La rabbia del garante: «Dell’Utri ha diritto ad essere curato»

di Valentina Stella Il Dubbio 31 gennaio 2018

Marcello Dell’Utri e i suoi legali chiedono che l’udienza del 2 febbraio prossimo, nella quale il Tribunale di Sorveglianza di Roma dovrà esprimersi sulla richiesta di differimento della pena per le sue gravi condizioni di salute, sia pubblica. Lo hanno reso noto ieri, durante una conferenza stampa, gli avvocati dell’ ex senatore del PdL che sta scontando una pena a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa nel carcere romano di Rebibbia. Quel giorno Dell’Utri parteciperà in videoconferenza. «Vogliamo che l’udienza sia a porte aperte. Con un’udienza aperta ai giornalisti che potranno assistere al contradditorio delle parti – ha sottolineato l’avvocato Alessandro De Federicis che assieme alla collega Simona Filippi si sta occupando della vicenda - tutti potranno verificare la situazione di Dell’Utri e della mancanza di cure», ha spiegato. «In questa vicenda - ha aggiunto il penalista - si devono vedere solo le carte, il nome di Dell’Utri deve essere messo da parte».

Attraverso il nuovo ricorso alla magistratura di sorveglianza, i legali dell’ex parlamentare tornano a sollecitare la scarcerazione per incompatibilità con le patologie di cui Dell’Utri soffre da tempo: l’uomo infatti ha una cardiopatia molto grave e una forma di diabete. A luglio gli è stato diagnosticato anche un tumore maligno alla prostata, «ma non ha ancora ricevuto cure» ha precisato la moglie Miranda Ratti Dell’Utri che ha spiegato: «Lo Stato dovrebbe garantire la salute di una persona che è sotto la sua custodia in quanto detenuto. Mio marito non vuole essere graziato, non vuole nulla che non sia giustizia - ha aggiunto -. O si parla di diritto alla salute o si parla di pena punitiva» .

Più in generale, riferendosi alla solidarietà dimostrata dai politici, la signora Dell’Utri ha detto: «I politici pensano alla politica non alla solidarietà, poi ci sono gli amici», e ha ricordato l’impegno del Partito Radicale – tra gli intervenuti Rita Bernardini al nono giorno di sciopero della fame per l’approvazione definitiva della Riforma completa dell’Ordinamento Penitenziario - «che si batte da sempre per i diritti di chi sta in carcere».

Ha partecipato alla conferenza anche Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà: «Non si può tollerare che non sia rispettato il diritto alla salute di una persona. È previsto dall’articolo 32 della Costituzione e viene prima di ogni altra esigenza di giustizia. La magistratura di sorveglianza deve accertarsi che ciò che ordina sia concretamente eseguibile.

Tali decisioni devono rispondere anche al criterio del diritto alla salute della persona, a prescindere dallo stato processuale. A me interessa la tutela dei diritti della persona, non il reato che ha commesso». Palma si riferisce alla decisione del Tribunale di Sorveglianza che lo scorso 5 dicembre, rigettando la richiesta di differimento della pena avanzata dai legali di Dell’Utri, suffragata dalle cattive condizioni di salute del detenuto, aveva stabilito che la terapia sarebbe potuta essere effettuata in costanza di detenzione, piantonato h24, sia in regime ambulatoriale che in ricovero ospedaliero. Secondo il Tribunale, nonostante anche il parere contrario alla detenzione carceraria dei consulenti del procuratore generale di Roma, Dell’Utri avrebbe potuto fare la radioterapia recandosi ogni mattina dal carcere per 7 settimane circa in ambulatorio: tale procedura è stata fortemente sconsigliata dai medici del carcere perché avrebbe stressato ancora di più la salute del 76enne. L’alternativa era quella di recarsi in un centro ospedaliero protetto: ipotesi esclusa per un cardiopatico, dovendo il paziente rimanere sempre chiuso in stanza, senza poter accedere all’aria aperta. Appurato ciò, Palma il 21 dicembre scrive alla presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ha rigirato il giorno successivo gli atti al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e alla direzione del carcere di Rebibbia. Il 10 gennaio il magistrato di sorveglianza d’ufficio apre un fascicolo sulla possibilità di concedere la detenzione domiciliare a Dell’Utri, il 16 determina che non sussistano elementi di urgenza ma allo stesso tempo fissa l’udienza del prossimo 2 febbraio.

Sull’operato della magistratura di sorveglianza al termine della conferenza abbiamo chiesto un commento all’avvocato De Federicis, esponente dell’Unione delle Camere Penali Italiane: «Noi abbiamo acceso un focus sulle problematiche della magistratura di sorveglianza; la popolazione detenuta sta crescendo molto, in particolare i definitivi, che sono di competenza della magistratura di sorveglianza. Le risorse e i mezzi sono scarsi. Premesso ciò, ho sempre sostenuto che il magistrato di sorveglianza, che dalla stessa magistratura è ritenuto una magistrato di serie B, in realtà ha un compito che bisognerebbe affrontare con uno spirito quasi missionario. Perché se uno non ha la cultura della rieducazione è chiaro che è più facile comunicare col detenuto in video conferenza, durante la quale insieme al recluso ci sono gli agenti penitenziari che gli impediscono in teoria di denunciare eventuali torture, minacce, pestaggi. Allora questo tipo di atteggiamento di tale magistratura che non si vuole muovere dall’ufficio perché casomai deve lavorare su altri cento fascicoli può derivare da una mancanza di vocazione e di attinenza al principio costituzionale della rieducazione durante la pena».

Tutte le tappe di un processo contestatissimo
il dibattimento di primo grado del processo Dell’Utri prende avvio, davanti al Tribunale di Palermo, nel novembre del 1997 e si conclude l’ 11 dicembre 2004, con la condanna a nove anni di reclusione.
la sentenza di primo grado viene impugnata sia dalla difesa dell’imputato sia, in via incidentale, dal Procuratore della Repubblica di Palermo. Al termine del dibattimento di secondo grado, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 29 giugno 2010, condanna Dell’Utri a sette anni di reclusione per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici, pur confermando che l’imputato, sin dalla prima metà degli anni Settanta, ha svolto un importante ruolo di collegamento tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra, ritengono tuttavia che detta attività di mediazione - e il conseguente contributo al rafforzamento dell’associazione mafiosa - sarebbe cessata nel 1992, anziché nel 1998, come sostenuto dal Tribunale.
il 9 marzo 2012, la V sezione penale della Corte di Cassazione, investita dei ricorsi del Procuratore generale presso la Corte d’appello e dell’imputato, annulla con rinvio la sentenza di secondo grado.
LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO IN SEDE DI RINVIO: il 25 marzo 2013 Dell’Utri è condannato alla pena di sette anni di reclusione; confermato integralmente il giudizio di colpevolezza già espresso dalla sentenza annullata dalla Cassazione, per l’intero periodo intercorrente dal 1974 al 1992.
diversamente da quanto accaduto nel 2012, la sentenza di condanna pronunciata dalla sezione III della Corte d’appello di Palermo supera indenne il vaglio della Corte di Cassazione. Il 1° luglio 2014, con il deposito delle motivazioni della sentenza n. 28225, pronunciata dalla sezione I della Corte di Cassazione, si chiude il processo penale a carico dell’ex senatore Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva alla pena di sette anni di reclusione per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.
la Procura di Palermo alla fine della requisitoria del processo sulla Trattativa tra pezzi delle Istituzioni e la mafia, dopo quasi 5 anni di dibattimento, chiede altri 12 anni di carcere per Dell’Utri. Secondo l’accusa “alla fine del 1993 Marcello Dell’Utri si è reso disponibile a veicolare il messaggio intimidatorio per conto di Cosa nostra, cioè fermare le bombe in cambio di norme per l’attenuazione del regime carcerario”.
( fonte: www. penalecontemporaneo. it)

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