L’Anm sul piede di guerra: «Riforma punitiva, è una sconfitta per la giustizia»
Valentina Stella Dubbio 30 maggio 2024
Da una parte forze di maggioranza, Governo, e avvocatura, dall’altra parte opposizioni e magistratura: questa la netta divisione creatasi a seguito dell’approvazione ieri in Cdm del ddl costituzionale su separazione delle carriere e Alta Corte. Il vicepremier e leader di Forza Italia Antonio Tajani ha parlato di «successo straordinario», la premier Giorgia Meloni di «riforma giusta, necessaria e storica», il Ministro Matteo Salvini di «altra promessa mantenuta». Plauso per il risultato è arrivato dal Presidente del Cnf, Francesco Greco: «La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri costituisce un importante passo avanti verso il giusto processo, previsto dall’art. 111 della Costituzione, perché assicura equidistanza tra accusa e difesa nei confronti del giudice. Inevitabile, dunque, è la previsione dell’istituzione di un Csm giudicante e uno per quella requirente, perché mantenere un unico organo di autogoverno finirebbe, nel concreto, per vanificare la separazione delle due carriere. Questi passaggi, che concretizzano il principio costituzionale dell'uguaglianza tra accusa e difesa, contribuiranno a rendere chiara la terzietà del giudice e, dunque, a rafforzare la fiducia nel sistema giudiziario». Ha poi aggiunto: «un processo penale ideale necessita di un pubblico ministero forte, di un avvocato forte e di un giudice terzo altrettanto forte. Con la separazione delle carriere si passa da una “cultura della giurisdizione” ristretta ai magistrati, ad una “cultura della legalità” comune tra tutte le parti del processo, anche al difensore, e di conseguenza di maggior tutela per i cittadini». Interpellato dal Dubbio, il vertice della massima istituzione forense ha commentato poi così l’assenza, dal ddl appena varato, del comma sull’avvocato in Costituzione: «Immagino si sia voluto intervenire solo sul riordino della magistratura e che ci sia voluti riservare di definire in un secondo momento anche il ruolo dell’avvocatura». Per Francesco Petrelli, presidente dell’Ucpi, « il testo governativo ad una prima lettura appare conforme alle attese in quanto segue le fondamentali linee della nostra proposta di riforma costituzionale di iniziativa popolare del 2017», elaborata dai penalisti italiani. Dall’altra parte della barricata il Pd che, tramite la responsabile giustizia Debora Serracchiani, ha assunto la seguente posizione: «Più che in presenza di una riforma della giustizia assistiamo ad un intervento che insieme agli altri su autonomia differenziata e premierato, conduce allo smantellamento del sistema istituzionale repubblicano che affonda le radici nella nostra Costituzione». Mentre il presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, ha trovato «scandaloso che questa maggioranza, di fronte alle inchieste giudiziarie, anziché mandare via il marcio che c’è nei partiti, i politici corrotti, voglia mettere la mordacchia alla magistratura, separare le carriere, metterle sotto il potere esecutivo e impedire di andare avanti con le inchieste». La reazione dell’Anm è arrivata addirittura prima ancora che iniziasse il Cdm quando il presidente Giuseppe Santalucia ha convocato «in via d’urgenza» la Giunta del sindacato delle toghe che ha deciso di organizzare un Comitato direttivo centrale per il 15 giugno, aperto anche alle altre magistrature, per assumere iniziative in merito alla riforma. Nel tardo pomeriggio poi una nota: «La logica di fondo del disegno di legge sulla separazione delle carriere e l’istituzione dell’Alta corte - scrive la Giunta - si rintraccia in una volontà punitiva nei confronti della magistratura ordinaria, responsabile per l’esercizio indipendente delle sue funzioni di controllo di legalità. Gli aspetti allarmanti delle bozze del disegno di legge sono molteplici, leggiamo una riforma ambigua che crea un quadro disarmante». «È una riforma – ha proseguito la nota - che non incide sugli effettivi bisogni della giustizia, ma che esprime la chiara intenzione di attuare un controllo sulla magistratura da parte della politica, che si realizza essenzialmente con lo svilimento del ruolo e della funzione di rappresentanza elettiva dei togati del Csm e con lo svuotamento delle sue essenziali prerogative disciplinari, affidate a una giurisdizione speciale di nuovo conio». Per le toghe «quella di oggi (ieri, ndr) è una sconfitta per la giustizia, significa dare più potere alla maggioranza politica di turno, danneggiando innanzitutto i cittadini». A dichiarare tra i gruppi associativi solo la corrente progressista di Area, prima con il Segretario Giovanni Zaccaro - per cui «sorge il dubbio che la riforma non miri a togliere la politica dal Csm ma semplicemente ad affidare il Csm, e con esso l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, alla politica dei partiti, privando i cittadini di un presidio fondamentale per il principio di uguaglianza e di divisione dei poteri» - e il componente del Cdc Rocco Maruotti che si è detto «preoccupato», tra i vari aspetti, «dell’introduzione del concetto di ‘carriera’, che allude ad una magistratura gerarchizzata e non distinta solo per “funzioni”; della previsione di due diversi CSM, composti da membri laici individuati attraverso un sistema misto (elezione/sorteggio), mentre per i componenti togati si prevede la sola “estrazione a sorte». Per David Ermini, ex vicepresidente del Csm, «l'assalto al Csm e conseguentemente alla autonomia e all'indipendenza della magistratura non si ferma».
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