Intercettazioni: inammissibile ricorso di Cosimo Ferri


di Valentina Stella Il Dubbio 27 maggio 2020


La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile  il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dal deputato di Italia Viva Cosimo Maria Ferri nei confronti del Procuratore generale presso la Corte di cassazione e  del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia;  il magistrato collocato fuori ruolo, in quanto appunto in aspettativa per mandato parlamentare, ha denunciato innanzi la Corte la lesione delle sue prerogative costituzionali quale singolo parlamentare per essere stato illegittimamente sottoposto, in via indiretta, a intercettazione di conversazione, "in assenza dell’autorizzazione della Camera dei deputati, richiesta dall’articolo 68, terzo comma, della Costituzione, nonché per essere stato sottoposto, sulla base di tali intercettazioni, all’azione disciplinare esercitata dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione". In attesa del deposito dell’ordinanza, l’Ufficio stampa della Consulta ha motivato l'inammissibilità del ricorso di Ferri in quanto le prerogative di cui il ricorrente lamenta la lesione sono di titolarità esclusiva dell’Assemblea, "come, del resto, la Corte ha sempre affermato con chiarezza in precedenti occasioni". Il caso riguarda l'inchiesta per corruzione incentrata sull'ex pm Luca Palamara, già presidente del'Anm. Ferri era tra le persone intercettate, attraverso il trojan inoculato nello smartphone di Palamara, nella ormai nota riunione avvenuta in un hotel romano con lo stesso Palamara, cinque consiglieri togati del Csm, che si sono poi tutti dimessi, e il deputato del partito democratico Luca Lotti, durante la quale si discusse delle future nomine ai vertici di alcune procure, a partire da quella romana. Lo scorso luglio la sezione disciplinare del Csm, respingendo la richiesta della difesa di Palamara di dichiarare inutilizzabili le intercettazioni con Ferri e Lotti, aveva dichiarato che quelle intercettazioni erano state captate in modo casuale e quindi si sarebbero potute utilizzare. Secondo quanto emerso dall'ordinanza della sezione disciplinare, gli investigatori non sapevano che si sarebbero incontrati e quindi in nessun modo avrebbero potuto spegnere il trojan che ha infettato lo smartphone di Palamara. Intanto, sempre ieri attraverso un comunicato stampa, la Procura Generale della Cassazione ha reso noto che dalla procura di Perugia sono giunti "ulteriori atti" dell'inchiesta su Luca Palamara, la cui valutazione è "indispensabile ai fini delle considerazioni conclusive sulle azioni disciplinari esercitate e sulle eventuali nuove azioni da assumere". Il materiale è composto da diverse decine di migliaia di sms e chat, "in larga parte di contenuto estraneo all'oggetto delle procedure". Per vagliarne l'utilizzo a fine probatori è stato costituito un apposito gruppo di sostituti procuratori generali. Nella nota la Procura ripercorre anche quanto avvenuto sino ad ora: nei confronti del dottor Palamara è già stata già esercitata azione disciplinare, ottenendo la sospensione dalle funzioni e dello stipendio. Mentre per quanto concerne Cosimo Ferri, l'azione disciplinare è stata iniziata.

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