«Il virus non è in vacanza, saggio lo stop alle discoteche»

 di Valentina Stella Il Dubbio 19 agosto 2020

Con Filippo Anelli, Presidente della FNOMCeO Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri -, facciamo il punto della situazione sull'emergenza covid.

Come interpretare i dati sui nuovi contagi? Dobbiamo preoccuparci?

La prudenza è una delle virtù che dovremmo adottare in questo momento, insieme ad un sentimento di preoccupazione. I dati disegnano un andamento della curva che va verso l'alto. Il virus circola prevalentemente tra gli asintomatici e i pauci- sintomatici quindi la diffusione del virus avviene senza che ce ne rendiamo conto e senza sapere chi è contagiato: è una situazione simile a quella registrata tra dicembre e gennaio in Lombardia e Veneto. Bisognerebbe fare quindi più tamponi? Sono uno strumento fondamentale sia per enucleare i vari focolai sia per fare diagnosi. L'aumento del numero dei tamponi diviene una misura strategica ed essenziale in questo momento. Negli ultimi tre giorni tiene banco la decisione del governo di chiudere le discoteche. Qual è il suo parere? È una decisione sacrosanta, che forse arriva con un pizzico di ritardo. Nel periodo feriale tutti sentono l'esigenza di divertirsi, è normale; ma nelle discoteche è proprio difficile mantenere le distanze, sono spazi molto promiscui.

Secondo lei è venuto meno il senso di responsabilità degli italiani nell'affrontare la situazione rispetto al lockdown? Grazie al lockdown abbiamo avuto una riduzione significativa e quasi un azzeramento della curva. Purtroppo adesso dei piccolo focolai si sono riattivati e soprattutto lo spostamento delle persone attraverso i viaggi, soprattutto dall'Europa dell'est, ha contribuito alla ripresa dei contagi. Penso che i cittadini italiani siano molto consapevoli di ciò che sta avvenendo ma è giusto che le autorità aumentino il livello di attenzione. Credo che anche i giovani lo capiscano: chiudere le discoteche significa tutelare loro e le famiglie. Siamo pronti per la riaperture delle scuole? Riuscire a riaprire le scuole rappresenta una chiave di volta per il nostro Paese, significa tornare alla normalità in una situazione pur difficile di emergenza. Detto questo, tutte le comunità possono costituire un fattore di rischio: le Rsa, le scuole, le comunità religiose. Quindi vanno tenute sotto stretto controllo: organizzare le scuole in tempo di coronavirus è molto complesso perché si ha a che fare

con ragazzi e bambini. Bisogna quindi verificare sempre la temperatura e capire se affetti anche da altre malattie respiratorie, prevalenti in inverno. Conte ha detto che il vaccino contro il covid non dovrebbe essere reso obbligatorio. Lei cosa ne pensa? Il tema dell'obbligatorietà è complesso. La Costituzione prevede che a nessun cittadino può essere imposto un trattamento sanitario se non nei casi previsti dalla legge. Significa che dovrebbe essere sempre privilegiata la libertà personale salvo nei casi in cui non ci sia un pericolo per la collettività. Personalmente credo che per certe situazioni dovrebbe essere obbligatorio: per il personale sanitario e per le comunità scolastiche, ad esempio. Però forse renderlo obbligatorio porterebbe ad una maggiore tutela, considerato che in Italia ci sono molti seguaci dei no- vax.

È difficile trovare l'unanimità. Si tratterà di mettere in piedi dei provvedimenti che, come avvenuto per la chiusura delle discoteche, si sono rivelati utili e saggi. Chi vuole vivere in comunità dovrà rendersi conto che ha responsabilità verso gli altri e dovrà rispettare le regole della società civile.

Sono 176 i medici morti per coronavirus. Qualche morte era evitabile? Molte morti erano assolutamente evitabili. Ci siamo trovati in una situazione in cui il piano pandemico non era affatto applicato: non avevamo i dispositivi, non avevamo la dotazione necessaria. I medici hanno lavorato a mani nude all'inizio dell'epidemia.

Cosa abbiamo imparato in questi mesi a livello di gestione sanitaria del coronavirus?

La tutela della salute è un diritto fondamentale. Quindi la politica che disinveste sulla sanità, che riduce il personale, che trasferisce risorse altrove non può funzionare. Se avessimo avuto più posti in rianimazione, se ci fossero stati più anestesisti e più medici la situazione sarebbe stata migliore: non saremmo dovuti ricorrere agli specializzandi per dare una mano negli ospedali. Abbiamo anche imparato che il territorio è uno strumento importante per controllare le malattie. I medici di famiglia, i pediatri, gli specialisti rappresentano una straordinaria dotazione che può ridurre l'accesso negli ospedali, diminuire i costi delle prestazioni e soddisfare meglio i pazienti che vengono curati a casa. Distanziamento sanitario: le prestazioni e gli interventi programmati pre- covid sono ancora per la maggior parte in stand by. Si tratta di una questione importantissima che non fa altro che aumentare le diseguaglianze tra

gli italiani: molte strutture sono state interamente dedicate a centri covid e tutto ciò rischia di allungare le liste di attesa o di farle addirittura saltare. I primi dati che abbiamo ci raffigurano una situazione abbastanza drammatica: ci sono anche rinunce a fare gli esami per paura di contrarre il virus in ospedale. Credo che sia anche la conseguenza del disinvestimento in ambito sanitario e della incapacità del sistema di avere quella flessibilità che sin dall'inizio avevamo chiesto, ossia creare percorsi paralleli tra pazienti covid e non covid. Il SSN deve ora rimodularsi per non interrompere più terapie e accertamenti. Cosa ne pensa della querelle su negazionisti/ ottimisti/ allarmisti circa la ripresa del virus? In una società libera come la nostra tutte le opinioni sono legittime: ma deve essere ben chiaro che le evidenze scientifiche sono diverse dalle opinioni. Chiaro è che questa nuova situazione ha messo a confronto le diverse esperienze degli operatori e degli scienziati con le loro ipotesi e i loro vissuti. Ne approfitto per chiederle cosa ne pensa delle modifiche introdotte dal ministro Speranza sulla Ru486. Credo che siano misure prettamente di tipo organizzativo che rispondono ad un dato emerso dai gruppi di lavoro dell'Iss. Sul piano etico morale penso non cambi nulla.


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