Lettera infrazione all'Italia

 Valentina Stella dubbio 20 giugno 2025

La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all'Italia e alla Lituania, «per non aver recepito correttamente la direttiva sul rafforzamento della presunzione di innocenza e sul diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (direttiva 2016/343/UE ). Il contesto: la direttiva è una delle sei direttive adottate dall'UE per creare norme minime comuni volte a garantire che i diritti a un giusto processo degli indagati e degli imputati nei procedimenti penali siano sufficientemente tutelati in tutta l'UE. In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, solo a dicembre 2021, con anno di ritardo è entrata in vigore la norma di recepimento della direttiva. A via Arenula c’era la ministra Marta Cartabia. Tuttavia, nonostante siano trascorsi quasi quattro anni da allora, secondo Commissione alcune misure nazionali di recepimento notificate dai due Stati membri non soddisfino i requisiti della direttiva. In particolare, la Commissione «ha riscontrato che l'Italia non ha recepito correttamente le disposizioni relative alle limitazioni all'uso di misure di contenzione fisica in pubblico, al diritto al silenzio e a non autoincriminarsi, ogniqualvolta le autorità inquirenti raccolgano informazioni sul luogo dell'infrazione o immediatamente dopo il reato e ogniqualvolta l'indagato rilasci dichiarazioni spontanee». Poiché le procedure di infrazione sono soggette a riservatezza, non disponiamo di ulteriori informazioni specificamente all’Italia. Quello che possiamo fare è guardare a cosa prevede la direttiva rispetto alle criticità sollevate. Per quanto concerne il primo punto, l’articolo 5 prescrive: «Gli Stati membri adottano le misure appropriate per garantire che gli indagati e imputati non siano presentati come colpevoli, in tribunale o in pubblico, attraverso il ricorso a misure di coercizione fisica». Agli Stati non si impedisce di applicare misure di coercizione fisica necessarie per motivi specifici del caso, connessi alla sicurezza o all'impedimento della fuga o del contatto con terzi da parte di indagati o imputati. Tuttavia in alcuni Paesi, quindi forse anche l’Italia, le manette vengono utilizzate indipendentemente dal motivo della detenzione dell'imputato. Durante il trasporto in aula, l'imputato ammanettato può essere visto dal pubblico e dalla stampa, e possono essere scattate fotografie. In riferimento al diritto al silenzio, si tratta di un aspetto importante della presunzione di innocenza e dovrebbe fungere da protezione contro l'autoincriminazione. Su questo si esprime l’articolo 7 della direttiva che impone agli Stati membri di garantire che gli indagati e gli imputati abbiano il diritto di non rispondere in relazione al reato di cui sono sospettati o accusati e del diritto di non autoincriminarsi, per cui nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale. Nel 2023 fu proprio la Corte Costituzionale con la sentenza 111 a stabilire che «chi è sottoposto a indagini o è imputato in un processo penale deve essere sempre espressamente avvertito del diritto di non rispondere alle domande relative alle proprie condizioni personali». A sollevare la questione era stato il Tribunale di Firenze che doveva decidere sulla responsabilità penale di un imputato per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità o le proprie qualità, che – accompagnato in Questura per l’identificazione nell’ambito di un procedimento penale – aveva dichiarato alla polizia di non avere mai subito condanne, senza essere stato avvertito della facoltà di non rispondere. Successivamente era emerso che, in realtà, quella persona era stata già condannata due volte in via definitiva. Evidentemente ci sono stati altri casi simili a questo: da qui il richiamo della Commissione.  Adesso l’Italia ha due mesi di tempo a disposizione per replicare alla Commissione Ue e partecipare le misure messe in atto per dare una risposta alle criticità sollevate.  Per il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, il cui pressing sul Governo fece sì che la direttiva fosse recepita anche nel nostro Paese, ha dichiarato al Dubbio: «È noto quante polemiche ha scatenato il recepimento della parte relativa alla presentazione come della persona indagata. Polemiche sia nella parte che ha limitato le conferenze stampa delle procure, sia nella parte che ha vietato la pubblicazione dalla A alla Z delle ordinanze cautelari (regole sistematicamente eluse, nell' inerzia di chi dovrebbe farle rispettare). Il richiamo Ue dimostra ancora una volta come il nostro sistema giudiziario abbia un'impronta colpevolista difficile da scardinare. Certamente lavoreremo ad un terzo momento di recepimento, che non sia solo di facciata». 

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