Bonafede: azione disciplinare con pm del processo Ciontoli Vannini

di Valentina Stella Il Dubbio 15 febbraio 2020


Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede avrebbe promosso una azione disciplinare nei confronti di Alessandra D’Amore, la pm che ha condotto le prime indagini sull’omicidio di Marco Vannini. Lo ha reso noto la trasmissione Le Iene in una puntata dedicata alla decisione della Cassazione per cui il processo di appello per Antonio Ciontoli e famiglia va rifatto. Il condizionale è d’obbligo perché come ci fanno sapere da via Arenula “non è una informazione nella nostra disponibilità”. La pm, come riportato da Giulio Golia, potrebbe aver violato i doveri di diligenza e laboriosità creando un ingiusto danno ai genitori del ragazzo morto a 20 anni. Al magistrato verrebbe contestato di aver svolto in maniera superficiale l’inchiesta, non mettendo sotto sequestro la casa dei Ciontoli e non raccogliendo importanti testimonianze, che invece sarebbero state portate alla luce dalla trasmissione di intrattenimento di Italia1. Il magistrato avrebbe già chiesto di essere ascoltato e la richiesta potrebbe essere accolta nei prossimi giorni. L’avvocato di parte civile, Celestino Gnazi, fa sapere di non voler “commentare iniziative disciplinari” e si limita a dire che “in primo grado le indagini sono state svolte in modo da raccogliere una montagna di elementi più che sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati. Nel caso va valutato il comportamento dei giudici”. Per l’avvocato dei Ciontoli Andrea Miroli, “questa purtroppo è una delle conseguenze del processo parallelo e cioè quello che si svolge nelle trasmissioni televisive dove spesso vengono invitati a parlare persone senza alcuna cognizione della vicenda e soprattutto senza alcuna competenza e dove quello che viene detto viene amplificato al punto da divenire una verità inoppugnabile”. Non sarebbe la prima azione disciplinare richiesta dal Guardasigilli nei confronti di un magistrato coinvolto nel caso Vannini: un anno fa era stato il turno del presidente della giuria di appello, Andrea Calabria, che aveva prefigurato alla madre della vittima il rischio di un “giro a Perugia”, ossia una denuncia per oltraggio alla Corte,  qualora avesse continuato a urlare “vergogna” di fronte alla lettura della sentenza che aveva ridotto da 14 a 5 anni la condanna per Ciontoli. Il Ministro Bonafede in un video aveva ribadito giustamente l’impossibilità di intervenire in un processo in corso ma poi, però, ha incontrato al Ministero i genitori del ragazzo. A ciò si deve aggiungere l’ex Ministro Salvini aveva definito sui social ‘vergognosa’ la sentenza di appello e che otto giorni fa nell’aula di Cassazione seduta in prima fila accanto ai parenti del giovane Vannini c’era l’ex Ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che quando era in carica aveva assicurato che Ciontoli non sarebbe mai stato reintegrato. Sembrerebbe quasi che chi, svolgendo le proprie funzioni, non concorre a massimizzare le pene per i Ciontoli o lede il sentire popolare possa subire pressioni politiche, che andrebbero ad aggiungersi a quelle mediatiche.

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