I grandi delilitti dalla A alla Z

 di Valentina Stella il Dubbio 17 agosto 2021

Ne «I grandi delitti dalla "A" alla "Z"» (Nuova Editrice Universitaria, pag. 328, euro 20) un ex magistrato, Gennario Francione, e un biologo forense,  Eugenio D’Orio, esaminano i grandi delitti della storia italiana degli ultimi decenni alla luce della Criminologia dinamica, atta a inquadrare correttamente e definire l’uso che può esser fatto della prova del DNA nel contesto processuale penale. La prefazione è del giornalista televisivo Marco Oliva di Telelombardia. In postfazione intervengono l’investigatore Davide Cannella e Pier Paolo De Pasquale, criminologo presso il master di II  livello in Scienze forensi all’università di Sapienza,  i quali illustrano rispettivamente il caso del Mostro di Firenze e il delitto dell’Olgiata. Secondo gli autori «il processo indiziario allo stato è previsto dalla legge ma è irrazionale perché di per sé crea sempre un ragionevole dubbio tant’è che in questi casi eclatanti si crea sempre il partito dei colpevolisti e quello degl’innocentisti, mancando, quindi, a monte la certezza del verdetto finale. Noi ci battiamo per far dichiarare l’incostituzionalità del processo indiziario. Secondo le statistiche il 90% dei processi oggi su base indiziaria verrebbe spazzato via, rimanendo solo il 10% di processi da portare avanti fino all’eventuale condanna. Un sistema rapido ma giusto per smaltire l’arretrato». Secondo Francione e D'Orio occorre «pretendere non solo la confessione e/o la pistola fumante, perché prove forti sono anche intercettazioni telefoniche inequivocabili, testimonianze nette incrociate, percorsi ricostruiti con telecamere a circuito chiuso, marcature post delictum con microspie, sistemi informatici a prova di bomba come Mytutela per inchiodare comunicazioni incriminanti, uso di data base, di informatica e algoritmica investigative, uso delle neuroscienze, rilievi scientifici fatti come si deve e sicuri al 100%. Non certo come nei casi Cogne, Melania Rea, Meredith, Gambirasio. Per non parlare di Ceste dove non si sa nemmeno come è morta la donna, o Guerina Piscaglia e Roberta Ragusa di cui non si è trovato addirittura il corpo non potendosi dire se siano morte e in tal caso se siano state uccise e come e da chi».


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