La difesa di Occhionero: la perizia ridimensiona l’impianto accusatorio

Di Valentina Stella    Il Dubbio 19 gennaio 2018     

Parola alla difesa ieri al processo contro i fratelli Occhionero, accusati di cyber spionaggio: per tre ore è stato ascoltato il consulente tecnico dottor Mattia Epifani secondo il quale “non è stato effettuato nessuno accesso alle caselle di posta istituzionali quali quelle della Camera, del Senato, di Matteo Renzi, e dei 360 computer, usati quali sorgenti di informazioni, solo da 140 sono state estratte password poi mai utilizzate per estrarre dati riferenti ad enti pubblici”. Alla luce di questo si ridimensionerebbe molto l’impianto accusatorio e secondo l’avvocato Parretta “verrebbe a mancare l’elemento fondamentale che da più di un anno tiene in prigione il mio assistito”.  È stata poi sentita Francesca Occhionero, che ha evidenziato un ‘clima intimidatorio’ da parte della Polizia Postale: "sono stata accusata di non aver mai collaborato alle indagini. Non è vero: io ho collaborato ma ho percepito sin dall'inizio un clima ingannevole, intimidatorio e di forzatura nei miei confronti da parte della polizia postale, non degno di una democrazia. Il giorno dell'arresto si sono presentati a casa mia in cinque, tutti armati, impedendomi di muovermi e persino di chiamare il mio avvocato. Sono una cittadina americana, era un mio diritto rivolgermi a un legale e loro mi risposero che erano liberi di fare quello che volevano perché erano della polizia. Mi dissero che se non avessi firmato il verbale (che non corrispondeva al vero) di quanto avevano trovato in casa avrei passato un guaio. Avevo già consegnato loro le chiavi della cassaforte e del box di mia madre, a quel punto non ho più collaborato". Giulio Occhionero ha reso una dichiarazione spontanea. "Come noto c'è un'altra procura che indaga su questa vicenda (ndr quella di Perugia che sta svolgendo accertamenti su presunti abusi nel corso delle indagini da parte degli investigatori)  e pare che siano stati trovati gli accessi abusivi che sono stati compiuti sui nostri server in America e di sicuro ne è stata individuata la rete. Quanto affermato allora dagli inquirenti è falso e ridicolo. Chiedo per questo di analizzare i dati depositati nel fascicolo e di farlo con un computer non connesso alla rete internet”. Oggi il giudice potrebbe richiedere una super perizia tecnica. Intanto dalle motivazioni del rigetto della richiesta di scarcerazione si legge  che “il comportamento processuale tenuto dall’indagato ha dimostrato che è persona che non riconosce autorevolezza all’Autorità Giudiziaria”: non sarà perché ha esercitato -  commenta al Dubbio l’avvocato Bottacchiari -  “il suo diritto di presentare una querela alla Procura di Perugia per avere la certezza che le indagini siano state condotte in modo esemplare?”

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