaetano Aufiero, il quale proprio ieri ha presentato al magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia una integrazione urgente all'istanza del 30 luglio in cui chiedeva un differimento della pena per motivi di salute per l'uomo detenuto in regime di 41 bis a Parma. Cutolo ha quasi 80 anni, è recluso da 57 anni, e fin dagli anni '90 è tra i sepolti vivi del regime di carcere duro.  "Venerdì  - ci racconta l'avvocato Aufiero - abbiamo saputo che il mio assistito è stato condotto in ospedale la sera precedente. Informalmente dall'ospedale ci hanno detto per un colpo di tosse ma sappiamo che invece la situazione è ben più grave".  Innanzitutto un quadro clinico compromesso da tempo: lo scorso febbraio Cutolo infatti era stato ricoverato per una crisi respiratoria. L'uomo assume circa quindici pillole al giorno, soffre di diabete, prostatite e artrite ed è fortemente ipovedente. Nonostante questo, le condizioni di “Don Raffaè”, come cantò Fabrizio De Andrè, il 10 giugno sono state considerate compatibili con la detenzione dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna che aveva respinto la precedente istanza di detenzione domiciliare per motivi di salute.  Il 22 giugno sua moglie Immacolata Iacone, come ha raccontato qualche giorno fa al Consiglio Direttivo di Nessuno Tocchi Caino, era stata a trovare il marito insieme alla loro figlia: "mio marito non è riuscito ad alzare gli occhi, a portare una bottiglia d'acqua alla bocca, a parlare, ad interagire con me e nostra figlia. Il carcere di Parma è un cimitero di vivi: stanno solo aspettando di farlo uscire morto da lì. Facciamo prima a mettere la sedia elettrica".  La testimonianza della donna è stata al termine così commentata dal segretario di Nessuno Tocchi Caino, Sergio D'Elia: "da Caino che è stato, Cutolo è diventato vittima di uno Stato che ha abolito la pena di morte ma pratica la tortura e la pena fino alla morte. Nessun diritto, nessuna pietà per i nemici dello Stato. Non si fanno prigionieri, Cutolo deve morire in galera, come sono morti Riina e Provenzano". Dopo l'episodio del 22 giugno "ho chiesto - prosegue Aufiero - all'avvocato Monica Moschioni di recarsi a trovare Cutolo per verificare effettivamente come fosse la situazione. La collega mi ha riferito che il colloquio è durato pochissimi minuti perché Cutolo, portato nella sala colloqui su una sedie a rotelle, è rimasto immobile, con il capo reclinato verso il petto, in silenzio e privo di reazioni a qualsivoglia sollecitazione". Ciò appare, ci dice l'avvocato, "in netto contrasto sia con due rapporti del diario clinico dello stesso periodo in cui leggiamo che per la direzione sanitaria del carcere Cutolo è 'vigile, orientato nel tempo e nello spazio e collaborante'; sia con una nota della Polizia Penitenziaria secondo cui il detenuto ' è riuscito, pur con un eloquio essenziale' a rispondere sia alla moglie che alla figlia". L'avvocato Aufiero non riesce a dare una spiegazione logica a queste opposte rappresentazioni della situazione di Cutolo che provengono dal carcere; inoltre non si comprende perché a Cutolo sia stato negato il permesso di essere visitato da un medico specialista in geriatria, individuato dalla difesa per constatare il suo stato di salute: "dalla direzione del carcere mi è stato risposto che il diniego sussiste per 'ragioni di opportunità' ma non mi si spiega quali siano. Avrei compreso il diniego se il medico da noi scelto fosse stato di Ottaviano, dove risiede la famiglia di Cutolo, ma si tratta di un geriatra in pensione della Asl di Parma che in passato è già entrato in carcere". Chiediamo all'avvocato se questa situazione possa essere dettata dal fatto che Cutolo sia stato sotto i riflettori durante l'emergenza Covid e che una 'scarcerazione', seppur per motivi di salute, possa minare la credibilità del Ministro Bonafede: "quello che posso dire è che in 28 anni di professione questa è la prima volta che mi viene negata la possibilità di far entrare un medico di parte a visitare un mio assistito. So che il direttore del carcere di Parma conosce bene la legge e non è né un folle né uno stupido. Mi chiedo se il suo rifiuto sia dettato da un libero e autonomo convincimento o se abbia ricevuto indicazioni dall'alto, ad esempio dal Dap". Sta di fatto che date le nuove circostanze, l'avvocato Aufiero con l'istanza di  ieri chiede che venga effettuata una perizia terza sul quadro clinico di Cutolo e ribadisce la sua richiesta, per motivi di salute, di detenzione domiciliare e in subordine di ricovero presso idonea struttura ospedaliera o presso centro clinico penitenziario: "mi auguro che questa volta a valutare le carte ci sia un giudice che faccia il giudice".


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