Eurispes: fiducia in calo nelle Istituzioni

 Valentina Stella dubbio 9 giugno 2025

Gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni e tra queste va inserita anche la magistratura. È quanto emerso nel Rapporto Italia 2025 dell’Eurispes, reso noto due settimane fa. «Nel  passaggio  dal  2024  al  2025,  è possibile  segnalare  una  tendenza  che  si  muove  in  direzione  di  un  orientamento pessimista», leggiamo nelle circa 900 pagine del report. Si registra, infatti, una diminuzione di fiducia dei cittadini nei confronti delle diverse Istituzioni dal 33,1% del 2024 all’attuale 36,5%. In particolare scendono i consensi nei confronti del Parlamento (dal 33,6% al 25,4% di quest’anno) e dell’Esecutivo (dal 36,2% del 2024 al 30,2%), in linea con il trend degli ultimi anni.  Al contrario, cresce sempre più quella nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025. Al contrario, cresce sempre più quella nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025. A questo quadro si aggiunge il calo di tre punti del gradimento anche nei confronti della magistratura rispetto al 2024: «Se a dirsi fiducioso è, infatti, il 43,9% degli italiani, il 46,5% si esprime, al contrario, in maniera negativa». Osservando i risultati secondo l’appartenenza politica dei cittadini intervistati, la composizione delle risposte «non è per nulla scontata». Infatti, si legge nel Rapporto, «sembra che l’attrito tra maggioranza e magistratura, evidente negli ultimi mesi, sembra non aver intaccato la fiducia degli elettori che si dichiarano di destra e che nel 62,4% dei casi si sentono fiduciosi nei confronti della Magistratura. Ma ancora di più, questa categoria è, tra tutte, quella dove l’apprezzamento è  massimo  in  termini  percentuali.  Anche  nel centro-destra, con il 48,4% delle indicazioni positive si riscontra un buon numero di elettori a favore della Magistratura». Un trend simile emerge anche nelle altre aree politiche di appartenenza «partendo dal 50,2% della sinistra, al 48% del centro-sinistra fino al 46,7% del centro, sebbene il risultato atteso si sarebbe dovuto collocare verso l’alto della graduatoria. Anche per queste  ultime  categorie  considerate,  quindi,  vi  è  una  spaccatura  rispetto all’apprezzamento per l’operato dei Magistrati». Fanno eccezione in questo quadro «i Pentastellati per i quali il consenso è meno connotato (40%) e soprattutto coloro i quali non si riconoscono in alcuno schieramento politico tra i quali appena il 28,9% si sente fiducioso». Per questo concerne la riforma costituzionale della separazione delle carriere «sei italiani su dieci (59,3%) si esprimono favorevolmente», «in affinità con il dibattito introdotto dal Governo in carica sul tema, contro il 40,7% di chi si dichiara, invece, contrario». In particolare, se è pacifico che «si esprimono positivamente sulla separazione delle carriere dei magistrati i rispondenti di destra (71,7%) e centro-destra (71,6%), in affinità con il Governo in carica», tra i rispondenti di sinistra, «una quota minoritaria  (ma  non  trascurabile)  del  47,5%  si  dichiara  favorevole  alla separazione delle carriere», nel «centro-sinistra: 60% di favorevoli».  Tutti questi numeri cosa ci dicono? Innanzitutto si potrebbe ipotizzare che la modifica costituzionale targata Nordio venga percepita favorevolmente non tanto per le implicazioni specifiche normative che comporta, quanto come un colpo ad una delle tante caste che agli occhi dei cittadini si stanno via via sempre più squalificando. Inoltre fotografano una situazione non incoraggiante per giudici e pubblici ministeri impegnati nella campagna pre-referendaria sulla riforma costituzionale dell’ordinamento giudiziario. Sei italiani su dieci vogliono la riforma dell’ordinamento giudiziario e quasi cinque elettori su dieci di sinistra sono a favore della riforma. Consideriamo poi che il questionario dell’Eurispes è stato somministrato ai cittadini nei mesi di marzo e aprile, quindi dopo lo sciopero dell’Anm del 27 febbraio contro la separazione delle carriere. Probabilmente sul risultato espresso nel Rapporto avrà pesato la sovraesposizione mediatica e social proprio in quelle ultime settimane da parte dell’Anm. Quest’ultima dovrebbe quindi chiedersi se da qui all’appuntamento referendario, che si terrà probabilmente nella primavera 2026, convenga o meno investire risorse umane ed economiche in una campagna stampa e social ad alta visibilità e contrapposizione all’Esecutivo e alla maggioranza. Tuttavia all’interno dell’Anm non ritengono il quadro così disperante. Dalle voci raccolte off the record, si sostiene che comunque un sessanta per cento pro riforma Nordio non sia un risultato così negativo e che ci si può lavorare da qui al referendum per far abbassare i consensi. Poi, a dire delle toghe, se è vero che la magistratura è in crisi, lo è sempre meno rispetto al Governo: questo dato farebbe loro ben sperare sempre in vista dell’appuntamento elettorale. Così come viene giudicato positivamente il fatto che il sessanta per cento degli elettori di destra si sia espresso a favore della magistratura. 


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