Napoli sos personale al Tribunale di Sorveglianza: «Situazione grave»

di Valentina Stella Il Dubbio 11 febbraio 2020

I numeri non lasciano dubbi sul dissesto del Tribunale di Sorveglianza di Napoli: su 57 unità previste, sono in servizio 34 persone. A Napoli ed Avellino manca il 42 per cento del personale e a Santa Maria Capua Vetere il 37 per cento; contemporaneamente, però, è in aumento il carico di lavoro, pari a 39mila procedure in più, con 50mila procedimenti pendenti. I dati sono stati resi nota in una conferenza stampa presso il Tribunale partenopeo indetta dalla Camera Penale di Napoli, dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli e dall’associazione ‘“Carcere Possibile Onlus”. «Si tratta di una situazione gravissima - ha commentato, durante l’incontro con i giornalisti, la Presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, Adriana Pangia - che non consente un accettabile esercizio delle funzioni proprie della magistratura di sorveglianza». Il ministero della Giustizia è stato allertato più volte ma «non sono state adottate misure adeguate» ; addirittura Pangia si è recata a gennaio a via Arenula, previo appuntamento per illustrare la situazione, ma poi non è stata ricevuta dai funzionari ministeriali. Un viaggio a vuoto a cui si è deciso di reagire unendo avvocati e magistrati per alzare l’attenzione.
L’avvocato Ermanno Carnevale, presidente dei penalisti napoletani, al Dubbio dice che «appena ci è giunta la missiva della presidente Pangia che denunciava questa grave carenza dell’organico amministrativo, ci è sembrato doveroso accogliere questo grido di dolore che è anche il nostro e, coinvolgendo la stampa, renderlo pubblico. La situazione è ormai insostenibile, per questo la conferenza stampa è stata solo la prima di una serie di iniziative». Come si legge in una nota del Carcere Possibile Onlus, «la carenza di organico del personale, soprattutto amministrativo, ha inginocchiato il funzionamento di un settore strategico della giustizia penale, quello deputato all'esecuzione della pena, quella tanto bistrattata esecuzione della pena che non interessa a nessuno, se non a parole ed esclusivamente in funzione di slogan usati per invocare la famosa certezza della pena che, in conseguenza della predetta carenza di mezzi, non può veramente essere assicurata». In particolare, per l’avvocato Elena Cimmino «l’assenza di risorse umane, illustrate dalla dottoressa Pangia, nei fatti si traduce in un’assenza di diritti poiché gli avvocati che li tutelano, e che sono chiamati ad assicurare che la pena sia espiata nel modo più utile al condannato in funzione della sua rieducazione, hanno una difficoltà enorme a trovare l’indispensabile personale amministrativo a cui rivolgere solleciti o evidenziare criticità particolari» e denuncia anche «che se al Tribunale viene inviata dalla direzione sanitaria di un carcere una nota che segnala un'emergenza, può succedere che questa nota non trovi nessuno a riceverla prontamente, con conseguenze anche fatali per il detenuto».

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