Migliore: «Alcune critiche sono fuorvianti»

di Valentina Stella Il Dubbio 22 febbraio 2018

«Stiamo trovando enormi resistenze sulla riforma dell’ordinamento penitenziario da tutta l’opposizione parlamentare», dice il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore, a margine della presentazione del progetto di teatro partecipato “Educarsi alla libertà”, diretto dal regista e drammaturgo Mimmo Sorrentino e ripercorso nel documentario “Cattività”, diretto da Bruno Oliviero. Sulle critiche di una parte della magistratura Migliore aggiunge: «Le posizioni espresse nei confronti della riforma dell’ordinamento penitenziario sono tutte ovviamente legittime. Ritengo sinceramente che alcune di esse siano fuorvianti anche rispetto a quello che è il senso complessivo della riforma. Rispetto alla magistratura noi abbiamo ascoltato le posizioni del Csm e dell’Anm che complessivamente hanno dato un giudizio positivo. Poi ci sono pochi magistrati la cui autorevolezza è nota che hanno inteso sollevare problemi e preoccupazioni rispetto a regimi di detenzione più duri come il 41 bis: la riforma per come l’abbiamo pensata non interviene in nessun modo sulla modifica del regime del 41 bis e quindi forse c’è stata una interpretazione non corretta da parte di costoro. Si tratta di una riforma storica che va nella direzione di aumentare il livello di sicurezza di questo Paese perché punta all’abbassamento della recidiva». A proposito del caso della mancata concessione dell’affidamento in prova da parte del magistrato di sorveglianza a un detenuto recluso a Rebibbia, affetto da una grave forma di cirrosi epatica che lo ha poi condotto alla morte lo scorso giorno, come raccontato da Il Dubbio Migliore dice: “La riforma interviene dando più responsabilità alla magistratura di sorveglianza. Non consiglio mai a nessuno di parlare per categorie. I magistrati per loro natura e anche per costituzione hanno una autonomia e una indipendenza. Il caso di quest’uomo non lo conosco, degli approfondimenti saranno fatti nelle sedi competenti. Ma in generale la magistratura di sorveglianza è una istituzione fondamentale proprio perché la pena venga eseguita rispettando il diritto, per cui ci deve essere la certezza delle pene ma anche quella del diritto». Il progetto di teatro partecipato “Educarsi alla libertà”, patrocinato dal ministero della Giustizia e dal MiBact, vede protagoniste venti donne condannate per mafia, né pentite né dissociate, e detenute nella casa di reclusione di Vigevano che hanno trovato nel teatro la chiave per il loro reinserimento nella società. Esse sono le uniche in Italia soggette a regime di Alta Sicurezza a poter uscire dal carcere per rappresentare i loro spettacoli, durante i quali raccontano la loro infanzia e le loro storie di criminalità. Per farle uscire i magistrati di sorveglianza sono ricorsi a un permesso di ‘ necessità’ con scorta, lo stesso che si usa per le questioni mediche vitali. Come ci ha raccontato, al margine della conferenza, Mimmo Sorrentino queste detenute «hanno compiuto un grosso passo nel prendere coscienza che la strada da loro intrapresa è sbagliata perché ciò ti permette di rielaborare la tua vita e di innescare dei cambiamenti in te e nelle persone accanto a te. Il pentimento giudiziario è un’altra cosa e ha a che fare con gli sconti di pena. Queste donne non chiedono nulla di tutto ciò. Ma in scena chiedono perdono e la possibilità di poter continuare a chiedere perdono alle vittime». Attività per le quali il sottosegretario alla Giustizia Gennaro Migliore auspica che la «Rai rompa il muro di silenzio su progetti che hanno come protagonisti i detenuti»

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