Cucchi, inchiesta chiusa: 8 carabinieri a rischio processo

di Valentina Stella Il Dubbio 20 marzo 2019

A oltre nove anni dal pestaggio e dalla morte di Stefano Cucchi, il geometra di 32 anni deceduto il 22 ottobre del 2009 all'ospedale Sandro Pertini, sei giorni dopo essere stato arrestato dai carabinieri della stazione Appia per detenzione di stupefacenti, la procura di Roma ha chiuso un nuovo filone di indagine sui presunti depistaggi notificando l'avviso di conclusione, passo che solitamente anticipa la richiesta di rinvio a giudizio, a otto militari dell'Arma dei Carabinieri accusati, a vario titolo, di falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. A rischiare di finire sotto processo ci sonoil generale Alessandro Casarsa, all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e il colonnello Lorenzo Sabatino, già responsabile del reparto operativo. Tra gli altri carabinieri a rischio processo figurano Francesco Cavallo, già tenente colonnello nonché a suo tempo ufficiale addetto al comando del Gruppo Roma, Luciano Soligo, all'epoca dei fatti maggiore e comandante della Compagnia di Montesacro, da cui dipendeva il comando di Tor Sapienza ( dove Cucchi venne portato dopo essere stato picchiato al Casilino), Massimiliano Colombo Labriola, luogotenente e comandante di Tor Sapienza, Francesco Di Sano, carabiniere scelto in servizio presso Tor Sapienza, il capitano Tiziano Testarmata, già comandante del nucleo investigativo, e Luca De Cianni, militare autore di una nota di pg. Le accuse, contestate dal pm Giovanni Musarò e dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, si riferiscono a tutte le “manovre” che portarono a modificare le due annotazioni di servizio, redatte all'indomani della morte di Cucchi e riferite allo stato di salute del ragazzo quando la notte tra il 15 e 16 ottobre 2009, a pestaggio avvenuto - venne portato alla caserma di Tor Sapienza. Inoltre si fa riferimento alla mancata consegna in originale di quei documenti che la magistratura aveva sollecitato ai carabinieri nel novembre del 2015, quando era appena partita la nuova indagine e i tre agenti della polizia penitenziaria, all'inizio della vicenda accusati e finito sotto processo, erano stati definitivamente assolti dalla Cassazione. Stando a quanto appurato dalla procura, la catena di falsi basati sulle note di servizio “taroccate” riferite allo stato di salute di Cucchi sarebbe iniziata da Casarsa allo scopo di omettere le responsabilità di quei carabinieri che avrebbero causato a Cucchi “le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso”.

In Corte d'Assise è infatti in corso il processo a cinque militari, tre dei quali rispondono di omicidio preterintenzionale per essere stati gli autori del pestaggio, poi confessato mesi fa al pm da uno degli imputati ( Francesco Tedesco) in diversi interrogatori. Da quelle note fu fatta sparire la circostanza che Cucchi lamentava dolori alla testa, al costato e che non poteva camminare, mentre si attestò falsamente che il dolore alle ossa dipendeva ' dalla temperatura fredda/ umida e dalla rigidità della tavola del letto dove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza”. E, ancora più gravemente, il malessere generale del ragazzo venne attribuito “al suo stato di tossicodipendenza”. Continuando nella catena, il colonnello Sabatino ( ex capo del nucleo operativo) e il capitano Tiziano Testarmata ( che guidava la quarta sezione del nucleo investigativo), delegati dalla procura ad acquisire nuove carte nell'ambito dell'indagine bis, ebbero modo di rendersi conto ( nel novembre del 2015) della falsità di queste annotazioni del 2009 ma evitarono di segnalare la circostanza all'autorità giudiziaria. In questo modo avrebbero favorito gli autori degli stessi falsi. Testarmata poi, scoperto che era stato alterato il registro di fotosegnalamento dell'epoca con il nome di Cucchi “sbianchettato”, non solo non acquisì il documento originale ma neppure riportò l’accaduto nella relazione di servizio. Da parte della famiglia Cucchi, arriva il commento della sorella Ilaria: ' La procura di Roma ha indicato chi sono i responsabili di una catena di falsi sullo stato di salute di mio fratello Stefano. Costoro hanno fatto danni enormi nel processo sbagliato e continuano a farne. Dire che Stefano era malato prima del suo arresto era falso e strumentale. Noi lo sappiano bene, come decine di testimoni hanno riferito. È ora che si vergognino. In questi momenti di difficoltà emotiva per la nostra famiglia è di conforto sapere che coloro che ci hanno provocato questi anni di sofferenza in processi sbagliati verranno chiamati a rispondere delle loro responsabilità. È un'enorme vittoria per la nostra famiglia e la nostra giustizia”.

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