Scatti di libertà e fantasia per illuminare la cultura in carcere

Di Valentina Stella Il Dubbio 24 gennaio 2018

Presentato alla Camera dei Deputati il libro “Signora Libertà Signorina Fantasia Un racconto dal carcere” di Giancarlo Capozzoli e Gerald Bruneau (UniversItalia edizioni), con la prefazione di Erri De Luca.  Le pagine affrontano  il tema della cultura in carcere, nello specifico il teatro. Questo libro, spiega Capozzoli nella sua introduzione, “nasce dalla esigenza di raccontare come un reportage fotografico ma non solo, il lavoro svolto nell’ ultimo anno all’ interno degli istituti di Rebibbia, Casa Circondariale Nuovo Complesso, e Terza Casa, a Roma. Racconta del teatro innanzitutto. Del teatro portato in scena con i detenuti attori di Rebibbia. Sono alcuni degli scatti di scena che il fotoreporter francese Gerald Bruneau ha realizzato nel Luglio del 2016, durante le prove per la messa in scena de “Othello o della verità”, riadattamento da me curato da Shakespeare per e con un gruppo di persone private della libertà personale”. Molte le persone intervenute alla presentazione: la criminologa Tonia Bardellino, Pasquale Bronzo,  professore di Diritto Penitenziario presso la facoltà di Giurisprudenza de La Sapienza, Patrizio Gonnella di Antigone e l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini che ha sottolineato come “l’elemento che ci ha convinto da sempre a lottare per le persone detenute è il fatto che il carcere è una istituzione oscura, per cui le foto del vostro libro rappresentano fasci di luce che entrano in profondità e fanno comprendere quali sono le condizioni del carcere ma anche le condizioni di bellezza dei detenuti”.  Presente anche l’avvocato Maria Brucale del direttivo di Nessuno Tocchi Caino: i detenuti fotografati “sono persone luminose, hanno occhi, labbra, mani, vene, abbracci, sorrisi, sono erotismo, sono passione, sono simpatia, sono gioco, sono tutto quello che è una persona”.  Gerald Bruneau, che già in passato si era occupato di carcere e soprattutto di pena di morte realizzando un reportage ad Huntsville, città-prigione del Texas, si è soffermato sui tatuaggi dei detenuti: “ non lo fanno per moda, ma per vedersi segnato dall’esperienza che è il carcere; poi in questo luogo c’è una particolare cultura del corpo: tutti vogliono lavorare su di esso e recuperarlo in modo sano, e il teatro, con la sua disciplina, aiuta anche in questo, per presentarsi, una volta usciti, in maniera migliore al mondo”. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue