Patrocinio a spese dello Stato, Ministero della Giustizia ammette gravi criticità
di Angela Stella Il Riformista 8 maggio 2020
Avevamo ragione quando circa due
settimane fa scrivevamo che il diritto alla difesa dei più poveri è gravemente
compromesso per mancanza di fondi a favore degli avvocati iscritti nell'elenco
dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato. A sollevare la
questione era stato prima il dottor Fabio Massimo Gallo, presidente della Corte
di Appello di Roma, e poi da queste pagine l’avvocata Valentina Bevilacqua, componente
della Camera Penale di Roma e dell’Osservatorio Patrocinio a Spese dello Stato
dell’Ucpi. Di chi sono le responsabilità difficile dirlo. Del Ministero
dell'Economia che deve erogare i fondi? Di quello della Giustizia che li
amministra? Dei giudici e dei funzionari distrettuali? Cerchiamo di capirne di
più. Come è noto il patrocinio a spese dello Stato è destinato a garantire una
difesa effettiva ai non abbienti, essendo innanzitutto un istituto di civiltà
giuridica, tuttavia è caratterizzato da numerose criticità: nella fase della
liquidazione, "i problemi principali sono la discrezionalità attribuita al
Giudice nella quantificazione dei compensi professionali, che ha determinato
lampanti disomogeneità e liquidazioni al ribasso" ci raccontava
Bevilacqua, per non parlare dei ritardi nei pagamenti delle fatture, spesso non
evase entro un anno ma sulle quali gli avvocati sono stati costretti a pagare
l’Iva su redditi non percepiti. Avevamo chiesto anche informazioni al Ministero
della Giustizia per avere maggiori dettagli ed ecco quello che ci hanno
risposto dopo qualche giorno tramite un documento redatto dal responsabile
della Direzione generale degli Affari interni: "come già rappresentato più
volte in questi anni alla Corte di appello di Roma, [...], i fondi disponibili
sul capitolo 1360 risultano ogni anno sempre insufficienti a coprire non solo
il fabbisogno di spesa della Corte, ma l'intero fabbisogno nazionale. [...]
Pertanto si ribadisce che la criticità descritta relativa alla gestione del
capitolo 1360 non costituisce una caratteristica della Corte di appello di
Roma, ma coinvolge, in ugual misura, tutti i distretti sul territorio nazionale
e non riguarda solo i compensi per gli avvocati, ma tutte le ulteriori spese
gravanti sullo stesso capitolo". Infatti quel capitolo di spesa non è
destinato solo al gratuito patrocinio ma anche alla generalità delle spese
processuali quali, ad esempio, consulenti, periti, traduttori, custodi, giudici
popolari, testimoni, trasferte per il compimento di atti processuali, e molto
altro. Dunque il Ministero ammette che i fondi mancano e che la Corte di
Appello di Roma sta ancora aspettando gli accreditamenti delle somme residue
relativi agli anni 2018, 2019, 2020 ma precisa, primo, che "i funzionari
delegati presso gli uffici giudiziari sono perfettamente a conoscenza delle
tempistiche [...[ le quali per l'anno 2020 non hanno subito alcuna modifica
rispetto agli anni precedenti" e che, secondo, "questa direzione
aveva invitato i funzionari delegati a fornire le richieste di fabbisogno
relative al II quadrimestre 2020 entro la scadenza del 10 4 2020" ma
"molti uffici giudiziari non hanno adempiuto a tale termine, costringendo
questo ufficio a trasmettere tre note di sollecito". Guardiamo ora le
cifre del dettaglio, sempre secondo quanto ci ha inoltrato il Ministero della
Giustizia, in merito alla Corte di Appello di Roma: relativamente all'anno 2018
"è stato richiesto nell'anno 2020 un debito residuo di 1.800.000,00 euro
che sarà estinto a breve, in quanto si è appena avuta la disponibilità dei
fondi". Per il 2019 "è stato richiesto nell'anno 2020 un debito
residuo di 6.050.000,00 euro, di cui è stato già erogato un acconto di
2.087.300,00 euro. Si provvederà ad erogare il saldo non appena verranno
stanziati i fondi dal competente Ministero dell'Economia e delle Finanze".
L'avvocato Giulio Michele Lazzaro, responsabile dell’Osservatorio Patrocinio a
Spese dello Stato dell'UCPI, osserva che "al fine di rendere effettiva la
difesa dei non abbienti e celere la liquidazione del difensore, il Legislatore deve
fare la sua parte creando, per esempio, un apposito capitolo di spesa
nell’ambito dello stato di previsione del Dicastero competente, all’atto della
redazione della legge di stabilità da parte del Governo, in modo da destinare
una somma di denaro determinata e sufficiente a coprire le previsioni di
spesa, vincolata esclusivamente alla
liquidazione dei compensi professionali. Nel contempo il Ministero della
Giustizia deve fare la sua parte "tecnica", implementando cioè le piattaforme
telematiche esistenti e permettendo il dialogo tra le stesse, oltre all'accesso
da remoto dei Funzionari e naturalmente alla formazione del personale alle
nuove tecnologie".
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