Paola della Chiesa: imputata senza prove

Di Valentina Stella Il Dubbio 8 novembre 2018
Da un punto di vista squisitamente processuale, si assiste ad un’indebita inversione dell’onere della prova. La prospettazione accusatoria prende infatti le mosse non già da elementi di reato (indizi gravi, precisi e concordanti), bensì da un mero interrogativo. […]gli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari non soltanto non appaiono idonei a sostenere l’accusa in giudizio ma, addirittura, la contraddicono, fornendo un quadro in cui la condotta dell’odierna imputata appare addirittura improntata alla massima trasparenza e correttezza”: con queste durissime parole lo scorso 18 febbraio il gup di Varese, dottor Stefano Colombo, ha deciso per il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei confronti di Paola Della Chiesa, per la quale il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio per i reati di peculato e truffa ai danni dello Stato. Secondo l’accusa, la donna, manager affermata in realtà internazionali pubbliche e private, nella sua funzione di direttore dell’Agenzia del Turismo della Provincia di Varese dal 2010 al 2014, si era appropriata per scopi privati di circa 33000 euro, non fornendo adeguata giustificazione per richieste di rimborsi chilometrici e altre uscite sostenute con la carta di credito dell’Agenzia. Il tutto era partito da una segnalazione e da un esposto presentati dal liquidatore dell’Agenzia del Turismo di Varese. La vita di Paola Della Chiesa cambia dunque nel 2015 quando la Digos si presenta a casa sua e le notifica un avviso di garanzia. Era all’apice della sua carriera, qualcuno l’avrebbe voluta anche sindaco di Varese, ma forse aveva attirato qualche antipatia di troppo. Da quel giorno e per oltre due anni Paola vivrà un vero e proprio calvario che oggi racconta nel libro "Innocente! Paola Della Chiesa Imputata senza prove", dello scrittore e giornalista Fabio Cavallari (Log Edizioni), in libreria dall’8 novembre. La prefazione è affidata all'Associazione radicale Enzo Tortora e, in quarta di copertina, un inciso di Errorigiudiziari.com. Paola Della Chiesa risponde alle nostre domande dal giardino della sua casa che costeggia il lago di Varese “l’unico posto – ci racconta –  dove riuscivo a trovare serenità, grazie anche ai miei genitori”. La prosa del libro, caratterizzata da periodi brevi e incalzanti, trasmette ansia, agitazione. Ci si immedesima così con lo stato d’animo della protagonista: “ero completamente a pezzi, ho avuto bisogno dell’assistenza di uno psichiatra e delle psicologhe dell’associazione ‘Tutela la persona’. La mia grande paura era di non riuscire a difendermi dalle accuse che mi venivano mosse. Avevo agito sempre rispettando quanto previsto dal mio contratto di dirigente e tutte le spese effettuate, che avevo sempre rendicontato con scontrini, fatture e ricevute, le avevo sostenute per promuovere nelle sedi opportune il turismo nella provincia di Varese. Per di più il collegio dei revisori non aveva mai riscontrato anomalie. Mi chiedevo in maniera ossessiva dove avessi sbagliato”. Paola era comunque speranzosa di riuscire a chiarire la questione all’Ispettore della Digos. La mattina dell’interrogatorio a cui si era resa disponibile si era presentata in Questura addirittura con un trolley dove aveva infilato fotocopie, relazioni scritte, note spese, le chiavette usb con ogni dettaglio, persino gli articoli di giornale e i post Facebook a dimostrare che in alcune date era ad eventi di lavoro. Ciò non bastò. Il pm chiese il rinvio a giudizio, ma su quali basi? “L’accusa si basava su qualcosa di molto vago, era un generico ‘note spese non chiare per un ammontare di 33 mila euro, non giustificate adeguatamente’. In realtà, prima di lasciare l’incarico avevo fotocopiato tutto ciò che riguardava le spese e archiviato in un armadio dell’ufficio. Ma nessuno volle aprire quell’armadio e cercare la risposta. Hanno preferito accusarmi ingiustamente e rinviarmi a giudizio senza una motivazione, come ha spiegato benissimo il gup nella sentenza”. A Barbara Bonvicini riesce agevole il paragone con Tortora, come scrive nella prefazione del libro: “Sarebbe bastato telefonare al numero sull’agenda trovata nell’abitazione del pentito Giuseppe Puca per sentirsi rispondere: «Qui casa Tortona», non «casa Tortora»” ed evitare una delle pagine più nere della giustizia italiana. Paola viene a sapere del rinvio a giudizio dalla stampa, cinque giorni dopo che il pm ne aveva fatto richiesta: “Quando il giornalista mi chiamò, mi cominciò a mancare il fiato. Avevo la sensazione di perdere conoscenza. Mi sedetti sul divano, chiusi gli occhi e cercai di rispondere. Ma ero frastornata. Come era possibile che i giornalisti sapevano e io no?”. Da allora Paola divenne bersaglio dei media: la etichettarono ‘zarina del turismo’ dalle ‘spese allegre’. La condanna era già arrivata prima ancora che la giustizia potesse proseguire il suo corso, a tal punto che qualcuno  - leoni da tastiera e pettegoli provinciali -  le davano già della ‘ladra’.  “Io ho paura di quella stampa infamante, che non ha avuto la correttezza di concedere alla notizia del non luogo a procedere lo stesso spazio che era stato dato per accusarmi”. Nel momento del rinvio a giudizio Paola era senza lavoro, le porte per nuove possibilità le si chiudevano tutte in faccia, additata pubblicamente, in cura dallo psichiatra: “la paura ha preso il sopravvento. Ho dovuto io dimostrare la mia innocenza, non il pm la mia colpevolezza”.  Ci sono voluti due anni per giungere alla conclusione della vicenda. “Oggi lascio tracce di me ovunque posso: agende, social, whatsapp, perché sento di dovermi ancora proteggere da questa giustizia che mi fa paura”. Paola Della Chiesa adesso collabora con diversi istituti privati come docente di inglese, spagnolo, marketing e italiano per stranieri. Quando può gira il mondo per presentare anche l’altro suo libro il Galateo del business, tradotto in inglese, spagnolo e persino giapponese. Assistita dal suo avvocato, Pierpaolo Caso, ha deciso di chiedere i danni  - morali e di salute - alla Provincia di Varese. Ma a mesi da una richiesta di incontro nessuno dall’ente si è degnato di darle una risposta. Prima di salutarci ci tiene a precisare: “vorrei che la mia storia servisse soprattutto alle persone che si trovano nella mia stessa situazione a capire che le cose si possono sistemare, vorrei dare loro conforto, per quanto possibile. Se vogliono possono anche scrivermi”. 

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