Bernardini: Carceri, una bomba virale a orologeria

di Valentina Stella Left 13 marzo 2020

In questa difficile situazione di emergenza che il nostro Paese si trova a dover fronteggiare a causa del covid-19, c’è una fetta di popolazione che forse più di altre percepisce il pericolo: è quella degli oltre 60000 detenuti che in questo momento si trovano in carceri sovraffollate –  anche 9 in una cella – e che nel momento in cui scriviamo hanno dato vita a numerose rivolte perché è stato impedito loro, per ragione di sicurezza sanitaria, di avere colloqui con i familiari. Nel carcere di Modena ne sono morti addirittura tre e due agenti penitenziari sono stati presi in ostaggio nell’istituto di Pavia. Ci saranno indagini e approfondimenti ma intanto c’è una doppia emergenza oltre le mura che ci dividono dai reclusi. Ne parliamo con Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino e membro del Consiglio generale del Partito Radicale.

Tre detenuti morti a Modena. Mentre scriviamo non si conoscono le cause. Ma che giudizio dai di questo gravissimo episodio?
Con la popolazione penitenziaria tutta – sia detenuti che personale – occorre parlarci e purtroppo questo non è stato fatto. I detenuti si sono trovati all’improvviso con misure molto restrittive e senza capirne il senso. Purtroppo negli ultimi tempi questa capacità di parlare con la popolazione detenuta è andata via via perdendosi. Mi auguro che in questa fase siano utilizzati i Garanti e i Direttori per parlare con i reclusi e spiegare esattamente le misure e come possano essere salvaguardati i diritti residui, visto che i colloqui non ci sono più.  Pensando a queste rivolte non può non venirmi in mente il sacrificio della nonviolenza fatto da migliaia di detenuti durante gli Stati generali dell’Esecuzione penale su sollecitazione di Marco Pannella: di questo patrimonio purtroppo non si è fatto tesoro. Le misure di contenimento della popolazione detenuta non sono state adottate. Adesso la popolazione è ancora in aumento: entrano gli arrestati ma non esce nessuno.
In molti istituti di pena ci sono state rivolte. E degli agenti della penitenziaria presi in ostaggio. Queste azioni sono da condannare?
Ovviamente siamo alla presenza di reati che vanno perseguiti. Ho cercato di diffondere questo messaggio: queste rivolte sono contro i detenuti, essi si auto-danneggiano perché sono le prime vittime. Se pensiamo a misure che potrebbero essere adottate in queste momento, come la detenzione domiciliare, i primi ad essere esclusi sono proprio i detenuti che hanno partecipato alle rivolte. E comunque la violenza è sempre da bandire. Ho consigliato persino ai familiari che stanno facendo manifestazioni davanti alle carceri di assumere condotte responsabili se davvero vogliono bene ai loro congiunti. Queste manifestazioni sono da scongiurare perché alimentano lo stato di paura. Dobbiamo essere tutti responsabili e limitare al massimo i contatti umani
Nel decreto legge si prevede che dal 9 marzo e sino al 22 marzo 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati, sono svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti della normativa vigente. Che giudizio dai?
Non tutte le carceri sono attrezzate per utilizzare ad esempio Skype. Anche sulle telefonate, volendone aumentare il numero occorre fare chiarezza: non tutti gli istituti di pena sono attrezzati per consentirne molte. C’è una fascia di detenuti molto povera che non hanno a disposizione i mezzi: a loro bisognerebbe pagare le telefonate. E poi mi chiedo cosa succede per i detenuti in 41bis: per loro l’unico colloquio mensile è stato cancellato e sostituito dalla telefonata da fare dall’interno del carcere: i parenti potranno dunque entrare?  

Inoltre, si legge nel decreto, tenuto conto delle evidenze rappresentate dall’autorità sanitaria, la magistratura di sorveglianza può sospendere, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto ed il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà.
Io prevederei invece la detenzione domiciliare. È chiaro che non possono entrare ed uscire dalle carceri continuamente ma sarebbe anche necessario che agli agenti fosse misurata la temperatura, perché potrebbero essere loro il veicolo del virus.

L'emergenza sanitaria dunque  può essere l'occasione per intraprendere quelle decisioni e quei provvedimenti che chiedete come Partito Radicale da tempo per carceri più umane?
Amnistia e indulto sono provvedimenti necessari. Comunque qualcosa va fatto: sono tanti gli strumenti. Per esempio introdurre nuovamente la liberazione anticipazione speciale che consentirebbe ai detenuti di usufruire di uno sconto di pena in questa situazione emergenziale. Dopo di che le misure alternative con provvedimenti di legge ad hoc. La detenzione domiciliare potrebbe essere data anche nei casi più difficili, dove potrebbero essere utilizzati i braccialetti elettronici. Qui c’è uno scandalo: i braccialetti non ci sono anche se con essi i magistrati di sorveglianza sarebbero più propensi a dare le misure alternative. Non ci sono nonostante Fastweb abbia vinto una gara da oltre un anno: né Salvini né Lamorgese hanno fatto il collaudo e il controllo a distanza. E non dimentichiamo che ci sono circa 16000 detenuti che hanno un residuo di pena sotto i due anni: a loro potrebbe essere concessa senza problema la misura alternativa al carcere.  
Tu sei in contatto con molti detenuti. Ci puoi partecipare qualche racconto relativo alle paure di questi giorni?
I timori provengono da tutta Italia, non sono dalle carceri sovraffollate. Ma soprattutto dal sud: la questione è stata amministrata meglio al centro Nord. Alcuni direttori mi hanno detto che mancano indicazioni precise sui colloqui, sulla sanificazione dei luoghi. Questo crea preoccupazione anche nei familiari. Fino a domenica non si sapeva neanche se potevano portare i pacchi: è possibile farlo. Questo per i detenuti è fondamentale. A me arrivano telefonate di persone che hanno congiunti malati in carcere anche gravemente. Sono tantissimi che si trovano soprattutto all’Alta sicurezza e al 41bis, con malattie terminali molto gravi, con difese immunitarie basse.  
Tu hai mandato un whatsapp al Ministro Bonafede: "Caro Alfonso ricevo telefonate allarmate di familiari di detenuti e direttori di carceri. [...] Facciamo qualcosa?". Ti ha risposto e se sì cosa?
Non siamo riusciti a parlarci, l’ho invitato a Radio Radicale ma non è voluto intervenire direttamente. Alla fine ha parlato il capo del Dap, Francesco Basentini. Credo che le carceri siano state messe all’ultimo posto nei pensieri del Governo. Invece sono luoghi ‘esplosivi’: se si diffonde, come ha detto anche Basentini, il virus nelle carceri, la questione diventa veramente preoccupante.

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